BABYSITTER

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Il sole è alto e filtra dalla finestra colpendomi dritto in faccia. Ho dimenticato di chiudere le tende ieri sera. Fa già caldo, ma dopo la serata di ieri, ho bisogno di una bella corsa.
Scendo in cucina in boxer e a piedi nudi, per il mio solito succo d'arancia, e mentre bevo, a collo come al solito entra mamma che mi guarda di traverso.

"È un goccio mamma, lo finisco!"

Cazzo, mi è andata di culo, se fosse stata piena la bottiglia avrei dovuto sorbire una bella ramanzina.

"Quello cos'è?" Mi dice indicandomi un morso sul petto.

"Mamma, non è una bua che puoi disinfettare." Devo ricordarmi di mettere la maglia, non vivo da solo qui. Cerco di sviare il discorso

"Vado a fare una corsa, ciao mamma"

Torno in camera, metto pantaloncini corti, canotta e scarpe da corsa e scappo fuori casa con gli auricolari nelle orecchie. Per fortuna domani torno a Yale, al mio appartamento, alla mia privacy, alla mia sacrosanta vita.
Corro da ormai un ora, e ora, mi fermo a bere ad una fontanella lungo la spiaggia, sono sudato da far schifo per entrare in uno qualsiasi dei bar di cui Palm Beach è ricca, oltre alle palme, agli hotel, ai casinò, ai ristoranti e ai negozi. Mi piego poggiando le mani sulle ginocchia per prendere fiato quando un pallone rotola contro il mio piede. Alzo gli occhi e vedo un bambino immobile che mi guarda dal basso.

"Ma tu sei un gigante buono o cattivo?" Mi chiede con aria più curiosa che impaurita.

Sorrido, non mi sarei mai aspettato una domanda del genere.

"Ti sembro cattivo?"

Il bambino mi guarda da vicino e scuote la testa.

"Hai gli occhi buoni."

Io sorrido, quando sento gridare:

"Jess, Jess, quante volte ti ho detto di non correre via da solo?"

Una ragazza arriva correndo, si inginocchia davanti al bambino e lo abbraccia.

"Non farlo mai più. Mi sono spaventata."

"Ho tirato il pallone e ho colpito il gigante buono."

Prendo il pallone e mi raddrizzo sulle gambe,
e il bambino sgrana gli occhi, per lui ero gigante da piegato, figuriamoci adesso che sono in piedi.
Si alza anche lei.

"Mi scuso per lui, non ha fatto apposta ..."

Cazzo, è la babysitter di ieri. Capelli neri legati in qualche maniera, occhiali da vista enormi per il suo viso struccato e penso stamattina abbia indossato i primi vestiti che le sono capitati per mano, non curandosi dell'abbinamento.

"Non è successo niente. Tieni, questo è tuo, campione."

Le dico porgendo il pallone al bambino che sorride sempre con gli occhi sgranati.

"Grazie, mi scuso ancora."
"Siamo pari con ieri"
"Scusa?"
"Non mi riconosci senza sabbia sul corpo?"

Mi fissa un po', si spinge gli occhiali sul naso e poi mi mette a fuoco.

"Sei quello che corre senza guardare dove va!"

Cambia espressione, da riconoscente a ingrata.

"Ehi, ti ho già chiesto scusa, anch'io non l'ho fatto apposta."
"Lui ha due anni e mezzo e stava giocando, tu invece sei grande e grosso e correvi con la tua fidanzata, maleducata tra l'altro, e avresti potuto fargli male.

Prende il bambino in braccio e se ne va, senza lasciarmi modo di replicare.

Che caratterino la babysitter! La guardo mentre se ne va, e devo ammettere che ha un bel fisico slanciato che potrebbe mettere in mostra.


PRENDERE O LASCIAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora