Di padri e figli

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Cassandra sfogliava distrattamente il libro: faceva scorrere le dite sulla carta ingiallita, scorrendo velocemente le parole.
Era da più di un mese che era tornata a vivere in quella casa e ogni giorno non vedeva l'ora di andarsene: voleva tornare in Francia, dimenticando i suoi genitori e le sue radici.
Ma cosa avrebbe detto Altair quando avrebbe visto i suoi nonni essere sbattuti in prigione?
Come avrebbe fatto a farglieli dimenticare?
Si sentiva estremamente impotente, ma suo figlio era spensierato e non poteva distruggere la sua allegria.
Avrebbe trovato una soluzione al momento opportuno e, in ogni modo possibile, avrebbe fatto cambiare idea ad Altair.
Girò la pagina e si soffermò a leggere un paragrafo:

Charlie guardò suo padre: freddo, austero, apatico.
Non pensava di rivederlo dopo tutto quel tempo e mai si sarebbe aspettato di poter parlarci.
Lo guardò intensamente e finalmente poté riabbracciare suo padre.

Chiuse di scatto il libro e lo appoggiò su un tavolino lì accanto.
Oltre ad Altair, i suoi genitori erano la fonte di tutti i suoi problemi e non vedeva l'ora di vederli marcire nella più orribile delle celle.
Avrebbe chiesto di gettare la chiave, così da non poter più riaprire la porta e avrebbe riso così tanto da poter essere sbattuta a sua volta in un manicomio.
Non odiava i suoi genitori, sarebbe da stupidi farlo, ma disprezzava ciò che rappresentavano: ideologie obsolete, malvagità e pazzia.
Loro avevano preferito la Causa a lei e Antares e, per questo, non li avrebbe mai perdonati.
Che razza di genitore preferirebbe essere incarcerato piuttosto di crescere i propri figli?
Sbuffò rumorosamente e fissò il libro abbandonato sul tavolino: a volte, avrebbe preferito far parte di una storia.
«Quando sbuffi assomigli a tua madre» la voce fredda e strascicata di suo padre le arrivò forte nelle orecchie.
Cassandra si girò e osservò Rodolphus appoggiato allo stipite della porta: sembrava rilassato e divertito, ma lei sapeva che lui odiava mostrare i suoi veri sentimenti.
«Sai Cassandra, il libro non morde e puoi tranquillamente ricominciare a leggere. Non badare a me...Mi piace osservare le persone» le disse poi.
«Così puoi scegliere tranquillamente come ucciderle» ribatté tagliente lei.
«È una bella teoria, ma non commetterei mai un omicidio sotto il naso di decine di squadre di Auror. Inoltre, dovrei prima chiamare tua madre...Sai, anche a lei piace giocare con il cibo» replicò mellifluo lui.
Rodolphus le si avvicinò lentamente, il capo leggermente inclinato e gli occhi la guardavano follemente.
Suo padre stava definitivamente impazzendo!
Le arrivò di fianco e abbassò la testa fino a guardarla negli occhi, un ghigno beffardo stampato sul volto.
«Sfortuna vuole» continuò Rodolphus osservandole gli occhi scuri «che sei mia figlia e non ucciderei mai una strega potente e dall'antico e nobile lignaggio come te».
Scoppiò in una risata folle, priva di qualunque affetto o gioia, e Cassandra lo guardò schifata.
Era andato, suo padre era definitivamente andato e lei non vedeva loro di buttare la chiave della cella.
«Hai paura, Cassandra?» le chiese dopo essersi ricomposto.
Lei corrugò le sopracciglia e rimase in silenzio.
«Suppongo di sì» ribatté suo padre «Io ne avrei se stessi parlando con un assassino»
Rimarcò l'ultima parola, come se stesse osteggiando i crimini compiuti.
«Ma ricordati» la informò poi «l'assassino che hai di fronte è tuo padre e mi sembra una grave mancanza di rispetto non scambiare...due chiacchiere in un mese di convivenza»
«Sarebbe una grave mancanza di rispetto» ripetè Cassandra, abbassando lo sguardo.
Neanche dopo anni, riusciva a zittire suo padre, soprattutto quando la rimproverava e l'ultima frase sembrava davvero un rimprovero.
«Che cosa stavi leggendo?» le domandò poi.
La sua voce aveva cambiato tono, sembrava comprensivo.
«Un vecchio libro che ho trovato in biblioteca» gli rispose lei meccanicamente.
Rodolphus prese il libro e se lo rigirò tra le mani,non sembrava apprezzarlo molto e lo lanciò sul vecchio tavolino.
«Non le piace, Padre?» gli chiese Cassandra.
La domanda le era uscita spontanea, sembrava una bambina sorpresa dai comportamenti degli adulti.
«È un comunissimo libro...Non può attirare la mia attenzione» le rispose l'uomo con il volto improvvisamente stanco «Ma, se non ricordo male, i libri attirano molto la tua attenzione»
Rodolphus si sedette sulla poltrona e cominciò ad osservarla mentre era rannicchiata sul divano.
«Credo sia un modo per evadere dalla realtà» affermò Cassandra guardando il libro abbandonato.
«E tu ne hai bisogno? È buffo pensare che un'adulta come te non riesca a smettere di essere una bambina» esclamò sarcastico lui.
«Non sono una bambina» cercò di giustificarsi Cassandra «Non sono una bambina da molti anni»
«Anagraficamente parlando, ti potrei dare ragione, ma la tua voglia di fuggire di continuo dalla realtà ti fa comportare come un adolescente...Sola, abbandonata... Costretta a crescere prima del dovuto...» replicò Rodolphus.
Cassandra si sentì improvvisamente vulnerabile e, per certi versi, debole.
Suo padre aveva ragione: più passavano gli anni e più lei voleva vivere in una fiaba.
Neanche Julian e Altair riuscivano a completarla e Cassandra sapeva che il dolore che aveva provato da bambina non se ne sarebbe mai andato.
Egoisticamente, avrebbe voluto essere cresciuta dai suoi genitori...Essere amata da loro...Ma non avrebbe avuto niente di tutto questo e quello che poteva fare era andare avanti.
In quel preciso istante, aveva l'opportunità di abbassare l'ascia di guerra e di godersi la presenza di suo padre.
«Ha ragione, Padre»
«Ovviamente» rispose mellifluo con la sua voce strascicata.
Rodolphus si alzò dalla poltrona e si sedette di fianco a lei, poi le prese le mani e le strinse tra le sue.
«So che hai sofferto molto, dammi un'ultima occasione» le propose guardandola negli occhi e la parvenza di un sorriso comparve sul suo volto.
Cassandra annuì, quasi sorpresa dalla sua stessa risposta.
Rodolphus le baciò la fronte proprio come faceva quando era una bambina, quando le rimboccava le coperte prima di spegnere la luce.
«Ti posso fare una domanda, Cassandra?» le chiese suo padre.
Lei annuì e Rodolphus continuò.
«Mi spieghi perché Antares è sempre così depresso»
Cassandra sospirò, sapeva che lei e suo fratello dovevano molte spiegazioni, ma la situazione di Antares era leggermente complicata.
«È complicato. Non so da dove iniziare»
«Dall'inizio,direi»
«Tutto inizia la notte in cui avete torturato i Paciock fino alla follia. Io e Antares stavamo dormendo quando abbiamo sentito le grida dei due Auror.
Eravamo semplicemente dei bambini curiosi e volevamo capire quello che stava succedendo.
Dalla cima delle scale potevamo osservare tranquillamente la scena e voi eravate così presi che non ci avete notato. Abbiamo visto tutto: dalla tortura fino all'arrivo degli Auror.
Ci trovò un vecchio Auror, Alastor Moody; ci portò al Ministero, ci diede da mangiare e ci calmò.
Io e Antares dobbiamo tanto a quell'uomo. Poi arrivò il Ministro della Magia in carica e Moody gli raccontò del vostro arresto. Allora, il Ministro decise di usarci come testimoni per il vostro processo e ci affidò alle cure di Moody»
Cassandra prese fiato e si accorse di avere le mani tremanti.
Non amava raccontare quella "storia" e dei flashback gli riapparvero nella mente.
«Vai avanti» la spronò Rodolphus «perché non siete stati affidati ai Malfoy?»
«Gli zii erano ancora accusati di far parte dei Mangiamorte e quindi ci hanno affidati a Moody. Credo che il Ministro ci ritenesse dei maghi oscuri e, affidandoci a un Auror, avrebbe risolto il problema. Per fortuna, Moody ci trattò come dei bambini e non come dei carcerati e, per certi versi, fu come una figura paterna in quei giorni.
Non è stato facile, ogni notte avevamo degli incubi e non riuscivamo a dormire bene.
Antares ha cominciato a soffrire di attacchi di panico e di insonnia.
Poi venne il giorno del vostro processo, andammo con Moody al Ministero e fummo interrogati prima dell'inizio del processo. Ad Antares fu somministrato il Veritaserum e io fui sottoposta alla Legilimanzia.
Non fummo interrogati regolarmente: secondo la legge, doveva accadere con il consenso dei genitori o di un nostro tutore»
Cassandra si fermò per vedere suo padre metabolizzare le ultime informazioni.
Non sembrava sorpreso o dispiaciuto, era ritornato freddo e calcolatore.
«Dopo il processo, fummo affidati ai nonni e andammo a vivere in Francia.
Tornammo qui solo una volta, quando avevamo quattordici anni e andammo a trovare gli zii.
Passarono gli anni e io e Julian ci sposammo.
Al matrimonio, Antares conobbe questa ragazza e cominciarono a frequentarsi.
Andarono a convivere e nel '95 nacquero Altair e Atlas.
La madre di Atlas è morta durante il parto e da quel giorno Antares non è stato più lo stesso»
Cassandra concluse il racconto e cominciò ad osservare il padre: stava pensando e teneva le sopracciglia corrugate.
Era rimasto completamente indifferente a quelle particolari informazioni, come se non gliene importasse niente.
Suo padre si alzò e cominciò a camminare pensieroso per il soggiorno, con grandi passi compiva il perimetro della stanza in poco tempo.
Poi, tutto ad un tratto, si fermò e guardò Cassandra.
«Moody è morto durante la guerra, ma credo che tu lo sappia già»
Lei annuì e cominciò a giocherellare con un braccialetto.
Sapeva che era morto perché le lo aveva scritto Ninfadora in una lettera, ma preferì non fare sapere al padre questo dettaglio.
Cassandra conosceva benissimo l'odio che la sua famiglia provava per sua zia Andromeda e tutta la sua discendenza e accennare a delle lettere avrebbe scatenato l'inferno.
Non era una mossa furba.
«Sapevate che eravamo evasi?» le chiese freddamente suo padre.
Sì, loro sapevano tutto grazie a Tonks, ma era un dettaglio che era meglio omettere.
«Sì»
«Perché non siete venuti a trovarci?»
«Perché vi siete lasciati arrestare?» ribatté lei.
Rodolphus la guardò impassibile, girò lo sguardo e uscì velocemente dalla stanza sbattendo la porta.
Cassandra riprese il libro: non avrebbe mai perdonato i suoi genitori.

