18 Ciao, amore

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Nora

"Cinquanta dollari a sera. In nero. Si finisce tardi, se non sei abituata lascia perdere."
"Ce la farò."
"Sei sicura? Quelle mani curate sembrano che non conoscano la fatica."
Era burbero e schietto, però sembrava una brava persona.

Era la prima volta che qualcuno voleva assumerla. La prima in assoluto.

Il Signor Jake Santoro aveva una pancia prosperosa, un gilet simile a quello che indossavano i cowboy e dei lunghi baffi. Gesticolava tantissimo ogni volta che apriva bocca.

"Lavoro quasi ogni sera e per questo devo ringraziare solo il mio senso degli affari e nostro Signore."

Indicò con il dito una grande quadro appeso al muro di fronte la sua scrivania raffigurante la Madonna che teneva in braccio Gesù bambino.
Annuì in silenzio, non ne capiva molto di cristianesimo.
Se lei doveva davvero ringraziare qualcuno, quella era ancora una volta Camille.

"No lavori a contatto troppo stretto con la clientela, lì cercano sempre gente con esperienza e se dicono di no, mentono. Tu fai il colloquio, loro si fanno pubblicità. Devi cercare i lavori dietro.
Lavapiatti, pulizia locali, servizi di allestimento. Lì, non sarai mai a stretto contatto con gli ospiti."

Quello era un sevizio di allestimento appunto.
Jb Elegance, così si chiamava.
Bisognava portare tutte le attrezzature al locale e poi sistemarle in una disposizione che cambiava ogni volta. Non solo tavoli e sedie, ma anche tovaglie, centritavola, candele, fiori, drappeggi per la stanza o il soffitto e decori di ogni genere.

Uno sciame di api laboriose che non dovevano lasciare tracce se non un lavoro pulito e ordinato.
Decorazione professionale, così l'aveva chiamata il signor Santoro.
Ascoltava ogni singola parola con la massima attenzione.

"Andrete con il mio furgoncino. Dovete essere tutti qui alle cinque. Sono le quattro, non ti conviene andartene a meno che tu non abiti qui vicino."

Scosse la testa, casa di Camille distava circa un'ora di autobus da lì.

"Bene, attendi pure nello spogliatoio l'arrivo degli altri, e mi raccomando", si sporse dalla scrivania e la guardò in maniera più penetrante, "nessun casino, nostro Signore ama chi lavora duro e soprattutto bene."

Diede molta enfasi a quelle ultime parole.
"Non ne farò."
Cercò di essere il più sicura e rassicurante possibile, in realtà se la stava facendo sotto.
Certo che aveva paura, paura di combinare non uno, ma moltissimi casini.

Il signor Santoro si chiuse nel suo ufficio a parlare al telefono, sentiva la sua voce da dietro la porta.
Andò nella stanza adibita a spogliatoio, la mente come un nido di vespe.

Non aveva mai lavorato in tutta la sua vita, ma doveva rischiare, buttarsi.
Non poteva lasciarsi sfuggire quell'occasione, proprio non poteva. Ne aveva bisogno.

Era ormai quasi un mese che abitava a casa di Camille.
Puliva la casa e si rendeva utile con i fornelli, ma il suo contributo monetario era pari a zero.
Quel lavoro era stata una manna dal cielo.

Si sedette sulla panca di legno e sospirò.
Erano cambiate tante cose da quando si era trasferita a Providence.
Sicuramente non era più la giovane ragazza impaurita che in décolleté e cappotto firmato varcava i cancelli della Brown.

Non avrebbe saputo spiegare perché, ma si sentiva diversa.
Aveva commesso qualche errore, o come amabilmente chiamava per sentirsi meno in colpa, incidenti di percorso, e li aveva rimpianti tutti, nulla era escluso.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora