Epilogo

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17 anni dopo

"Non immaginate quanto sia stato duro vivere sotto un regime che controllava le vite altrui" L'insegnante di storia illustrava tutte le vicende passate come se le avesse sperimentate, e in particolare quel periodo storico in cui il Sistema ancora aveva il monopolio della città era tatuato nei ricordi di coloro che l'avevano vissuto sulla loro pelle, perciò per una volta la professoressa avrebbe potuto inserire la sua esperienza personale nella spiegazione.
"È lei che non immagina quanto sia noiosa questa lezione" Bisbigliò una ragazza all'ultimo banco rivolta ad una sua amica che emise un risolino accondiscendente.
"C'è qualcosa di divertente?" Domandò la professoressa alla ragazza che aveva appena riso alla battuta della compagna.
"Ehm, no assolutamente" Controbattè lei ricomponendosi e tornando attenta.
L'aula aveva tutti i banchi occupati e l'aria calda di Giugno colorava i volti degli studenti che volevano semplicemente uscire per godersi quel calore. Alcuni guardavano fuori dalla finestra per evadere con la mente dalla lezione, altri fingevano di prendere appunti mentre in realtà scarabocchiavano su fogli per apparire attenti e infine qualcuno chiacchierava con il vicino di banco. La professoressa però doveva comunque spiegare la lezione, anche se molti non l'ascoltavano perché erano impegnati a fantasticare sulle vacanze estive ormai alle porte.
"Continuiamo allora, nel 2082 la nostra città fu finalmente liberata da cause a noi ancora sconosciute. Ciò di cui siamo a conoscenza però è che in quel periodo c'era stato un grande incendio ed erano previsti altri disastri, perciò il Sistema decise di fuggire e imporre altrove il suo potere. Il consiglio di amministrazione infatti credeva che chiunque si fosse trovato nella città al momento della catastrofe sarebbe morto per mano di essa. Da quello che sappiamo l'organizzazione che aveva il controllo della città lasciò tutti i cittadini qui credendo che non sarebbero sopravvissuti." L'insegnante prese una breve pausa per raddrizzarsi gli occhiali, per girare la pagina del libro di storia e soprattutto alzò lo sguardo per verificare che nessuno fosse distratto, ovviamente non era così ma almeno era finalmente riuscita a racimolare l'attenzione di pochi. Perciò proseguì con la spiegazione:
"Peró non c'è stata nessuna catastrofe, tutt'ora non sappiamo chi o cosa abbia fatto credere al Sistema che fosse in quel modo"
"E allora perché non sono tornati quando hanno scoperto che la città sarebbe rimasta in piedi e nessuno sarebbe morto?" Chiese un ragazzo al primo banco, il figlio del preside, era il più studioso e il più diligente della classe.
"Dopo che i cittadini videro di essere finalmente senza controllo autoritario, si organizzarono per vivere una vita serena istituendo un governo formato da persone della città e cambiando leggi e regole, anche se inizialmente credemmo tutti che l'assenza del Sistema fosse una trappola o una sfida oppure semplicemente qualcosa di momentaneo. Una prima versione dice che l'organizzazione che ci controllava non avrebbe potuto mettere piede nella nostra città perché avevamo ristabilito la nostra nuova vita e saremo stati pronti a viverla a tutti i costi, inoltre loro erano in inferiorità numerica. Si è però scoperto che il Sistema si era già stanziato altrove dopo pochi giorni ed era troppo lontano e nuovamente organizzato in altri piani per tornare."
La campanella suonò esattamente alla fine della frase della docente.
"La prossima è l'ultima lezione perciò termineremo questo argomento" Aggiunse lei mentre tutti gli alunni erano già in piedi.

I corridoi si riempirono di ragazzi ammassati vogliosi di uscire per essere finalmente liberi.
"Non vedevo l'ora di respirare aria fresca, piuttosto che quella stantia e polverosa della scuola" Disse la ragazza dell'ultimo banco alla sua amica mentre camminavano ed a tratti saltellavano sotto braccio.
"Hai assolutamente ragione" Rispose lei sorridendo.
"Hey, aspettatemi" Un altro ragazzo, basso e biondo, si aggiunse alle due; correndo tra la folla di adolescenti per andare verso le ragazze. Si mise accanto alla prima, che disse subito in tono ironico ed amichevole: "Alex è un piacere averti tra noi"
"Simpatica come sempre" Rise lui dandole un colpetto sulla spalla e poi continuò: "Ci siete adesso per studiare in caffetteria?"
"Io non posso perché mi viene a prendere mio padre per andare a casa di mia zia" Rispose l'altra ragazza facendo capolino con la testa per guardare lui.
L'amica in mezzo invece ripose: "Io vengo solo se mi paghi il pranzo".
Tutti e tre risero, sembravano davvero felici. All'uscita di scuola i due amici andarono a studiare insieme mentre l'altra ragazza, rimasta davanti il cancello dell'edificio attendeva una macchina a quattro posti color blu scuro. Dopo poco, il rumore del clacson richiamo la sua attenzione e la giovane salì in auto.
"Ciao principessa, dai un bacio al tuo vecchio" Disse l'uomo al posto di guida abbracciando la figlia.
"Smettila papà, ti potrebbero scambiare per il mio ragazzo per quanto sembri giovane" Rispose lei avvicinandosi al padre per abbracciarlo.
"Puoi chiamare tua zia per dirle che siamo appena partiti?" Domandò lui mentre metteva in moto l'auto.
"Certo ma non sarà felice di sapere che siamo in ritardo"
La ragazza cercò il contatto della zia ed avviò la chiamata. Il tempo di tre squilli e lei ripose.
"Dove siete?" Domandò la donna dall'altra parte del telefono con tono di rimprovero.
"Ciao zia è un piacere parlare con te" Rispose la ragazza divertita.
"Sarah ciao, puoi passarmi quel cretino di tuo padre?"
"Addison cara, sei in vivavoce perciònon parlare male di me!" Rispose lui avvicinando la bocca al microfono per farsi sentire meglio.
"Si può sapere dove siete?"
"Arriveremo tra poco, non preoccuparti" Sarah tentò di tranquillizzarla.
"Tra quanto?" Insisté lei per essere certa dell'informazione che le aveva dato sua nipote.
"Non si sente nulla, probabilmente cadrà linea" Disse lui prendendo in giro Addison in tono scherzoso.
"Luke non fare il cretino" Rispose lei dall'altra parte del telefono per farlo smettere.
Lui tené per pochi secondi solo una mano sul volante ed utilizzò l'indice dell'altra per terminare la chiamata.
"Ma povera zia" Rise Sarah scuotendo la testa.
"Pensa che la sopporto da quasi vent'anni" Disse scostando lo sguardo verso di lei e facendole l'occhiolino. Luke invecchiava pian piano di più, anche se per sua figlia era sempre il super papà forzuto che l'aveva tirata su da solo, con l'aiuto di Addison: non si erano più separati da quando avevano perso Rose.
"La vostra amicizia è davvero bellissima" Sarah poggiò la testa sul finestrino dell'auto mentre immaginava come quei due adulti così diversi tra loro in un passato non troppo lontano potessero essere inseparabili, l'uno la spalla dell'altra.
"Sai tesoro, quando le persone perdono la stessa cosa nello stesso momento si devono far forza tra di loro per andare avanti" Lui spazzò via i pensieri di sua figlia aggiungendo altra curiosità che suscitava altre domande.
"E voi avete perso entrambi la mamma?" Lo guardò lei con gli occhi lucidi che chiedevano risposte.
"Sì, sai già che lei se ne è andata a causa di un incidente stradale" Mentì lui. Non era la prima volta che raccontava diversamente i fatti, anzi per Sarah sua madre era morta perché una macchina l'aveva violentemente tamponata e non c'era stato nulla da fare. Luke non aveva mai accennato dele complicazioni parto, di Bartolomeo o dell'avventura che aveva fatto perdere tutto a Rose. Lui ed Addison si erano accordati di raccontare a Sarah la stessa versione: sua madre era morta in un incidente quando lei aveva solo pochi giorni, per questo non se la ricorda e non hanno nemmeno una foto loro due insieme. Le prime domande a Luke arrivarono quando sua figlia aveva appena quattro anni e lui con il tempo aggiunse i particolari, perché inizialmente quello che disse alla bimba fu: "La mamma è andata via". Per fortuna la ragazza non aveva mai sentito l'assenza della madre, sia perché non aveva ricordo di Rose, sia per il semplice fatto che Addison era da sempre stata una "zia" presente. Sarah sapeva di non essere realmente sua nipote, ma ormai la considerava di famiglia perché sempre da lei veniva trattata proprio come una figlia.
"Ti manca, vero?" Oramai l'oggetto del discorso era stato stabilito: era futile spiegare chi era a mancare a Luke. Come quando sai che qualcosa fa così tanto male ad una persona che non la nomini ma ci giri intorno, la fai intendere.
"Ogni giorno, ma ho te al mio fianco e non immagini quanto io ne sia grato" Rispose lui tirando su con il naso e sorridendo dolcemente.
"Papà, io non voglio avere un bambino se poi non posso stare con lui perché la vita è così infame da portarmi via" Disse Sarah guardando suo padre.
Lui non sapeva come rispondere, cosa dire, come tranquillizzarla. Luke era sempre stato una persona che non riusciva a prendere posizione. Perché intimotito o impaurito di peggiorare la situazione. Con gli anni era migliorato da questo punto di vista, ma non abbastanza per fornire una risposta sincera e schietta in quella situazione. Fortunatamente fu sua figlia a riprendere il discorso: "Peggio ancora potrebbe essere se io restassi sola con mio figlio perché mio marito mi abbandona o se ne va per sempre" La frase di Sarah voleva essere una provocazione scherzosa al padre e la disse con leggerezza mentre si aggrovigliava una ciocca di capelli intorno all'indice.
Luke però rispose in modo serio: "Da giovani si ha l'impressione di avere tutta la vita davanti e se qualcosa di brutto accade si cerca di fuggire senza pensare alle conseguenze. Non immaginerai quante volte cambierai idea sul tuo futuro e quante decisioni che nemmeno consideravi, invece accoglierai." Lui frenò l'auto perché erano arrivati a casa di Addison ed osservò la figlia con occhi dolci, come un autore osserverà la sua opera migliore, come chi osserva il proprio capolavoro, e le disse: "Ho contribuito a donarti la vita, ma tu hai salvato la mia"

Spesso la vita ci mette davanti ad avvenimenti che pensiamo di non poter superare, poi però troviamo la forza in qualcosa, in qualcuno, in noi stessi e scopriamo che le salite da affrontare sono meno faticose se le percorriamo con una persona amata. Ognuno di noi ha le carte del proprio destino in mano e scegliendone una piuttosto che un'altra modifica la propria vita. Non esiste una mossa migliore, ma una che rende più felici e bisogna scegliere la carta che per ognuno di noi è quella che ci rende maggiormente gioiosi e giocarla anche se il match sta andando male, perché non sappiamo quando una persona potrebbe entrare nella partita e stravolgere il mazzo.

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