capitolo 17

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Le urla di Rose furono udibili anche all’esterno dell’abitazione, probabilmente se un sorvegliante armato del Sistema fosse stato nei paraggi per la ronda, avrebbe scoperto tutto. Avrebbe saputo che un bambino fin da sempre tenuto nascosto stava nascendo, avrebbe controllato le cartelle dell'unico ospedale in città, poi avrebbe compreso tutto: quel neonato semplicemente non esisteva, perché non era mai stato visto, e sua madre era la figlia di un uomo e una donna che avevano cercato di infangare le dure regole del Sistema.

L’amica di Jane, ormai ostetrica, portò tutto il necessario per svolgere il parto in quella casa piena di ricordi infelici. Fu il luogo del primo incontro tra Rose e suo padre, ma fu anche lo scenario del sequestro di Bartolomeo, di momenti gioiosi tra due giovani innamorati e della nascita concreta del loro amore. Le pareti di quel luogo videro Addison correre per raggiungere la sua amica sofferente e per portarle un test di gravidanza, videro Luke piangere dove nessuno poteva udirlo e videro le guardie del Sistema che aprivano cassetti, spostavano mobili e persistevano nel chiedere al proprietario di casa dove fosse il famigerato e scomparso libro delle profezie. In quelle stesse pareti che tenevano in piedi la casa penetrava la voce straziante di Rose mentre gridava per il dolore, lei aveva sempre sofferto, però mai era riuscita ad espiantare fuori quel dolore che la lacerava internamente, ma in quel momento era il suo corpo ad essere messo a dura prova e lei gridava e si lamentava per il dolore del parto. Forse un po’ di quella voce lacerante la usò per comunicare tutta la sua sofferenza interna, le decine di sensazioni che ha dovuto subire in vicende strazianti del passato, ma che non era mai riuscita a raccontare pienamente a nessuno.

“Stai andando bene" Addison cercava di tranquillizzare la sua migliore amica in un momento così difficile, mentre le stringeva forte la mano.
Luke rimase lì accanto ma dalla sua bocca non uscì nulla. Si limitò a prendere l'altra mano di Rose ed a tenerla. Non era una presa salda, una presa che comunica sostegno e conforto ma era un tenere la propria mano su quella di qualcun altro perché ci si sente in colpa, perché si ha paura del futuro e un po’ anche perché si è obbligati a farlo in quanto tutti si aspettano che tu lo faccia.
“Resisti ancora un po’! Non mollare!” La grinta e l'empatia che quella specializzanda impiegò per aiutare Rose le avrebbero certamente aperto la strada per un futuro roseo da ostetrica.
La giovane dottoressa non aveva altre persone ad assisterla e cercò di bloccare la fuoriuscita di sangue da sola.
“Rose, devi spingere di più” Incomprensibile fu l’impassibile e improvvisa asprezza nella voce del medico.
La ragazza impiegò tutte le sue energie per un'ultima spinta accompagnata da un urlo dolente.
Poi tutti cessarono di  preoccuparsi, di temere, di parlare e di piangere. Una bimba gracile aveva appena messo piede nel mondo e con il suo grido alla vita zittì tutti. Subito l'amica della giovane madre prese il neonato e lo avvolse in un morbido asciugamano.
“Guardate tutti la mia nipotina" Addison sfoggiava un sorriso di fierezza e gratitudine accompagnato da lacrime di gioia.
Rose non replicava sua figlia, non chiese di vederla, di prenderla in braccio, di averla.
“Hey guarda c’è la mamma" Fu la dottoressa a parlare mentre porgeva la bambina a sua madre.
Qualcosa non andava.
“È bellissima” Addison prese dalle braccia dell’amica di sua sorella il neonato, e avvicinandosi a Rose tentava di invogliarla a guardare la piccola.
Rose avrebbe voluto toccare sua figlia, baciarla dolcemente e proteggerla. Aveva deciso che non l'avrebbe data in adozione a nessuno; aveva stabilito che nessuno si sarebbe messo tra loro due, nemmeno Luke e aveva giurato che avrebbe amato quella figlia in modo incondizionato. Rose esalò il suo ultimo respiro un attimo dopo aver visto la bambina. Era riuscita a guardarla per un solo secondo.
Il destino era scritto, la profezia si era compiuta o era stato il susseguirsi di eventi puramente casuali a trascinare la giovane ragazza alla fine da cui disperatamente fuggiva?

Addison capì l'accaduto solamente dopo aver scosso Rose più volte senza ricevere nessuna riposta. Un pianto disperato uscì dalla sua bocca e più si disperava, più la voce usciva in modo lacerante, furono gemiti strozzati e atroci che portarono la ragazza a gettarsi a terra sul corpo dell'amica senza vita.
La dottoressa afferrò la bambina e la strinse per preservarla dalle grida penetranti. Luke tenne la mano su quella di Rose dall’inizio del parto, ma solo in quel momento la strinse sul serio. Proprio lui che non riusciva mai a mettersi in gioco, che preferiva restare in disparte perché il timore di non sapere come agire lo rendeva freddo e distaccato, afferrò in modo saldo la mano della sua ragazza come se lei potesse sentirlo. Poi in con le lacrime agli occhi prese con decisione sua figlia in braccio, perché l'uno aveva bisogno dell'altra. Una bambina appena nata aveva perso sua madre da poco, senza mai conoscerla e in quel momento aveva semplicemente bisogno del calore di un genitore, che solo Luke poteva darle. Nessuno l'avrebbe amata al posto suo, né protetta.
La piccola neonata aveva bisogno di suo padre quanto lui necessitava di averla al suo fianco.
 
 
 
La pioggia picchiettava sui finestrini dell'auto e i tergicristalli cercavano di spazzare le piccole goccioline via, per far spazio alla strada. Addison spalancò lo sportello e aprì un vecchio ombrello verde scuro. Ritornare in quella casa le provocava un vuoto incolmabile, tutto era cambiato da un momento all'altro.
L’indice della ragazza premette il campanello della porta per qualche secondo: voleva esser certa che il tintinnio si sentisse.
“Chi è?” Una gracile voce rispose dall'interno dell'abitazione.
“Sono Addison” Rispose lei a bassa voce.
L'anziana signora aprì leggermente la porta e si avvicinò allo scorcio per verificare che quella fosse realmente la migliore amica di sua nipote. Dopo questo gesto preso per precauzione, la porta fu finalmente aperta. La nonna di Rose indossava una vestaglia blu notte molto pesante, dello stesso colore erano le sue pantofole invernali. Da quando Addison l'aveva vista l'ultima volta, quella signora sembrava invecchiata a dismisura; non a causa del troppo tempo passato tra una visita e un’altra, ma perché la solitudine era lo sfondo della vita dell'anziana e l'unico contatto che aveva con il mondo esterno era attraverso la televisione in salotto.
“Oh ciao cara, entra pure" Disse la proprietaria di casa con voce tenera.
“Veramente non volevo disturbare, semplicemente immaginavo di doverle comunicare che Rose è andata via" Addison aveva pensato molto a cosa dire, se era necessario raccontare la verità o meno e non poteva farlo nella casa dove abitava la sua migliore amica morta: troppi sensi di colpa, troppi ricordi che la spingevano a dire come erano andate realmente cose a Rose.
“Dov’è ora" La voce dell’anziana si fece più grave, perdendo il brio che la contraddistingueva.
“Voleva andare fuori città, come tutti sappiamo dopo ciò che è successo prima a sua madre e poi a Bartolomeo aveva bisogno di una pausa dai ricordi che le suscitava questo posto"
“Però adesso dove si trova la mia bambina?” La nonna di Rose tagliò corto, aveva gli occhi lucidi.
“È in periferia e tra poco andrà via da qui ma non so dove" Addison soddisfò il bisogno di sapere dell'anziana con un’informazione abbastanza vaga.
“Come? Nessuno può uscire dalla città! Si farà uccidere" La signora che era rimasta sul ciglio della porta si avvicinò le mani al volto e iniziò a piangere silenziosamente.
Addison si avvicinò all'anziana e impacciatamente le avvolse le braccia intorno, mentre tentava di tranquillizzarla: “Sarà prudente e andrà bene…”
“Convincila a non andarsene" Questa proposta metteva a repentaglio le bugie ben impilate per nascondere la dura verità. Se Addison avesse accettato, la nonna di Rose avrebbe nutrito la speranza nel rivedere la nipote, ciò non poteva essere permesso.
“Rose non cambierà idea, ci ho già provato" La ragazza tentò di essere meno fredda possibile.
“Non voglio che muoia" La signora avvicinò la giovane a sé.
“Non morirà” La voce tremolante che accompagnò questa frase era l'anticipazione di una cascata di lacrime, ma Addison non poteva permettere di fallire nel suo compito, così aggiunse: “Devo andare" .
“Di già? Ma… ma tornerai?” L'anziana non poteva restare ancora sola, aveva bisogno di qualcuno che fosse la sua ancora. Purtroppo Addison era la persona sbagliata perché stava affondando sempre più velocemente e non avrebbe potuto aiutare nessun altro se non sé stessa.
“Verrò di nuovo e molto presto"
La nonna di Rose strinse forte la ragazza, quasi come fosse sua nipote.
Addison si girò e riaprì l'ombrello, ma a metà del cortile si voltò verso l’abitazione e vedendo che l’anziana era ancora sul ciglio della porta le disse: “Rose… se non si fosse chiamata così, quale sarebbe stato il suo nome?” Questa fu l'unica frase uscita dalla bocca di Addison che non aveva preparato, apparì come una domanda spontanea.
“Mi stai chiedendo su quale nome eravamo indecisi per Rose?” Rispose l'anziana visibilmente confusa.
“Sì” Addison rimase immobile nel mezzo del giardino mentre attendeva una risposta.
“Che domanda strana… beh, io volevo chiamarla Sarah, ma sua madre adorava i fiori e decise di chiamarla Rose.”
“Grazie.” Addison si voltò di scatto e tornò nell'auto dove Jane l'aspettava.

L’anziana non le chiese mai il perché di quella curiosa domanda e fu meglio così, perché Addison non poteva rivelarle la reale risposta.
 

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