7 Cacio, uova e fantasia

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Nora

Era in ritardo. Non capitava mai, di solito era sempre puntuale, ma quel pomeriggio lo era.
Colpa dello studio. Alla Brown seguiva cinque corsi e tutti sembravano differire gli uni dagli altri.
Le piaceva frequentare e a studiare se la cavava bene, però non sapeva ancora che cosa l'attirasse o in che cosa fosse realmente portata.

Mike le aveva detto che non era grave, molti non trovavano subito la propria strada.
Ogni volta che pensava a lui le veniva da ridere, ma non era di certo un riso di derisione anzi, tutto il contrario.
Se Camille era in grado di trasmettergli un calore quasi materno, Mike riusciva a irradiare allegria pura.

Era bizzarro e gioioso in un modo che faceva sorridere costantemente sia lei che Camille.
Lo stesso giorno del barbone terrificante, così lo avevano soprannominato tutti e tre, erano andati a prendere un altro frappè.
A fine giornata aveva la pancia gonfissima, i muscoli facciali sfiniti dalle risate e la convinzione di aver conosciuto un'altra persona eccezionale.

Mike era diverso da tutti gli altri ragazzi che frequentavano il college.
Aveva subito compreso un aspetto importante di lui, il più graffiante: si sentiva solo.
Solo come lo era stata lei e come lo era stata anche Camille.

Spontaneamente, in maniera naturale, Mike era riuscito a diventare loro amico.
Inizialmente capitava che lo incontrassero per puro caso, in genere tra i corridoi del college oppure alla mensa.
Qualche chiacchiera amichevole, un milione di battute spiritose e un saluto gentile.
Ma piano i loro incontri si fecero non più sporadici e casuali, ma quotidiani e voluti.

Sul finire della terza settimana il pranzo consumato assieme divenne una loro abitudine irrinunciabile, quasi un rituale a giudicare dalla costanza con cui avveniva.
Erano sempre solo loro tre e nessun altro.

Nora, aveva notato che persino Camille aveva ormai gettato la maschera della timidezza in compagnia di Mike e anche lei, dal canto suo, aveva cominciato finalmente a sentirsi parte integrante di quella realtà.

Era per merito della presenza di Camille e Mike, lo sapeva, e non avrebbe neppure saputo esprimere a parole quanto ne fosse grata.

Fece le scale di corsa, ormai non avvertiva più la fatica, si era abituata anche lei, e poi suonò il campanello.
Camille le venne ad aprire, indossava una giacca da casa molto sottile e per nulla calda e Nora si promise mentalmente che gliene avrebbe regalata una al più presto.
Poteva approfittare del fatto che c'erano i saldi, trovare quella scusa.

Non sapeva se poteva confidarsi appieno con loro, dopotutto li conosceva da poco, ma le sarebbe piaciuto raccontare a entrambi che si chiamava Nora da quando era sbarcata negli States, che aveva un padre totalmente anaffettivo e che i soldi le uscivano pure dal didietro.

Mike avrebbe potuto capire, dopotutto anche lui era più che benestante, ma Camille?
Un conto era avere per genitore un comico che stava simpaticissimo a tutti, in quel caso anche l'invidia per la ricchezza passava in secondo piano, insomma, che importava? Suo padre era Barry Cooper! Un altro conto invece, era avere per padre un severo proprietario di pozzi petroliferi che si era arricchito in un paese non suo e che ogni giorno spremeva fino all'ultima goccia la fatica dei suoi operai.
Era leggermente diverso.

"Ciao, ti ho preso questo! Sai, era scontato e ho pensato a te."
Camille guardò dentro la busta.
"Nora, non dovevi."
"Tranquilla, è costato pochissimo" mentì lei.

Era un caldo maglione color verde oliva, ma non era costato proprio pochissimo e segretamente sperò che la sua amica non andasse a curiosare il prezzo su Google.
Non aveva saputo resistere, come l'aveva visto addosso al manichino l'aveva subito immaginato addosso non a lei, bensì a Camille.
Trovava che quel colore si sposasse benissimo con lo splendido castano ramato dei suoi capelli.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora