Capitolo 8: What are we doing?

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Il viaggio in auto fu incredibilmente silenzioso. Neanche Taehyung si sentì di parlare molto; in qualche modo aveva percepito che c'era qualcosa che non andava. Poteva vederlo dall'espressione vitrea ma comunque pensierosa del corvino; dalla sua mascella rigida e dal suo torso completamente eretto, quasi stesse cercando di sembrare più autorevole. Qualcosa lo aveva costretto a svegliarsi dalla trance momentanea del loro dolce momento e sapeva che quando l'auto si sarebbe fermata, probabilmente avrebbero parlato seriamente e con quasi assoluta certezza, non sarebbero stati gli stessi al loro ritorno.

Quando raggiunsero la vetta della collina poco più a sud della fattoria dei Jeon, il motore smise di ronzare e Jungkook mise il freno a mano. Si fermò ad osservare lo skyline della piccola cittadina. La vista da lì era magnifica e in qualche modo, rilassante; quasi si dimenticò del motivo per cui aveva raggiunto un punto tanto isolato e lontano dagli altri.

Dopo qualche secondo di completa immobilità, il corvino prese parola. Chiuse gli occhi prima di farlo, quasi come se volesse difendersi da ciò che sapeva gli avrebbe fatto male. Come se fosse consapevole che si era spinto troppo oltre per poterne evitare gli effetti collaterali. Forse avrebbe potuto però limitare i danni.

«Che cosa stiamo facendo esattamente?» sussurrò dunque, riaprendo gli occhi, puntandoli sulle proprie mani che stringevano fermamente il volante e in quel momento il modo in cui le sue dita affusolate tenevano la pelle nera gli sembrava la cosa più interessante da osservare in quel momento. Non avrebbe avuto il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi, sapeva che se lo avesse fatto non sarebbe riuscito a dire ciò che stava per chiarire.

«Siamo a arrivati sul punto più alto della città» disse Taehyung in un leggero sussurro, prima di abbassare lo sguardo sulle proprie ginocchia. Il modello non era mai stato un tipo coraggioso, non aveva mai preso iniziative, più che altro seguiva il gregge o determinate istruzioni. Affrontare le cose gli faceva paura, forse perché aveva imparato a subire gli effetti della vita passivamente, quasi ignorandoli, rendendosi incapace di sentire il dolore che ne consegue.

«Intendo noi, Taehyung» continuò Jungkook, voltando il capo verso di lui, senza però guardarlo. «Che cos'è questo?» chiese, riferendosi alla loro nuova situazione. Forse era troppo presto per poterla definire e in effetti entrambi non avrebbero saputo farlo, ma il corvino non poteva permettersi perdite di tempo. Aveva una famiglia da mantenere, una famiglia che si era leccata troppe ferite per potersi permettere il rischio di tagliarsi.

«Sono stato bene stanotte...» sussurrò il modello, arrossendo leggermente. Non sapeva come rispondere, non sapeva cosa fossero. Per quanto avesse potuto volerlo precedentemente, si rendeva anche conto che non era stato solo un rapporto di pura passione, almeno non da parte del corvino.

«Sai che non sto parlando di questo» disse sospirando, passandosi una mano tra le ciocche scure dei propri capelli, sospirando. «Io... io non sono il tipo di persona che fa queste cose» disse, voltandosi verso di lui, guardandolo per qualche secondo, prima di scuotere il capo e rivolgere la sua attenzione allo skyline.

«Cosa intendi?» chiese dunque il modello, tenendo le mani tra le proprie ginocchia, osservandolo attentamente, cercando di capire il suo punto di vista.

«Io non sono il tipo che fa sesso e basta» disse, abbassando lo sguardo, scuotendo il capo. «Non so perché ieri sera e... e stamattina io...» sospirò, chiudendo gli occhi, passandosi entrambe le mani sul volto, cercando di formulare una frase che non sembrasse ridicola o poco chiara. «Io non sono il tipo da divertirsi per poi dimenticare tutto» strizzò appena gli occhi, stringendo le mani alla pelle nera, poggiando la fronte contro il volante, sospirando. «Non avrei dovuto».

«So come sei Jungkook» sussurrò in risposta Taehyung, allungando piano una mano verso di lui, poggiandola poi sulla sua schiena, indeciso se muoverla o meno ma alla fine la tenne ferma. «Chi dice che... chi dice che possa essere solo sesso?» chiese con un filo di voce, abbassando poi lo sguardo. Gli si era stretto lo stomaco. Non aveva la più pallida idea di quello che stava dicendo, anche perché non aveva mai provato a non ferire qualcuno. Di solito era la persona meno empatica del mondo ma in quel preciso istante, non se la sentiva di dirgli la verità e in fin dei conti... quello che stava dicendo non era del tutto falso. Gli uomini con cui aveva precedentemente avuto a che fare lo avevano voluto per una notte o per qualche breve tempo, giusto per assicurarsi notorietà. Non aveva mai incontrato nessuno che lo avesse desiderato in quel modo; come se fosse la cosa più bella sul pianeta terra. Era così combattuto in quel momento... ma cosa avrebbe potuto fare? La sua vita non era lì...

Don't ruin my Christmas - Vkook/KookVDove le storie prendono vita. Scoprilo ora