17 Nessun albero è solo

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Evan

Non gli piaceva che Mike frequentasse posti del genere.
Quello era un night depravato. Certo che lo conosceva, come conosceva ogni singola cosa torbida in quella città.

Quel ragazzo sembrava possedere una calamita per i guai.
Marinava le lezioni, fumava e beveva di nascosto e da un po' si era messo pure a frequentare i night.
Forse dipendeva dal rapporto complessato che aveva con il padre.

Sapeva che in fondo era un bravo ragazzo, era solo fragile, forse più di qualsiasi altro suo coetaneo.

Per un po' rimuginò sui quei pensieri e decise che avrebbe fatto qualcosa. Parlargli magari.
Non sapeva ancora che cosa avrebbe mai potuto dirgli o che cosa sarebbe stato giusto dirgli, ma l'avrebbe fatto.

Quella decisione lo fece sentire meglio, ma fu questione di qualche attimo poiché quell'altro pensiero, che aveva avvolto la sua mente per gran parte della serata, tornò di nuovo, in maniera più impetuosa.

Non riusciva a togliersi dalla testa l'uccisione di quell'africano.
Lavoro certosino, perfetto, senza lasciare nessuna traccia, un lavoro che avrebbe potuto essere certamente stato fatto da lui.
Solo che non era stato lui.

Era opera di un altro, magari uno non del posto, uno che provenisse da un luogo lontano.

"Dal Kuwait."

Lo disse ad alta voce, come se avesse risolto un'equazione.
Era convinto che Mike conoscesse più dettagli riguardanti la vita di Nora, eppure a lui, non era venuto neppure lontanamente in mente di supporre che qualcuno dal Kuwait fosse approdato in città solo ed esclusivamente per far fuori quell'uomo.
A lui invece sì.
Forse aveva frequentato quel mondo oscuro per tanto tempo. Troppo.

In fondo, da un lato, sembrava essere una possibilità abbastanza remota.
Quell'uomo aveva avuto sicuramente i suoi conti in sospeso.
Persino a lui il mancato pagamento di un affitto sembrava una motivazione troppo blanda e in quell'anno e mezzo che faceva il sicario ne aveva udito di motivazioni blande, ma mai fino a quel punto.

Quella notizia aveva involontariamente riportato alla sua mente lei.
Non l'aveva più cercata.
Era stato semplice non chiamarla più, un po' meno semplice ignorare il malessere che ne era scaturito.
Ma lui era bravo a fare i conti con i malesseri di fondo.
Anche se quel turbamento aveva inquinato non poco le sue giornate.
Anche se aveva continuato a pensare a lei praticamente dall'esatto attimo in cui era andato via da casa sua.
Anche se la notte, prima di dormire, gli capitava di chiudere gli occhi e vedere il suo volto mentre una leggera morsa gli prendeva lo stomaco.

La verità era che si stava cominciando ad affezionare a Nora, ai suoi buongiorno al mattino, al suono della sua voce, persino a quel profumo troppo dolce.

Non aveva fatto neppure in tempo a dirglielo.
No, non aveva fatto in tempo e quella risata, che lei avrebbe sicuramente emesso come risposta, l'aveva solo immaginata.

Dentro di lui, il ricordo di Nora, si mischiava con un altro sentimento, decisamente più fastidioso: il senso di colpa.
Non avrebbe mai dovuto perdere il controllo, di quello ne era ormai più che sicuro.

Era stato con lei una prima volta e poi anche una seconda.
Si era fatto dare il suo numero di telefono da Mike, l'aveva cercata, aveva cenato con lei, giocato a fare una coppia e tutto il resto sembrava che non avesse avuto più nessunissima importanza.

Come un sortilegio, una magia, una visione di un giardino rigoglioso di fiori meravigliosi.
Ma si sa che i fiori non devono essere colti, mai.
Si fanno male, muoiono, e la spina di quel gambo aveva ferito anche lui.

L'usignolo sul fiore di lotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora