Dimenticati tutto quello che ti ho detto

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Quando Jasmine si chinò sul pavimento per raccogliere quei pezzetti del piatto rotto, le sembrò di raccogliere gli stessi pezzettini del suo cuore ormai in due nel suo petto.
Suo padre le aveva detto chiaro e tondo che non serviva a nient altro se non a dare alla luce bambini e badare alla casa, solo quello.
E lei che aveva tanti sogni, tante speranze, tanti progetti, un cuore buono.. doveva ancora tacere se le venivano dette tali cose.
Eppure il destino sembrò tremendamente andarle contro quella sera, dato che quando le lacrime iniziarono ad offuscarle la vista, sussultò per un taglio anche abbastanza profondo sul palmo della mano.
Sentì lo scatto di una sedia farsi indietro, poi nel giro di pochi secondi si ritrovò in piedi schiacciata con la cucina e con suo padre che le stringeva con forza un braccio.

«ho passato una vita ad insegnare a te e le tue sorelle come vi sareste dovute comportare una volta diventate donne, e se pensi che io debba passare per quello che non ha saputo neanche educare una bambina viziata, allora ti sbagli!»

Dopo quella frase, Jasmine voltò di scatto la testa nella parte opposta vedendo una mano che stava per lasciarle uno schiaffo sul viso, ma non arrivò mai.
Solo pochi secondi dopo si rese conto del perché, Niccolò si era messo in mezzo e le aveva coperto il viso con la sua di mano, facendo sì che l'impatto non ci fosse.

«per quale assurda motivazione mi vieti di punire mia figlia!» disse l'uomo indignato dal comportamento del moro.

«perché nonostante possa essere sbadata, sua figlia non ha più cinque anni e può capire di aver sbagliato anche senza che suo padre le metta ancora le mani addosso, con tutto il rispetto verso le sue scelte ovviamente» rispose Niccolò con tono pacato e calmo.

«è mia figlia, ragazzino!»

«lei ha sicuramente il doppio dei miei anni, ma non mi sembra che appena sposati il padre di vostra moglie abbia dettato regole in casa vostra e per giunta vi abbia chiamato ragazzino.
Non mi permetterei mai di insultarvi, ma il ragazzino ha venticinque anni e non sette, è indipendentemente da quando ne ha diciotto e fino a due minuti fa era chiamato da voi stesso l'uomo perfetto per vostra figlia; quindi, se lei ha sbagliato ne riparleremo da soli e per fatti nostri, mi occupo io di sua figlia, come da due mesi a questa parte»

Niccolò aveva parlato per tutto il tempo tenendo un espressione impassibile e una voce altrettanto, d'altro canto erano anni che mascherava il suo vero carattere con una versione di sé fredda ed indifferente, non avrebbe avuto problemi proprio in quel momento.

«un uomo che non sa farsi rispettare, non è un uomo» disse il padre di lei distaccandosi e abbassando lo sguardo.

«nessuno ha detto che qui a comandare è qualcun altro al di fuori di me, se non sono una persona manesca è perché preferisco usare altri metodi per risolvere queste situazioni.
Lei può fare come le pare e piace con sua moglie e poteva anche con Jasmine, ma da quando l'avete lasciata andare sull'altare e avete smesso di occuparvi di lei, avete perso anche tutti i diritti per venire a decidere in casa mi come e quando trattarla.»

«credo che dovremmo andare..»

La madre di Jasmine aveva pronunciato quella frase con la voce inclinata e bassa, sapeva che se non avesse messo lei un punto a quella situazione non sarebbe finita così in fretta.
Il padre di lei invece, cosciente che il ragazzo di fronte a lui aveva purtroppo ragione, mise nuovamente in silenzio la sua giacca e lasciarono l'abitazione in poco.
Solo quando sentì chiudersi il cancello esterno, Niccolò si voltò verso la bionda.
Si avvicinò e vide che lei si scansò in fretta, forse era ancora più impaurita di quando si era avvicinato suo padre.

«dimenticati tutto quello che ti ho detto» disse il moro tirandola tra le sue braccia.

«che.. che intendi?» rispose lei a sua volta, non aveva ricambiato la stretta del tutto, ma non si era nemmeno allontanata.

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