13 Proibito

304 56 327
                                    

Camille

La densa nuvola di vapore era diventata talmente vasta da rendere l'aria irrespirabile, ma a lei non importava.
Le piaceva rimanere così, nuda e sola dentro la vasca, era l'unico momento in cui poteva concedersi del sano relax.

Il suo sguardo si soffermò sulle piastrelle logore alla sua destra, il tempo le aveva fatte diventare di un colore blu sbiadito, o forse erano sempre state così.

Lì, a mollo nell'acqua calda, si sentiva protetta, lontana dal mondo.
Da piccola, ricordava che giocava spessissimo con un lenzuolo che sua madre aveva messo via perché distrattamente l'aveva bucato con una sigaretta.

Lo pinzava alle estremità di due sedie con delle semplici mollette per il bucato, metteva un plaid sul pavimento e si accovacciava lì dentro a leggere, fantasticare, oppure anche a non far nulla.

Le piaceva, era come un cantuccio segreto accessibile solamente a lei.
Sarebbe potuta rimanere lì per ore intere, ma di solito la voce squillante di sua madre la riportava alla realtà e allora la magia finiva.

In quella vasca provava più o meno la medesima sensazione.
Forse era per via della tenda.
Quando aveva compiuto tredici anni l'aveva posizionata lei stessa tutt'intorno alla vasca, sorretta da delle cordicelle che si andavano poi ad appendere nel muro di sinistra.

Non era il massimo dell'estetica, anzi, era proprio uno scempio a guardarla, dava ancora di più l'idea di povertà e persino sua madre la trovava orribile e senza senza senso, ma a Camille non importava perché per lei il senso ce l'aveva eccome.

Da quando aveva memoria, la chiave della porta del bagno non era mai esistita, motivo per cui sua madre entrava e usciva da lì dentro a suo piacimento, non preoccupandosi minimante del fatto che lei si stesse lavando.

Privacy? No, mamma Arielle conosceva a memoria l'intera lista dei più pregiati vini francesi, era sempre aggiornata su chi nel mondo del gossip faceva sesso con chi, ma non sembrava concepire il significato di quella parola.

All'epoca il corpo di Camille stava cominciando a mutare e lei, dapprima aveva provato stupore, poi sconcerto e infine vergogna.

Se sua madre si fosse malauguratamente accorta di quei radi peli pubici o dei bottoncini dolenti sul petto, poteva sul serio prendere in considerazione l'idea di cominciare a farla divenire come lei e se c'era una cosa che Camille aveva capito anche a tredici anni era che non voleva essere come la sua genitrice.

Crescendo, la situazione non era cambiata poi così tanto e neppure il suo fisico in verità.
Quei bottoncini erano rimasti appena solo accennati e il sedere non aveva mai assunto una bella rotondità piena, era rimasto semplicemente piccolo e insignificante.

Ne aveva sofferto.
Aveva visto le sue compagne di scuola fiorire, acquisire di giorno in giorno forme femminili e aggraziate mentre lei era rimasta quella di sempre, con un seno mai davvero sviluppato, il fisico legnoso, le ginocchia sporgenti e quell'odiato spazio tra gli incisivi che si vedeva fin troppo ogni volta che sorrideva.

Tutto quello le aveva creato non pochi problemi di autostima.
Era per quel motivo che non si truccava mai e vestiva sempre in modo molto sobrio, non voleva farsi notare, se avesse potuto camminare con un sacco nero addosso, l'avrebbe certamente fatto.

Solo nell'ultimissimo periodo qualcosa era cambiato, un leggerissimo mutamento non tanto fisico, ma piuttosto dell'anima e il merito era di Nora.

Da quando l'aveva conosciuta non aveva fatto altro che ripeterle quanto era bella e particolare.
Secondo la sua amica, lei non doveva assolutamente tentare di nascondersi, non vi era nessun motivo.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora