26 Piccoli passi

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Evan

Il natale era alle porte. Quell'anno, il sindaco aveva fatto allestire per le strade principali della città decori di luce fluorescenti e luminose, le vetrine dei negozi esibivano orgogliosamente renne, soldatini e caramelle di ogni grandezza e genere, persino il gestore burbero del bar vicino casa aveva appeso un'enorme ghirlanda sulla porta d'entrata del suo locale. Evan rimaneva indifferente di fronte quella grande giostra multicolore, ma non era il solo, c'era un altro uomo che mostrava il suo medesimo stato d'animo: Barry Cooper. Era andato a prenderlo in aeroporto, le riprese della pellicola comica di cui era protagonista erano state sospese per qualche settimana, complici proprio le festività. Giorni addietro, su quel punto ne aveva scherzato con Mike.
"Feste fantastiche, eh?"
"Bellissime."
Il giovane Cooper si era messo due dita in bocca mimando il gesto del vomito. Comprendeva la reazione del suo amico, d'altronde, chi è che non organizzava quei giorni nella maniera che più gli faceva piacere? Persino lui aveva un programma, lo stesso di sempre. Con ancora alla mente il volto tetro di Barry e quello allegro di Mike, rientrò in casa. Teneva tra le mani una porzione di chilly comperato al supermercato; non ne andava matto lui, bensì lei. Gli faceva piacere prendersi cura di Nora, l'aveva fatto costantemente per cinque lunghi giorni. Aveva scoperto cose di lei di cui ignorava l'esistenza. Il suo modo di dormire rannicchiata su un fianco, la mania che aveva di martoriarsi le cuticole ogni volta che era annoiata o i suoi sussulti nel sonno, specialmente quelli. Era chiaro che quella sera terribile aveva lasciato scie malinconiche, su entrambi. Aveva capito che Nora era preoccupata di perdere il lavoro. Al funerale di Santoro nessuno si era fatto avanti per informare i dipendenti sulle sorti dell'Elegance, i familiari avrebbero certamente venduto l'attività. Nuovo nome, nuova direzione, nuova vita.
"Ci sentiamo dopo, Cami."
La udì dire così non appena varcò la porta di casa. Era accoccolata sul divano, le gambe ripiegate all'interno della fessura più calda. Indossava un abito in ciniglia color grigio perla che le arrivava fino a metà coscia, alle gambe spesse calze di cotone nero. Nonostante l'abbigliamento da casa, sprigionava ugualmente un'eleganza innata. Sembrava una di quelle statue che resistono allo spazio e al tempo. Modellata, pregiata, unica. Non lo aveva ancora notato e gli fece piacere, era ancora più bella così, inconsapevole. A passi lenti si diresse verso la cucina, appoggiò la loro cena sul tavolo facendo di proposito rumore, lei si voltò e il sorriso spontaneo che esplose sul suo viso gli si scagliò nel cuore come l'inizio di un dolce valzer.
"Sei tornato presto!"
Si alzò venendogli incontro e lui non poté fare a meno di stringerla a sé, come se fosse passato tempo dall'ultima volta che si erano visti, secoli. Il suo profumo gli invase prepotentemente le narici, emise una smorfia e la vide ridere di gusto.
"Se fai quella faccia ogni volta che mi vedi, arriverai a farti detestare."
"Perché, non è ancora successo?"
Inspirò tra i suoi capelli. Sì, odiava davvero quel profumo, ma amava farglielo notare. Udì la sua risposta mormorata contro la sua giacca.
"In effetti, un pochino sì, stai cominciando a darmi sui nervi."
"Allora, meglio finirla qui, non credi?" Lei alzò il capo per guardarlo, negli occhi un lampo di sfida.
"Oh, sì, assolutamente."
Finte parole dette per gioco, per provocazione, per dolce dispetto. Ma le mani di lui le stavano stringendo i fianchi e quello non era finto. Nemmeno il battito del cuore che via via si faceva più accelerato era finto. Era vero, tutto vero. Si rese conto più che mai che la desiderava da morire, aspettare ancora stava diventando snervante. In quei giorni lei era stata troppo scossa e lui fin troppo paziente, ma in quel momento, forse...
Nora si scostò all'improvviso, un accenno di sorriso sulle labbra.
"È meglio che vada a preparare la tavola."
Annuì in silenzio, segretamente dispiaciuto. Andò in bagno e si lavò il viso. Il rumore del rubinetto dell'acqua corrente si mischiò a quello della voce di Nora. Canticchiava uno strano motivetto arabo memtre ciabattava in cucina. Certo che erano davvero una strana coppia, lei sorrideva sempre in sua presenza, lui praticamente mai, eppure, in qualche modo, stavano funzionando. Si sporse per guardarla di nuovo. Stava posizionando i piatti sul tavolo. Forse captò qualcosa perché alzò lo sguardo e lo incrociò con il suo. Automaticamente volse il viso verso le interessanti tende della cucina, ma durò solo pochi secondi, si arrese, la guardò di nuovo e lei di tutta risposta sorrise. Sembravano due ragazzini alla prima cotta e probabilmente lo erano davvero. Lei era così giovane e pura e forse lo era anche lui, nonostante quello che faceva la notte, forse nel profondo, lo era anche lui.
Si asciugò il viso e rimase a guardare il suo riflesso allo specchio. Fu in quel momento che quel pensiero cominciò a prendere vita. Lo fece in punta di piedi, in maniera gaia e spontanea, ma di colpo incessante. No, non poteva credere di starci pensando davvero. Lo stomaco gli si strinse in una morsa. A passi lenti si diresse in cucina, Nora lo fissava interrogativa, doveva essere mutato qualcosa nel suo sguardo.
"Che succede?"
Non riuscì a buttarlo fuori subito, si accorse che era difficile farlo, d'altronde non l'aveva mai proposto a nessuno.
"Hai impegni per Natale?"
Lei rispose dopo qualche istante, il tono di voce basso.
"A dire il vero no, Mike cena in famiglia, Camille è occupata. Sai, la signora per cui lavora ha bisogno di una mano per il cenone."
Coincidenze, casi, l'universo che sembrava spingerlo incalzante verso quella strada. Si avvicinò a lei, rimase a osservare il suo volto, come ogni volta si perse dentro quegli occhi neri che lo fissavano perplessi. Riuscì a calmarsi un po', ma aveva ancora lo stomaco accartocciato. Quella era l'unica cosa al mondo che era in grado di farlo vacillare. L'unica. Fece passare un altro istante, inspirò profondamente e poi finalmente lo buttò fuori.
"Ti andrebbe di venire con me?"
"Dove?"
"Da mia madre."

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora