11 Mente fredda, cuore bollente

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Evan

Inusuale.
Fu quello l'aggettivo che a Evan venne in mente per descrivere la chiamata di Mike non appena riagganciò il telefono.
Inusuale in effetti lo era.
Mike aveva degli amici, due sole amiche a essere onesti, ma erano pur sempre persone vicine a lui, che avrebbe certamente potuto contattare in caso di bisogno, eppure aveva chiamato lui.
Perché?
Non riusciva a spiegarselo.

L'aveva sentito blaterare sul fatto che aveva bisogno di cambiare aria e poi, in maniera gentile e con quel suo solito tono di voce alto, gli aveva domandato esitante, se aveva voglia di passare a prenderlo.

Da principio Evan non aveva ribattuto nulla, ma un quarto d'ora dopo si trovava già sulla strada che portava alla dimora dei Cooper.

Era una di quelle sere fiacche e noiose e il pensiero, ormai sfumato, di passare il resto della serata nel totale silenzio di casa sua non gli era dispiaciuto, non gli dispiaceva mai in realtà.
Era abituato alla solitudine, nel tempo aveva persino imparato ad amarla.

Provò insofferenza per le luci dei lampioni che mai come quella sera gli parvero così accecanti.
I rumori del traffico, la gente che passeggiava sulle strade, i ristoranti e i pub aperti, tutto quel mondo fuori lo rimandava alla mente quello che per svariati giorni ormai aveva ostinatamente tentato di dimenticare.

Perché in quel mondo fatto di luce e movimento ci viveva lei.

Per quanto ci avesse lottato, quelle iridi scure non volevano saperne di uscire dalla sua testa.
Spilli neri conficcati nel suo cervello che giorno dopo giorno, sera dopo sera, attimo dopo attimo, continuavano imperterrite a martoriare la sua quotidianità con veemenza, perseveranza, quasi in maniera violenta.

Lei però, aggressiva non era.
Era dolce, bella e l'ultima volta che l'aveva vista odorava di candeggina.
Sorrise a quel pensiero.

Se l'era ritrovata davanti all'improvviso in una giornata uggiosa, l'aveva osservata venirgli incontro leggiadra e sicura di sé e non aveva potuto fare altro che restarne affascinato.
Era stato come quando l'aveva medicata, esattamente la stessa identica sensazione.

Per la seconda volta non era stato in grado di trattenersi, l'aveva sfiorata, aveva poggiato i palmi delle mani nei fianchi morbidi di lei e l'aveva sentita sussultare sotto quel suo tocco volutamente delicato.
In realtà, la vera bizzarria era tutta quella storia, a paragone, la chiamata di Mike Cooper, non era nulla.

Non aveva mai dovuto faticare per rimanere sugli spalti lontani di quel campo soave fatto di sentimenti e cuore.
Aveva sempre vinto le sue partite, non aveva mai dovuto neppure lottare.

Quella ragazza però, gli aveva fatto perdere la razionalità e la cosa più incredibile era che era riuscita a farlo non facendo assolutamente nulla, o quasi.

Tra loro non poteva andare, lo sapeva, se l'era ripetuto un centinaio di volte dalla sera che era stato a casa sua.
Ma poi l'aveva vista di nuovo e tutte le sue convinzioni erano scoppiate come bolle di sapone.
Era di nuovo punto e da capo.

No, non doveva lasciarle credere nulla.
Non doveva far accadere nulla.
Non l'avrebbe mai portata in qualche lurido motel, una, due, magari tre volte, il tempo necessario per togliersi la voglia, insomma.
Non avrebbe mai voluto prenderla in giro, né tanto meno illuderla.
Sembrava una brava ragazza e poi era amica di Mike.

Il fardello del suo vissuto era troppo grande per essere svelato, in modo particolare a una giovane e ingenua ragazza che molto probabilmente l'aveva già idealizzato affibbiandogli l'armatura lucente del principe azzurro che salvava la sua bella.
La realtà non sarebbe potuta essere più lontana.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora