Perdoni

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Quella mattina, così tranquilla per alcuni, ma turbolenta per altri, si svegliò con un timido raggio di sole, che, come a volersi fare beffa di lei, illuminava soltanto la camera da letto. Cassandra si mise a sedere: le coperte ricadevano scomposte sul pavimento e Julian, ancora addormentato, respirava profondamente. Si appoggiò alla testiera del letto, sospirò e delicatamente svegliò il marito; quest'ultimo, come se si fosse risvegliato dopo anni di coma, aprì gli occhi, fece una smorfia e si strofinò il viso con le mani.

<< Sei turbata, >> iniziò Julian, che, come ci si aspetta da un giovane uomo di trent'anni, conosceva perfettamente i significati dei gesti della moglie; con dei movimenti delicati, le strinse la mano fredda e irrequieta, che, fin da quando l'aveva svegliato, tamburellava sul materasso. Cassandra, che non osava guardarlo, gli strinse la mano, mentre con l'altra, come se stesse per predire un destino sfortunato a un senzatetto, si sorresse la testa; incrociò le gambe e, con la mano che le copriva ancora mezzo viso, rispose goffamente:

<< Non vedo semplicemente l'ora di tornare a casa >>

<< Bugiarda, >> replicò lui, prendendole anche l'altra mano e costringendola a fissarlo <<sei preoccupata per il processo. Te lo si legge in faccia! >>

Cassandra non ribatté: le goti fremevano intensamente, mentre gli occhi, tanti anni prima così vivaci, ora cupi e pensierosi, fissavano l'altro come una vittima guarda il suo aguzzino. Julian le lasciò andare le mani, come se si fosse scottato, come se fosse ancora imbarazzato nel toccarla; nonostante la consapevolezza che non le avrebbe mai fatto del male, si rimproverò del gesto affrettato e deciso, del suo desiderio di far confessare l'altra. I due si fissarono per lunghi istanti, cercando di far capire all'altro i propri pensieri, non comprendendo le rispettive volontà; sospirando profondamente, Cassandra parlò.

<<Non mi capisco>>

<< Neanch'io ti capisco,>> le rispose Julian ironicamente, come se stesse improvvisando qualche scena su un palco << però posso ascoltarti>>.

<< Non so se voglio i miei genitori ad Azkaban. >> spiattellò velocemente lei, come se fossero informazioni di vitale importanza << Se lo meritano, non lo nego, ma una parte di me vorrebbe che restassero qui...Che mi facessero da genitori. Non capisco perché ho questa sensazione: abbiamo abitato insieme per tutta l'estate, abbiamo a malapena concluso un discorso e tutte le volte che mi trovo nella stessa stanza con loro sono a disagio; perché doveva saltare fuori proprio adesso? >>

<<Non è saltato fuori adesso,>> constatò tranquillamente l'altro << solamente, per anni hai tenuto nascosto questo desiderio ed ora hai la possibilità di viverlo. Hai paura che ti sia strappato di mano>>

Cassandra accennò un sorriso, uno di quelli tremanti e timidi, che compaiono sul volto di una persona troppo spaventata per far si che sia raggiante; poi annuì e, mordendosi il labbro inferiore, abbassò lo sguardo.

<< Dovresti scusarti con loro, almeno con tuo padre >> le suggerì Julian convinto.

Cassandra non rispose, ma invece annuì, si alzò dal letto e, con tutto il coraggio in corpo, uscì dalla stanza.

***

Antares passeggiava biecamente intorno alla villa, gli Auror lo guardavano di traverso, come se si aspettassero qualche suo attacco; sorrise a quel pensiero: dopotutto, bastava essere imparentato con degli assassini per essere uno di loro. Sospirò, si portò le mani in tasca e imboccò un sentiero al di fuori delle cancellate; camminò per qualche decina di metri, quando, sotto a una quercia, vide Altair ed Atlas giocare con dei bastoni. Si fermò, seminascosto da un cespuglio, e cominciò ad osservare il figlio e il nipote: utilizzavano i rametti come delle spade, cercando di far cadere l'altro in una pozza di fango lì intorno. Antares sapeva che, se Cassandra li avesse visti, avrebbe urlato preoccupata, gridandogli di non giocare con i bastoni; lui, invece, restava lì, indeciso se rovinare ai due la mattinata o godersi la loro spensieratezza. Aveva accennato alla sorella di volersi trasferire lì, ma, guardando i due bambini, perse tutto il suo coraggio in corpo: come poteva privare il figlio del suo migliore amico?

Sospirò di nuovo, girandosi e tornando su i suoi passi: avrebbe preso una decisione dopo il processo di quel pomeriggio. Proprio il processo era una questione che lo preoccupava più del dovuto: non sapeva come comportarsi in base alla sentenza. Dovrà essere felice se i suoi genitori saranno dichiarati colpevoli? Dovrà essere triste se riceveranno una riduzione della pena? Immerso nei suoi pensieri, superò una coppia di Auror, che, vedendolo sovrappensiero, misero per precauzione una mano sulla bacchetta; arrivò fino al portico, all'entrata della villa, dove trovò sua madre osservare le ronde, come una leonessa guarda le gazzelle.

<< Sei tu >> esclamò seccamente lei, appena lo vide avvicinarsi. Antares si fermò accanto a lei, non sapendo se, dopo quell'affermazione, poteva andarsene, senza intrattenere un'imbarazzata conversazione. La vide tamburellare le dita su una colonna e lui non poté fare a meno di pensare che Cassandra faceva la stessa cosa quando era agitata; fu, pertanto, naturale domandarle se andava tutto bene, come se fosse sua sorella l'interlocutrice.

<< Ovviamente>> rispose gelida e Antares seppe di aver fatto una cosa molto stupida. <<Non ho mai avuto...il piacere...di intrattenere una discussione con te >>.

Antares non intervenne, trovando molto interessanti le punte dei suoi mocassini; così Bellatrix continuò:

<< Tutto quello che so di te, me l'hanno detto tuo padre e tua zia. Non lo trovi strano? >>

<< Alcune circostanze ci hanno impedito di conoscerci propriamente, Madre >> constatò lui, cercando di non arrabbiarsi per la provocazione velata.

Lei annuì, poi replicò sarcasticamente:

<< Immagino che tu sarai contento di rivederci in una cella>>

<< Siete così convinta di ritornarci? >>

<< Ho fatto cose che non puoi nemmeno immaginare, figliolo >>

<< Non ne dubito, mamma >>

Bellatrix non ribatté, ma inarcò un sopracciglio quando vide Rodolphus e Cassandra arrivare sorridenti. Anche Antares si fermò a guardarli: come avevano fatto a diventare così intimi e tranquilli l'uno con l'altro? Lui avrebbe ammazzato sua madre se avesse avuto l'opportunità, le avrebbe fatto capire cosa aveva provato durante tutta la sua vita! Come aveva fatto Cassandra a mettere da parte la rabbia e l'odio? Come faceva a fidarsi di nuovo di loro padre?
«Splendida mattinata, non trovate?» chiese ironicamente Rodolphus, dopo aver visto gli sguardi della moglie.
Per tutta risposta, Bellatrix e Antares borbottarono qualcosa che assomigliava molto a «se non fossi qui, lo sarebbe»; invece Cassandra, che nel mentre si era avvicinata al fratello, cercò di trattenere una risata, notando quanto fossero simili la madre e il fratello.
Tutti e quattro cominciarono ad osservare gli Auror, senza dire una parola. Forse si erano già perdonati molti anni prima.

Angolo dell'autrice

Allora, non so quanti mesi siano passati dall'ultimo aggiornamento, ma tra la scuola e altri problemi personali mi sono quasi scordata dell'esistenza di questa storia.
Comunque, questo è il penultimo capitolo: all'inizio pensavo di farlo molto più lungo, ma, alla fine, ho preferito togliere una parte che forse aggiungerò nell'epilogo.
L'epilogo è già pronto da maggio dell'anno scorso, devo soltanto riguardarlo e aggiungere dei pezzi.
Buona lettura!

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