È cosi che vanno le cose

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Tutto era perfetto agli occhi altrui.
Un matrimonio senza ombra di dettaglio fuori posto, bello estaticamente, con due sposi che sembravano perfetti l'uno per l'altra..
Allora perché Jasmine si sentiva soffocare?
Perché ogni volta che Niccolò provava a dirle qualcosa faceva una faccia così terrorizzata che il ragazzo alla fine rimaneva in silenzio?
Avrebbe tanto voluto urlare, gridare che non riusciva a sopportare quel peso enorme che le avevano buttato sulle spalle, ma purtroppo non poteva.
Erano ore, ore e ore che tratteneva le lacrime, non sapeva neanche lei come ci fosse riuscita, e soprattutto se avrebbe resistito ancora per molto.
In quel momento si trovava in una piccola stanza per cambiare vestito, ne avrebbe indossato uno più semplice e meno ingombrante, dato che la cerimonia in sé era finita ed era ormai sera.
Sua mamma aveva appena alzato la zip del vestito quando sentì un singhiozzo da parte di sua figlia, se lo aspettava in realtà.

«Jasmine ti prego, non avere questi atteggiamenti da bambina» disse la donna senza neanche il coraggio di guardarla negli occhi.

Lei stessa ai tempi odiò il giorno del suo matrimonio, aveva paura quanto sua figlia.

«mamma perché non hai detto nulla? Perché hai permesso a papà di fare questo?» disse Jasmine voltandosi di scatto e asciugandosi col dorso della mano le lacrime.

«non ho voce in capitolo, come neanche tu»

«io dovrei avercela però, dato che guarda caso la vita è mia!»

«Jasmine adesso basta, con questo comportamento non arriverai da nessuna parte!
Starai bene con Niccolò, e se non ci starai bene ti conviene metterti l'anima in pace, perché è così che vanno le cose!»

Le due vennero interrotte dalla porta della stanza, la quale mostrò la figura di Niccolò fermo sull'uscio della porta.

«scusate, non volevo interrompervi..»

«no Niccolò, scusami tu, adesso vado»

«volevo solo dirti che quando sei pronta sono giù» disse il moro rivolgendo uno sguardo alla ragazza, la quale annuì frettolosamente e abbassò lo sguardo.

Come prestabilito, Niccolò scese le scale ed entrò in macchina, mentre Jasmine, dopo l'ennesima raccomandazione da sua mamma e qualche occhiata d'incoraggiamento dalle sue sorelle, lo raggiunse quanto più lentamente possibile.
Appena si chiuse dietro lo sportello della macchina, cercò di non mantenere nemmeno per un secondo il contatto visivo col ragazzo che aveva di fianco.
Il punto era che non sapeva di non essere l'unica a sentirsi fuori luogo in quella situazione..
Di fatto lui mise in moto l'auto senza dir nulla, non sapeva cosa dire, non sapeva nemmeno cosa fare.

«dove andiamo?» chiese lei con un tono di voce decisamente basso, ma abbastanza udibile.

Era la seconda volta che Niccolò sentiva la sua voce, ma almeno alla seconda occasione ebbe la possibilità di sentire una frase e non solo due sillabe forzate.

«a casa» rispose tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

Sapeva che quella in cui a breve avrebbero messo piede, per lei non sarebbe stata davvero "casa".
Sperava solo che col tempo lo sarebbe diventata, anche se un minimo.
Jasmine scese dall'auto e si ritrovò davanti una piccola villetta, aveva solo il piano terra, ma si vedeva che era notevolmente grande.
Per un momento le fece piacere il fatto che avrebbe abitato in una casa che poteva immaginare come il palazzo di una principessa, almeno per pochi istanti.

«ti va di fare un giro veloce per vederla?» chiese il moro una volta aver messo piede dentro casa e aver acceso la prima luce.

Lei annuì silenziosa e si lasciò scortare in ogni piccolo angolo della casa.
Osservava tutto, ma soprattutto stava a sentire la voce dell'uomo che aveva di fianco cercando di abituarsi.
Niccolò le mostrò per prima la cucina collegata al salone, dato che erano di fronte all'entrata, poi passò al resto, tra cui una camera ancora vuota, i suoi genitori avevano progettato quello spazio per un futuro figlio.
Quando però misero piede nell'ultima stanza, il panico l'assalì.
Aveva sempre immaginato in quel modo la sua camera da letto, spaziosa, sui colori chiari e abbastanza neutri, un letto a due piazze.. ma che se ne sarebbe mai fatta se in quel momento avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì?

«ascolta.. torno tra qualche minuto, ho dimenticato una cosa in macchina»

La ragazza si sentì di poco sollevata nel ricevere quei pochi attimi per lei, nonostante non sapesse come impegnarli.
Girò per un po' nella stanza, aprendo l'armadio trovò i suoi vestiti, ma principalmente tanti altri che non aveva prima di quel giorno.
Sfiorò con i polpastrelli il copriletto, le bastò così poco per rabbrividire e cambiare subito postazione.
Per ultimo si avvicinò alla finestra, da cui si intravedevano le case, il cielo stellato e tutta quella tranquillità che sembrava esserci lì fuori.
Si poggiò con la testa al vetro e pianse, senza nemmeno curarsi di chi poteva ascoltarla.
Per un istante provò a trattenersi, ma le vennero in mente tutte le persone che davanti ad una sua lacrima quel giorno le avevano dato la stessa risposta, ovvero che le cose dovevano andare in quel modo e basta, senza se e ma.
Eppure appena Niccolò si avvicinò di poco alla stanza e sentì il suo pianto, si poggiò al muro e passò nervosamente le sue mani tra i capelli.
Avrebbe tanto voluto dirle chiaro e tondo che lui non era quel mostro che si aspettava, non voleva farle del male e tantomeno rovinarla, ma come avrebbe fatto?
Non si conoscevano nemmeno da un giorno, non si aspettava che lei gli credesse.
Qualcosa però doveva pur fare, non poteva starsene lì impalato.
Si avvicinò a lei e sfiorò una sua spalla scoperta dal vestito, al che la ragazza sussultò.
Si voltò piano nella sua direzione e si asciugò il viso rassegnata, per poi guardarlo appena un istante, solo per notare che ormai Niccolò non aveva più la giacca e la cravatta, aveva semplicemente rimasto la camicia bianca.
Il moro portò una mano sulla testa di lei e sfilò pian piano il velo, lasciando che finisse sul pavimento.
Rimase incantato dal manto di capelli biondi e lisci che si ritrovò davanti, nonostante se lo aspettasse date le sopracciglia chiare di lei.

«se proprio devi, per favore fai in fretta» pronunciò Jasmine guardandolo dritto negli occhi, si riteneva senza più nulla da perdere ormai.

«già.. dovrei»

Lui portò una mano tra i suoi capelli e accarezzò piano il capo, per poi scendere sulle punte sottili.
Lei sembrò rilassarsi a quel contatto, nessuno mai sfiorava i suoi capelli con quell'estrema accortezza, o meglio, nessuno trattava mai lei in quel modo.

«dimmi solo una cosa, in tutta sincerità, tu vuoi?»

La ragazza negò piano con la testa sperando che la reazione di lui non fosse tempestiva, ed infatti successe l'opposto di quello che immaginava.
Niccolò portò le mani ai lati della sua testa e le stampò un bacio in fronte, per poi lasciare la camera in totale silenzio.

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