5 il vomito del dio sole

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Nora

"Dove si trova di preciso il Kuwait?"
"In Medio Oriente."
Camille la fissava con uno sguardo che le parse di sincera curiosità così si sforzò di parlargliene.

"È diverso da qui."
"Diverso da cosa?"
"Prima di tutto non ci sono negozi di liquori a ogni angolo della strada."
Entrambe ridacchiarono.
"A ogni isolato, si dice così."

Dopo una settimana tra loro era diventato così: Camille le insegnava i gerghi americani e lei la ricambiava infondendole sicurezza.
Da quella sera della festa aveva stretto una specie di amicizia con lei.
Erano rimaste a parlare sedute a gambe incrociate vicino la piccola stufa elettrica mentre Arielle russava sul divano.
Il giorno dopo l'aveva cercata al campus e Camille era stata contenta di rivederla, glielo aveva detto timidamente tenendo gli occhi fissi sulle sue scarpe e mangiucchiandosi le unghie già fin troppo martoriate e cortissime.
Nonostante ciò a Nora sembrava l'unica persona normale tra quelle che aveva incontrato fino a quel momento.

Comprendeva benissimo Camille, anche se per motivi diversi, entrambe si sentivano un po' come due pesci che brancolavano in un mare sconosciuto. La differenza era che lei non lo dava a vedere. Qualcosa nella sua educazione familiare le aveva insegnato che non era cosa buona farsi vedere deboli e fragili.

Con Camille però aveva abbassato le difese. Non tantissimo, giusto uno spiffero.
Le aveva raccontato qualcosa di sé.
La disavventura con Finley per esempio. L'aveva fatto non distogliendo mai il contatto visivo con lei anche se dentro se ne vergognava ancora tantissimo.

"La prima volta è sempre un disastro."
Così aveva commentato Camille spostando l'attenzione non sul suo sbaglio ma sul fatto che probabilmente a molte era capitato di vivere un'esperienza simile.

Camille le aveva raccontato che all'età di quindici anni aveva avuto una specie di fidanzatino.
Un vicino di casa, solo e sfigato come lei, l'aveva descritto così.
Si era avvicinata a lui per disperazione più che altro e la sua prima volta era stata totalmente un fallo.

"Cinque minuti Nora, compreso il tempo di rivestirmi."
Sapeva che Camille glielo aveva raccontato solamente per non farla sentire meno sola.
Era timida con il resto del mondo, ma con lei parlava.
Forse le era semplicemente grata per aver aiutato Arielle quella sera.

I giorni seguenti la sua prima volta disastrosa, aveva incontrato Finley per i corridoi del college, ma lui aveva fatto finta di nulla, non l'aveva neppure salutata.
Le balenò per la mente che forse era per quel motivo che suo padre avesse sborsato chissà quanto denaro per cambiarle non solo il cognome ma persino il nome.
Si aspettava che combinasse dei casini e con un'altra identità nessuno avrebbe potuto riconoscerla e dire: eccola! Quella è la figlia di Patrick Blanchard.
La cosa più avvilente è che effettivamente un casino l'aveva già combinato, uno che l'avrebbe ricordato per il resto dei suoi giorni.
Perciò suo padre aveva ragione.

Ma poi guardava Camille, un nome francese addosso a una ragazza tipicamente americana, timida, persino impacciata a volte, ma molto intelligente e arguta, persino ironica a tratti. Guardava lei e si sentiva meglio.
La vedeva come un un libro dalla copertina anonima, ma che dentro nascondeva una trama sensazionale.
Perché Camille dopo aver rotto il ghiaccio era una persona amorevole e comprensiva, emanava un vero e proprio calore, esattamente come una mamma o meglio come immaginasse che dovesse emanarlo una mamma.

Nora non aveva mai conosciuto sua madre, era fuggita dal Kuwait quando lei aveva appena due anni.
Non sapeva nulla di lei, suo padre si era sempre rifiutato di parlargliene.
Quell'unica volta che ci aveva provato, le aveva rivolto un'occhiataccia così tagliente che Nora aveva capito che doveva tenere la curiosità sepolta e la bocca chiusa.
"Ti ha abbandonato quell'ingrata."
Quello era tutto ciò che sapeva.
Nessun dettaglio, nessuna informazione in più, neppure il nome.
Suo padre era un campione nel fare alleggiare le cose taciute in aria e lei non si era più azzardata a domandare nulla.
Se c'era una persona di cui aveva realmente timore quella era proprio la figura di suo padre.
Camille al contrario, non aveva nessun tipo di soggezione con la sua genitrice.
La riprendeva e la rimproverava costantemente e non c'era nemmeno da stupirsi, con una madre così era lei che doveva fare l'adulta in casa.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora