16 "Vedrò il sole con te"

229 16 1
                                    


Milano












Bianca

Le rivoluzioni si fanno anche in amore: chi l'avrebbe mai detto che in una città enorme come Milano,avrei trovato un bellissimo paio  di iridi pure e chiare come quelle di Filippo?

Il destino a volte è semplicemente meraviglioso: l'amore lo è di più.

Sto aspettando Filippo nello spogliatoio: in cuor mio spero che venga anche Lorenzo, in fondo è diventato il mio migliore amico in così poco tempo ed io non sono pronta a lasciarlo andare così, di botto. Se non ci seguisse, farò di tutto per ripoterlo alla vita vera, per tirarlo fuori da qui e renderlo felice.

"Ciao Bianca, io vado che si è fatto tardi...domattina cerchi di arrivare un pelo in anticipo, grazie" sorride Walter mentre sistema lo zaino in spalle.

"Buonanotte Walter, a domani" ricambio, sistemandomi la gonna in velluto che indosso.

Dieci minuti da...ora! Filippo ha dieci minuti esatti per muoversi fra i corridoi, cambiarsi qui con me e scappare da questo luogo macabro e incivile. Sono sicura che senza alcun dubbio in meno di due minuti sarà qui, però nonostante io l'abbia promesso, sono ansiosa come mai in vita mia. Qualche secondo dopo, la porta dello spogliatoio si apre in maniera improvvisa, tanto che sobbalzo dallo spavento,ma poi lo vedo e mi rassicuro un pelino.

"Madame, sono in ritardo?" domanda mentre indossa ancora gli indumenti della struttura.

"No...cambiati, io mi giro" mormoro mentre gli passo degli abiti che, devo ammettere, ho rubato nella lavanderia sotto casa mia. Spero che gli vadano bene e che lo rendendo perlomeno accettabile per sembrare civile.

Volto lo sguardo alla parete, mentre con la coda dell'occhio vedo la schiena piena di ferite fresche, alcune colano ancora di dolore e sangue. Dovrei medicarlo, perchè non sono ferite da sottovalutare ma adesso non c'è tempo per nulla, nemmeno per vivere perchè se qualcosa andrà storto entrambi finiremo in galera. Lui si volta e mi sorride. Indossa un maglioncino nero a collo alto che gli sta divinamente, un paio di jeans a zampa e degli stivaletti di pelle. Il cappotto onestamente l'ho dimenticato in quella lavatrice abbandonata a se stessa, in compenso ho raccattato una sciarpina di lino bianca che si lega al collo. Un paio di occhiali da sole rosa e oplà, come nuovo. So già che sembreremo una coppia di tossicodipendenti però io me ne frego, perchè lui sorride e mi prende per mano, rendendomi forte e sicura di me come un'aquila.

"Andiamo, vieni..." mi sorride.

Ci muoviamo svelti, come ghepardi in una savana, come chi fa le rapine in posta la domenica mattina, come gli amanti. Ma io sento la vita scorrere fra le vene quando vedo, davanti a noi la porta d'ingresso di questo stra maledetto posto.

"Bianca, buonasera" mi si para davanti Martina. In carne ed ossa: io sbianco, andando ovviamente nel pallone.

"Buonasera signora...sto andando via, come mi aveva ordinato"

"La volevo salutare di persona e ringraziare per il lavoro che ha svolto con noi...questo ragazzo è?"

"Oh, mi permetto di presentarle Lucas, è il mio ragazzo ma sa, non parla italiano perchè è francese..."

"Oh, allora vi lascio andare. Buona fortuna per tutto"

"Arrivederci"

La donna ci lascia andare mentre, svelti usciamo dalla struttura. Sento l'aria fredda che ci abbraccia, rilasciando un calore devo dire inaspettato. Lui mi osserva, mentre mi fa fare una giravolta su me stessa e canticchia una canzone francese. La sua voce è stupenda e mi chiedo se davvero sia sua, incredibilmente dolce.

"Mi porti alla fermata della metro?" sorride mentre iniziamo a camminare lentamente, tanto non siamo in ritardo e anche se lo fossimo, la vita non ci supererà, non più.

Una volta sul tram, ringrazio il cielo non ci sono molte persone e quelle poche che ci sono, ci guardano male. Ma a me non interessa, perchè una volta preso posto guardo lui, che mi fa sentire perfettamente in linea con la vita. Che quasi mi collassano entrambi i polmoni quando mi passa una mano sul viso, spostando una ciocca di capelli e portandola dietro l'orecchio. Vorrei baciarlo ma sono sicuro che attireremo l'attenzione persino del guidatore, dunque evito e gli accarezzo la mano che delicato posa sulla mia gamba.

Arriviamo alla fermata, passiamo il biglietto nell'apposito lettore e arriviamo sotto casa mia, ovviamente non prima di aver comprato le ultime focaccine nella panetteria sotto casa. Le fa una signora che non parla mai, non penso sia italiana, eppure sono di un soffice che nemmeno in centro le fanno così. Entriamo in casa, nella mia piccolissima dimora; una cucina modesta, una enorme camera da letto che ha un piccolo balconcino e un bagno con una cosa che ho sempre sognato, una vasca da bagno.

"Che bella casa tua...sembra un piccolo orto, pieno di piantine" sorride

"Uh...io adoro le piante, sono una delle passioni più grandi che ho"

"Wow...questa cucina è enorme!" sorride, mentre passa una mano sul tavolo rotondo in legno

"Ti piace davvero?"

"Sì...dai, fammela girare tutta" io sorrido, gli prendo la mano e gli mostro tutta casa mia, in ogni piccolo dettaglio: dalle tende, ai vasi che ho dipinto a mano, alla mia collezione di sciarpe di ogni genere e tessuto,alle mie pantofole con i pon pon, ai fiori che tengo accanto alla vasca da bagno, alle candele profumate che conservo nel comodino. Lui sembra drogato da tutto ciò, come se non avesse mai visto nulla di tutto questo, come se non avesse mai davvero osservato la vita.

Ci ritroviamo così alle undici di sera, con delle focaccine unte alle olive ma buonissime, mentre sfoglio il Corriere della Sera con i suoi occhiali da sole e cerco un nuovo posto di lavoro. Lui canticchia qualche canzone di un certo De Andrè che è molto in voga in questo periodo, ma che io ovviamente non conosco per niente. Mi ritrovo a vivere,  con la consapevolezza di non aver vissuto fino a quel momento.

Dopo mezz'ora, sono stanca morta: non parliamo molto ma non ce n'è bisogno in certi casi. Io vado in bagno a cambiarmi indossando la mia solita camicia da notte lunga fino alle ginocchia, poi sistemo i capelli in due trecce per lasciarli ordinati domattina.

Torno in stanza e mi rendo conto di non aver proprio nulla da dargli come pigiama e che è costretto a dormire in jeans. Non appena elimina la maglietta io corro ad osservare le ferite sulla schiena.

"Aspetta, devo sistemare qui..."

"Bianca, davvero non mi fa male..."

"Ma a me sì"

"Grazie per prenderti cura di me..."

Con l'aiuto di qualche garza e benda, sistemo il dolore sulla sua schiena: la pelle è ormai lacerata, colma di cicatrici più chiare rispetto il colore del suo epidermide. Le mie dita accarezzano piano la pelle, mentre dei brividi lo vestono completamente. Lui sospira mentre si volta, dolce. Io mi affretto a spegnere la luce. Ho sempre paura di mostrarmi troppo, al buio le insicurezze non si vedono.

"Da che parti dormi?" chiede, imbarazzato

"Questa qui...a te va bene?"

"Sì...io però non ho mai dormito con una donna..." ammette

"Nemmeno io ho mai dormito con un uomo ma...non sarà male ecco..."

"Non credo..."

Uniti sotto le lenzuola. Mentre al buio io ricerco la sua mano. Uno di fronte l'altra, mentre lui mi canta una buonanotte in francese. Vorrei chiedergli come fa a conoscere questa lingua così complicata, dirgli di raccontarmi di lui di nuovo, che ormai è al sicuro ma, riesco solo a chiudere gli occhi e sognare col cuore aperto.

Psycho (Irama Plume)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora