capitolo 15

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“Perché?” La voce di Rose fu leggera ma con una nota di asprezza.
“Perché?” Ripeté confuso Luke imitando il tono di voce di lei.
“Perché sei qui con me? Perché mi hai seguita?”
“Ma è questo il genere si domande che fai appena svegliata? Chiese lui divertito ma allo stesso tempo incuriosito.
“Si" Lei alzò il lo sguardo verso il suo ragazzo facendo una smorfia.
“Beh fammi pensare… avrei avuto una casa praticamente tutta per me e...”
“Smettila!” Ridacchiò lei e si mise seduta, poi guardò Luke negli occhi e continuò dicendo con tutta la serietà che la contraddistingueva in quelle situazioni: “Non sto scherzando”
“E va bene, ti dirò tutto ma mi sono un po’ offeso perché non me lo hai chiesto prima” Disse lui trattenendo un sorriso e passandosi la mano tra i capelli.
“Avanti" Rispose lei mentre si dondolava avanti ed indietro come un bambino mentre attende la favola serale dal nonno.
“Nessuno sceglierebbe di vivere con la mia famiglia, io ci sono semplicemente capitato.”
Rose voleva che lui si spiegasse meglio e stava per chiederglielo, ma poi capì che Luke avrebbe continuato quando se la sarebbe sentita.
“Ti starai sicuramente chiedendo cosa voglio dire, vero?” Sembrava come se potesse leggere nel pensiero di Rose. Senza darle il tempo di rispondere proseguì a parlare: “I miei genitori credevano di poter salvare un matrimonio in crisi facendo un figlio, poi hanno avuto me ma hanno continuato a litigare, probabilmente anche più di prima. Ogni motivo era buono per urlarsi contro. Ero il tipico bambino non amato che partecipava a recite scolastiche ed alle partite di basket ma senza genitori che si presentavano. L'unica mia salvezza era mio zio, perché per me avrebbe fatto qualsiasi cosa. Mi accompagnava a tutti gli impegni che un bambino poteva avere e mi riportava a casa; quando i miei litigavano di brutto restavo da lui a dormire per non dover vedere mia madre e mio padre distruggersi a vicenda. Lui si occupava di me, è stato il mio miglior amico, la mia roccia, la mia salvezza.” La voce di Luke si indurì e distrutto visibilmente dal dolore proseguì: “Poi mio zio è morto. Il Sistema gli aveva concesso di vivere fino ai 57 anni, e quella è stata l’età in cui se ne è andato.” Lui guardò Rose negli occhi, era ormai spoglio della corazza che portava, si era mostrato così come semplicemente era, e le disse: “Sai, quel terribile giorno avevo 14 anni ed è da quando me lo hanno portato via che sogno di andarmene, lui era la sola ragione per cui non sono scappato via di casa. Ho promesso a me stesso che appena ne avrei avuto l’occasione avrei vissuto da solo e poi ho incontrato te, ci siamo innamorati e mi hai chiesto di mollare tutto per seguirti. Io non avevo nulla da lasciare, ero schifosamente solo. Lo zio sicuramente mi ha protetto anche da lassù perché mi ha fatto conoscere una ragazza stupenda. Oggi, quando ti guardo vedo mio zio quindi grazie, grazie di essere così, grazie di avermi fatto innamorare e di farmi ricordare ogni giorno il motivo per il quale sono ancora vivo, grazie per permettermi di sentire mio zio più vicino.” Una lacrima, una sola solcò il volto di Luke, nel momento in cui fu più vulnerabile.
Rose non sapeva davvero come consolarlo: era sempre stata lei quella a ricevere conforto dagli altri, ad essere aiutata e tranquillizzata, così si limitò ad abbracciarlo ed a stringerlo forte come non avevano mai fatto i genitori assenti di cui era figlio.
 
Dopo quella conversazione pesante che districò nodi dolenti, i giorni volarono e le settimane passarono in fretta. Ormai i due adolescenti erano riusciti a dividersi le mansioni della casa (lui faceva la spesa e puliva, mentre lei “cucinava” e si occupava del bucato). Inoltre Luke riusciva ad andare scuola la maggior parte dei giorni, e gli capitava spesso di incontrare Addison per i corridoi che lo tempestava di domande come: “Oggi hai visto Rose?”, “Hai parlato con lei recentemente?” , “Mi dici la verità quando affermi di non sapere nulla?”. Ovviamente lui rispondeva sempre in modo vago dicendo ogni volta di non sapere nulla, ma ultimamente si sentiva sempre più oppresso dai continui sospetti che lo riguardavano e quasi gli dispiaceva mentire ad una sua “amica". Rose invece si era sempre più lasciata andare alla pigrizia e spesso non riusciva ad alzarsi dal divano per ore.
“Ciao sono tornato, ho comprato qualcosa al supermercato?” Disse Luke mentre rientrava a casa da una devastante mattinata di scuola e domande sospette da parte di Addison.
“Bentornato” Rispose lei con voce fiacca mentre abbozzava un sorriso spento.
“Va tutto bene?” Luke era visibilmente in pensiero anche se Rose non era mai stata frizzante nell'ultimo periodo.
 “Mi sento solo un po’ stanca"
“Bisognerebbe chiamare un dottore”
“No" Il tono di lei divenne più rigido.
“Non voglio vederti così…”
“Sto bene, davvero. Ti ho solo detto che non sono perfettamente riposata"
“Okay, va bene. Hai fame? Ho comprato della pizza che sembra buonissima ma soprattutto…”
Rose iniziò a contorcersi mentre Luke continuava a parlare non notandola. Il dolore persisteva da giorni ma solo in quel momento provocò visibile sofferenza. La ragazza si alzò in piedi, corse in fretta e sparì nel corridoio. Luke che non si era accorto di nulla prima, la raggiunse allarmato e molto spaventato.
Ed eccola lì, piegata a terra in bagno con capelli stretti fra le dita e la faccia nel gabinetto. Un forte odoraccio pervadeva la stanza.
“Che succede?” Luke non sapeva come aiutare Rose.
“Passami della…” Un conato sospese la frase.
“Vado a prendere qualcosa per pulirti"
Luke corse in cucina e impacciatamente agguantò qualche tovagliolo dal tavolo.
“Ecco, tieni" Lui porse la carta a lei mentre le teneva i capelli per permetterle di pulirsi.
“Sto male" Confessò Rose, anche se Luke lo aveva già capito.
“Lo so"
“Ho paura."
“Sarà solo influenza."
Rose iniziò a singhiozzare, prima silenziosamente ma poi il suo pianto divenne stremato e riempì il  bagno di suoni strazianti.
“Va tutto bene" Luke cercava di tranquillizzarla accarezzandole la nuca scoperta dai capelli.
“Questo è il terzo sintomo di gravidanza che ho, quindi non va decisamente tutto bene." Rose era così spaventata che risultò come arrabbiata con il ragazzo. Era troppo per lei, non sarebbe riuscita a sostenere un peso del genere.
Luke la osservò con tenerezza mista a terrore: mentre le sue labbra disegnavano un sorriso appena visibile, i suoi occhi erano rimasti impietriti.
“Credo proprio che sia arrivato il momento di fare venire Addison”
“Se.. la.. prenderà con te.. se scoprirà… che le… hai… mentito" Rose non riusciva a scandire bene le parole a causa dei singhiozzi del pianto che provava a  soffocare con tutta la poca forza che le rimaneva.
“Shhh… non importa.” Lui continuava a riempire la ragazza di carezze sul viso e sulla testa.
“Vado a prendere il telefono per chiamare la tua amica e le chiedo di comprare un test, va bene?” Continuò Luke per avere una riposta di conferma.
Rose acconsentì annuendo leggermente.

Addison irruppe nel bagno (dove Rose era accasciata a terra) circa una mezz’ora dopo, ma la sua presenza fu percepita qualche secondo prima del suo effettivo arrivo perché la ragazza urlò parole agitate mentre percorreva il corridoio della casa.
Vedendo l'amica seduta sul pavimento e in condizioni pessime, Addison scaraventò via la borsa e si precipitò da Rose con le lacrime agli occhi: “No, no, no questo non doveva capitare. Come stai? Ti prego reagisci. Mi avevi detto che andava tutto bene e poi Luke mi ha telefonato impanicato e io, io…” Parole come queste furono accompagnate da un plateale movimento delle braccia e ad un visibile sconforto.
“Hai preso il test di gravidanza?” Rose non aveva la forza per tranquillizzare l'amica.
“Ecco" Addison rovistò tra gli oggetti nella sua borsa e tirò fuori una scatoletta rettangolare.
“Potete uscire." Un fil di voce pronunciò quelle due parole poco convinte.
“Non devi farlo da sola" Intervenne Luke.
“Noi rimarremo qui con te tutto il tempo necessario”
Rose non disse nulla ed aprì il test di gravidanza, dopo aver letto le istruzioni ed averle eseguite poggiò il bastoncino sul lavandino.

I 5 minuti di attesa per l'esito furono interminabili, in 300 secondi il futuro di Rose sarebbe stato completamente diverso, sia se il test avesse segnato una sola tacca (perché gli attimi di terrore causati dall'ignoto l'avrebbero cambiata per sempre), sia se sul bastoncino ci fossero disegnate due tacche (perché erano il campanello di una gravidanza).
I minuti prestabiliti trascorsero, anzi prima che Rose controllasse l’esito del test passarono circa 15 minuti: era terrorizzata, ed anche se al suo fianco c’erano Addison e Luke era spaventata. Il bambino sarebbe stato suo figlio e lei sua madre, perciò in quel momento che ci fossero o no il suo ragazzo e la sua migliore amica lì con lei era indifferente. Fu proprio uno dei due a dare il test a Rose, senza guardarlo prima, senza scoprire per primo se fosse positivo o meno.
“Credo sia il momento” Le disse dolcemente Addison.
“Non sarà mai il momento” Rispose lei all'amica.
Le due si scambiarono uno sguardo d'incoraggiamento a vicenda mentre Luke era rimasto sullo stipite della porta a braccia conserte: non riusciva ad aiutare Rose, non sapeva cosa fare, cosa dire e come comportarsi.
La ragazza stava per guardare il test quando Addison le fermò la mano. Rose si girò verso di lei non capendo cosa intendesse fare l'amica.
“Se è positivo cosa farai?” Domandò lei aumentando il terrore negli animi.
Luke prese finalmente la parola e cominciò a rivolgersi ad entrambe: “Credo che sia opportuno prima vedere il risultato; non è il caso di fasciarsi la testa prima di rompersela. Rose non preoccuparti ora di…”
“Lo tengo” Lo interruppe lei prontamente, come se alla risposta ci avesse già pensato da quando si era manifestato il primo sintomo.
Sembrò quasi che quel tempo in più che si prese dopo aver fatto il test le fosse servito per riordinare le idee, per prendere una vera decisione.
“Dobbiamo pensarci bene…” Disse lui guardandola negli occhi.
“Ci ho già pensato" Rispose lei senza smettere di fissare i lucidi occhi di Luke e poi come si fa quando si strappa un cerotto, girò il bastoncino con l'esito e ci posò lo sguardo. Fu un’azione improvvisamente rapida, svelta e scattante che acconsentì alla visione di un test di gravidanza positivo.

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