***

Antares passeggiava tranquillamente nell'enorme giardino della villa di famiglia, le mani in tasca e gli occhi a osservare ogni tipo di pianta e arbusto.
Era una calda giornata di giugno e solo quella mattina gli erano arrivati gli ultimi aggiornamenti dei casi che stava seguendo da mesi.
Così, aveva passato la mattinata a leggere delle scartoffie e ora si godeva un po' di tranquillità.
Aveva sempre amato stare all'aria aperta, passeggiando o, semplicemente, sdraiandosi sul prato.
Da bambino, prima che suo padre si dedicasse del tutto alla Causa, insieme giocavano a Quidditch e Antares custodiva gelosamente quei sereni ricordi.
Ma un paio di anni dopo, passava i suoi pomeriggi a tirare la pluffa contro il muro, non avendo nessuno con cui giocare.
I primi anni della sua vita non erano stati troppo complicati ma, da quando era andato a vivere con i suoi nonni, la sua vita era completamente cambiata.
In meglio, s'intende.
Suo nonno, sebbene fosse già avanti con gli anni, trovava sempre del tempo per giocare con lui e sua nonna, quando non andava a un circolo pieno di streghe, gli raccontava molte storie.
La persona con cui passava meno tempo era sempre stata Cassandra: la sorella, seppur avendo un buon rapporto con lui, preferiva stare per conto suo, senza la sua presenza.
Col tempo ci aveva fatto l'abitudine ed erano riusciti a stringere un rapporto davvero profondo.
Calciò un sassolino che colpì il tronco di un albero e Antares si sedette sotto di esso.
Sospirò e vide avvicinarsi suo padre.
Camminava con passo svelto e in un paio di minuti gli era davanti.
«Ha bisogno, padre? » gli chiese Antares con fare annoiato.
«Perché non mi hai detto che sei vedovo?»
Antares sospirò ancora: Cassandra aveva cantato troppo e per un istante si arrabbiò con la gemella.
«Non è importante»
«Scherzi, vero? Ho conosciuto tuo figlio, uno splendido bambino che non conoscerà mai sua madre. E tu ti mostri così depresso e insensibile alla vita»
«Padre, non voglio una predica. Sono un adulto e posso benissimo badare sia a me stesso, sia a mio figlio» sbottò Antares.
Si alzò e se ne andò, lasciando Rodolphus da solo e sotto l'albero.

Angolo dell'autrice

Dopo settimane sono riuscita ad aggiornare e probabilmente c'è ne metterò altrettante per il prossimo capitolo.
In questo capitolo, si scopre il passato dei gemelli.
Buona lettura!

Una nuova vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora