«Non vedo l'ora di andare ad Azkaban! C'è più fresco là!» borbottò Bellatrix mentre si sdraiava sul letto.
Rodolphus era accanto a lei, stanco e malinconico fissava la moglie impassibile.
Era finita un'altra giornata di quella assurda prigionia e i due coniugi si stavano lentamente riabituando alla vita di coppia.
Avevano ricominciato a parlare frequentemente, a fare lunghe passeggiate in giardino e a godere della presenza dell'altro.
Tutto andava bene tranne la visibile depressione di sua moglie.
Dalla battaglia finale, Bellatrix non era più la stessa: era troppo silenziosa, troppo tranquilla, troppo normale...
Era l'ombra della potente strega che era stata.
«Così ti rinfreschi le idee» ribatté lui sarcasticamente.
La donna lo guardò malamente mentre sistemava il cuscino.
«Oggi sono riuscito a parlare con Cassandra» la informò Rodolphus e la donna sbuffò.
Sapeva bene che Cassandra e Antares
non erano l'argomento preferito dalla moglie, ma quello che aveva scoperto quel giorno era importante.
«Mi ha raccontato di come hanno passato la loro vita. Non è scesa nei particolari, ma almeno so qualcosa di più» continuò imperterrito.
Bellatrix inarcò un sopracciglio e si stiracchiò gli occhi stancamente: era da quasi due mesi che Rodolphus cercava di conoscere meglio i loro figli, ma per lei era tempo perso.
«Ti ha detto qualcosa di interessante o ha parlato di unicorni e arcobaleni?» domandò ironica lei.
«Lo avrei preferito. Lo sapevi che Antares è vedovo?» replicò lui «La sua compagna è morta mentre partoriva Atlas»
Si girò a guardare Bellatrix, che osservava insistentemente il soffitto, come se dovesse trovare qualche difetto.
Non si girò, né diede segno di qualche cambiamento, sembrava congelata.
«Hai capito,Bella? Atlas crescerà senza una madre!» provò ad insistere.
«Cosa vuoi che ti dica, Rodolphus? Abbiamo ucciso così tanta gente che la morte di quella ragazza non mi tocca minimamente» proruppe infine Bellatrix mettendosi a sedere.
«Ma é la madre di tuo nipote!» ribatté.
«Appunto» concluse Bellatrix «Non è un problema mio»
Rodolphus non replicò e si alzò dal letto sotto lo sguardo della moglie.
Aprì la portafinestra e andò sul balcone, in lontananza soltanto il rumore dei passi degli Auror.
Spesso non capiva i ragionamenti di sua moglie: era scostante, cinica e distaccata, poco le importava di coloro che le stavano intorno.
Era diventata insensibile ed egoista, non era più la ragazza che aveva sposato.
«Te la sei presa?»
Bellatrix si era avvicinata lentamente a lui, senza fare il minimo rumore.
Non se l'era presa, ormai era abituato a delle risposte così aggressive,ma forse aveva raggiunto il suo punto di rottura.
Scosse la testa, ma non si girò a guardarla, non voleva dargliela vinta un'altra volta.
Si sentiva costantemente inferiore a lei, lui era la preda che lei cacciava.
«Quando comincerai a provare un minimo di compassione per le persone?» le chiese stancamente.
«Mi prendi in giro? Io e te abbiamo torturato e ucciso così tanta gente, non abbiamo mai avuto nessun rimpianto e adesso, tutto ad un tratto, ti importa di come stanno le persone. Sei incoerente, Rodolphus!» sbottò Bellatrix costringendolo a guardarla negli occhi.
«Non sono incoerente, Bellatrix! Voglio soltanto che i miei nipoti abbiamo un buon ricordo di me!» urlò di rimando.
«Un buon ricordo? Appena cresceranno, scopriranno quello che abbiamo fatto e non gliene importerà niente dei tuoi bei ricordi!» concluse lei irata.
Rodolphus non le rispose e si girò a guardare l'immenso giardino della villa.
Bellatrix aveva ragione: i suoi nipoti, prima o poi, scopriranno i suoi crimini e non lo ricorderanno più come prima.
Allora, perché si prodigava tanto a farli stare bene?
Perché, tutto ad un tratto, voleva fare il nonno?
«Hai ragione» le sussurrò infine, strofinandosi gli occhi stancamente.
Bellatrix ghignò, visibilmente allegra per quella sua vittoria; poi gli si avvicinò e cominciò anche lei a guardare il paesaggio.
«Mi fai un piacere, Bella?» proruppe, dopo un po', Rodolphus «Recupera il rapporto con i tuoi figli»
La donna fece una smorfia: sembrava infastidita da questa inutile richiesta e, per molti secondi, non gli rispose.
Rodolphus sapeva che quella proposta era azzardata, estremamente azzardata, ma non avrebbe perso così facilmente quella volta.
«Pensaci» continuò soavemente «Sarebbe un vantaggio! Se c'è li ingraziamo, magari al processo mettono una buona parola per noi»
Bellatrix inarcò le sopracciglia e scoppiò a ridere sguaiatamente.
«Non provare a incastrarmi con le tue parole, Lestrange! So benissimo che sarebbe utile avere una buona parole su di noi, ma ti sei palesemente scordato del fatto che io non vedo l'ora di marcire in una cella!»
«Io non voglio marcire, invece! » replicò Rodolphus meccanicamente.
«Quanto sei sciocco, tesoro! Siamo tutti destinati a marcire sotto metri di terra e ricoperti dai vermi, non puoi farci niente!» ribatté Bellatrix, ridendo istericamente.
«Come vuoi, cara. Ma se non ti dispiace, vorrei morire in questa casa» constatò Rodolphus.
«Non ho mai capito cosa ci trovi di bello in questa topaia. E se lo vuoi sapere, dovresti trovare un posto più bello per crepare. Magari la Provenza!» fantasticò ironicamente lei, sembrando fin troppo seria.
«Ma sei impazzita del tutto?» le domandò lui, stando al gioco.
Bellatrix inarcò un sopracciglio e sbuffò, poi si morse il labbro pensieroso.
«Se pensi troppo, ti si fonde il cervello!» la avvertí poi.
Bellatrix accennò a un sorriso.
«Quindi, recupererai il rapporto con i nostri figli?» la incalzò, vedendola stranamente silenziosa.
«Forse» concluse Bellatrix, rientrando nella stanza e sdraiandosi sul letto.
Rodolphus la seguì, chiuse la portafinestra e lentamente si sdraiò accanto a lei.
Si sentiva stranamente leggero, senza alcun tipo di pensieri e preoccupazioni, come quando il suo unico problema era passare una verifica di Trasfigurazione.
«Ti ricordi quando eravamo giovani?» le domandò soprappensiero.
«Sì» rispose Bellatrix frettolosamente «Eravamo troppo stupidi»
«Eravamo piccoli» li giustificò Rodolphus mestamente «Tutti eravamo un po' ingenui da adolescenti»
«Tutti tranne la sottoscritta» affermò lei orgogliosa.
«Infatti, sei diventata una pazza isterica» replicò sarcastico Rodolphus, beccandosi uno schiaffo sul braccio «Più invecchi, più diventi manesca»
Bellatrix sbuffò, infastidita dal comportamento del marito.
«Hai finito di sparare fesserie o devo sorbirmi qualcos'altro?»
«Ho finito, ma tu recupererai il rapporto con i tuoi figli?» insistette Rodolphus, fissando intensamente la moglie.
«Lo farò, ma adesso, per Morgana, fammi dormire, Rodolphus!»***
«Bella, svegliati!» la chiamò assonnato Rodolphus mentre si vestiva «oggi devi rispettare il nostro accordo»
La donna si alzò e, dopo aver imprecato e aver mandato a quel paese il marito, uscì dalla stanza.
Non era troppo entusiasta del patto con Rodolphus, ma per rispettarlo bastava soltanto parlare con loro una volta.
Dopo aver chiacchierato, poteva dire di averci provato ma di essersi resa conto di non essere in grado di gestire la situazione.
Tutto sarebbe andato liscio e Rodolphus sarebbe rimasto fregato.
Sorrise al pensiero del marito mentre entrava in sala da pranzo per fare colazione.
Si sedette mollemente: tranne lei e Rodolphus, non c'era ancora nessuno alzato e poteva stare tranquilla con i suoi pensieri.
Non vedeva l'ora di andarsene da quella casa, non riusciva a starci e mai c'è l'avrebbe fatta.
Lei non era capace di non entrare in azione, di accettare passivamente il corso degli eventi e quell'estate si stava rilevando più ardua di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Le mancava l'adrenalina, la voglia di uccidere, ma, soprattutto, il suo Signore.
Non era abituata ad avere bambini urlanti in giro per casa o ad avere una famiglia.
Non era più abituata a mangiare tutti assieme e a godere della presenza degli altri.
Non era da lei, non lo era per niente.
Non sapeva come faceva Narcissa, sua sorella, ad apprezzare tutto questo o come mai Andromeda avesse deciso di scappare per amore.
Ghignò al pensiero di Andromeda: dopotutto, i panni sporchi si lavano in famiglia e lei aveva sistemato eccellentemente la situazione.
Nessun panno infetto avrebbe mai più intaccato il buon nome dei Black e si sentì orgogliosa per esserne l'artefice.
Poco le importava dei sentimenti della sorella, prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione e avrebbe abbandonato anche quel piccolo marmocchio che insisteva ad accudire.
Sentì la porta chiudersi e si riscosse dai suoi pensieri: Rodolphus era appena entrato seguito da Altair e Atlas.
«Dopo giochiamo a Quidditch?» stava domandando Atlas, facendo la faccia più innocente che conosceva, spalleggiato dal cugino che aveva cominciato a fare gli occhi dolci a Rodolphus.
«Lasciate stare vostro nonno! Se gioca a Quidditch rischia di bloccarsi con la schiena» li ammonì Bellatrix, beccandosi un'occhiataccia dal marito.
«Sei così vecchio, nonno?» gli chiese innocentemente Altair mentre prendeva un paio di biscotti.
«Io pensavo che si bloccasse la schiena solo dopo i settant'anni» continuò Atlas «Quindi, nonno, hai più di settant'anni»
Bellatrix ridacchiò a quella affermazione e si stupì della furbizia che dimostravano i due.
«Non ho settant'anni, ne ho quarantasette e posso benissimo giocare a Quidditch» zittì tutti Rodolphus «In ogni caso, siete piccoli per il Quidditch. Potete fare un giro sulla scopa»
I due bambini si guardarono, come a voler analizzare il patto che il nonno li stava proponendo.
«Accettiamo» concordò Atlas «ma a una condicio...condinio...Come si diceva Al'?»
«Accondizione» lo informò Altair sicuro di sé.
«Esatto, quella cosa lì. Noi accettiamo di fare solo un giro sulla scopa, ma tu, nonno, ci devi leggere una storia» propose Atlas, allungando una mano verso Rodolphus.
«Va bene» rispose quest'ultimo, stringendo la manina del nipote «In ogni caso, si dice condizione»
I due bambini annuirono e ricominciarono a mangiare tranquillamente, felici del patto con il nonno.
Bellatrix scosse la testa e si concentrò sulla sua tazza di tè caldo: Altair e Atlas erano due pesti, ne sapevano una più del Diavolo, ma rendevano Rodolphus spensierato.
«Nonna» la chiamò Altair, che nel frattempo si era seduto sulla sedia di fianco a lei «Possiamo fare una passeggiata insieme? Solo io e te»
Bellatrix lo guardò intensamente e il bambino cominciò a sorridere sinceramente; la donna si alzò e, seguita dal nipote, uscì in giardino.
Cominciarono a passeggiare intorno alla villa.
«Avevi bisogno di me, Altair?»
«No, nonna. Volevo solo passare del tempo con te. Tutti i miei amici in Francia mi raccontano sempre delle loro nonne e per una volta vorrei raccontare anch'io qualcosa» spiegò pragmatico il bambino.
«E cosa racconterai?»
«Dirò che mia nonna è una donna bellissima e che insieme facciamo lunghe passeggiate»***
«Per una volta, avevi ragione» proclamò Bellatrix sdraiandosi di fianco al marito.
Rodolphus alzò un sopracciglio.
«Avevo ragione su cosa?»
«Lo sai...Quella cosa su Altair e Atlas e su un nostro buon ricordo»
Rodolphus scoppiò a ridere e poi le domandò:
«Ti stai affezionando a loro?»
«No, voglio soltanto che stiano bene» concluse Bellatrix «E adesso, Lestrange, lasciamoci andare in inutili sentimentalismi»Angolo dell'autrice
Finalmente, sono riuscita a scrivere questo capitolo e so perfettamente che non accade niente di particolare.
Bellatrix e Rodolphus stringono una sorta di patto su Antares e Cassandra, ma per il momento Bellatrix riesce soltanto a farmi ben volere dai nipoti.
Non so quando riuscirò ad aggiornare.
Buona lettura!
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Una nuova vita
FanfictionE se Bellatrix e Rodolphus Lestrange non fossero morti alla fine della 2ª Guerra Magica? E se avessero pure due figli? I due Mangiamorte riusciranno a scampare ad Azkaban o dovranno prendersi finalmente le loro responsabilità? . . . . . Questa stori...