Capitolo 3

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Jotaro portó il ragazzo più piccolo in giro per il quartiere in modo che potesse ambientarsi al meglio. A questo ultimo peró gli brontoló lo stomaco.
"e per finire questo è il supermercato non aspettarti che ti faccio io la spesa, sei grande e vacinato e puoi fartela anche da solo....era il tuo stomaco quello?"
"si ehm...sai non mi hai lasciato nemmeno il tempo di fare colazione stamattina"
"se ti aggrada conosco un posto qua vicino dove potremmo mangiare, certo non è un posto di lusso dove di solito sei abituato ma potrebbe andare"
"wow, è la prima carineria che fai nei miei confronti da quando sono qui potrei anche abituarmici" gli disse sorridendo prendendolo in giro.
"non fraintendermi damerino, non sei l'unico qui a non aver mangiato".
Entrambi raggiunsero il ristorante conosciuto dal moro. In effetti era così, non era minimamente paragonabile ai posti che frequentava Kakyoin, dove ci si doveva vestire in un certo modo e seguire determinate regole di buona educazione. Quella vita, che lui stesso peró trovava stretta. Presero posto al tavolo all'aperto, e Jotaro si accese una sigaretta.
"stai scherzando? Mi stai intossicando con quella merda spegnila" disse Kakyoin tossendo. Il più grande non fece in tempo a ribattere che arrivó il cameriere intenzionato a prendere le ordinazioni.
"signor Kujo, è un piacere averla di nuovo qua e vedo che è in piacevole compagnia come posso servirla?"
"prendo il solito, anche il mocc- ehm il ragazzo"
"benissimo allora"
Kakyoin  guardó Jotaro in malomodo, irritato per aver scelto al posto suo.
"che c'è perché mi guardi in quel modo? Anche se ti avessi fatto scegliere non avresti capito una mazza, non è il solito cibo che sei abituato a mangiare figlio di papà"
"non pensi di starmi giudicando un po' troppo?" chiese irritandosi di più.
"vuoi dirmi che non è così? Mi chiedo ancora perché sei venuto dall'altra parte del mondo"
"te lo ho già detto!" rispose il rosso spazientito per poi continuare.
"comunque non sono affari tuoi se so cavarmela o meno, l'unica cosa che mi serviva era un posto dove stare, pago l'affitto penso che sia più che sufficiente non devo di certo fare amicizia anche con te"
"questo è poco ma sicuro" Con queste parole il rosso sentì una fitta al petto e il suo volto farsi più cupo. Perché quella frase lo aveva  toccato nel vivo? Ora non solo si sentì provato perché il moro in poche parole gli aveva dato dell'incapace, ma provó anche un senso di tristezza. Finalmente arrivarono le loro ordinazioni e il minore si riprese dai suoi pensieri che lo avevano distratto per qualche minuto. Si ritrovó davanti un piatto fumante. Kakyoin lo guardó stranito.
"assaggiarlo, fidati che è buono" gli disse  come se gli avesse letto nel pensiero. Ne prese una forchettata e se la mise in bocca, aveva ragione era buonissimo pensó il ragazzo. Ma per motivo di orgoglio rispose solamente
"si accettabile"
"lo so che stai mettendo, te lo si legge in faccia" disse abbozzando un piccolo  ghigno.
I due consumarono il pasto in religioso silenzio, e fu altrettanto per il viaggio di ritorno. Kakyoin decise di ignorarlo deliberatamente, ancora adirato dalla  pseudo discussione avuta con il suo coinquilino. Tornato a casa si buttó a peso morto sul divano stanco della mattinata appena passata.
"senti io ora sto uscendo vado a fare lezione, vedi di non ridurre la mia casa un porcile" disse il moro sbattendo la porta dietro di sè non dandogli tempo nemmeno di rispondere.
Il suo telefono squilló e incurante di guardare chi fosse a chiamarlo rispose al telefono.
"Noriaki Kakyoin"
"papà?!" improvvisamente la sua stanchezza svanì, lasciando spazio ad altri sentimenti più ostili.
"che cosa vuoi?!"
"voglio che torni a casa"
"non ci penso nemmeno,te lo ho detto non sono più un bambino questa è la vita che voglio fare... "
"si quella sbagliata non è questo il futuro che ti aspetta, non è questo quello che avevo in mente per te"
"scusa?! Ho passato diciassette anni della mia vita a seguire le tue regole...ho aspettato questo momento da una vita..."
"dove vivi ora?!"
"non sono affari tuoi..."
"Noriaki te lo ripeto un ultima volta... Torna a casa"
"no papà... Ho fatto la mia scelta"
"te ne pentirai"
"VA AL DIAVOLO!!!" 
il rosso, preso dal ira chiuse la chiamata, e scaraventó il telefono facendolo in mille pezzi. Copiose lacrime iniziarono a scendere rigandogli il viso. Era stanco, stanco di quella vita che aveva vissuto. Pensava che trasferendosi avrebbe potuta lasciarsela alle spalle, ma si sbagliava. Non solo quel giorno si è sentito dare del buono a nulla da una persona conosciuta da appena due giorni, ma ci si metteva anche suo padre.
Poche ore più tardi, preso da un estrema noia dopo aver fatto zapping in televisione, si ricordó del pianoforte presente nel salotto e decise di suonarlo. Si avvicinò lentamente, passando le dita sui freddi tasti, al tocco li vennero in mente un sacco di ricordi, di lui e sua madre, che ora non c'era più. Era lei che gli aveva insegnato a suonarlo adorava quei momenti, momenti che custodiva gelosamente, gli unici che ricordava. Preso dal momento si sedette e come per magia le mani iniziarono a muoversi da sole sul piano. Producendo suoni armoniosi, delicati.
Nel frattempo Jotaro mentre stava per inserire la chiave nella serratura sentì la melodia.
"ma che diavolo... Questo è il mio pianoforte"disse sussurrando e senza farsi sentire, aprì lentamente la porta cercando di fare il meno rumore possibile. Rimase sbalordito nel vedere il ragazzo più piccolo. In estasi, rimase ad ascoltarlo in silenzio. Quando finì istintivamente il moro applaudì, facendo trasalire dallo spavento Kakyoin.
"complimenti moccioso, non sapevo sapessi suonarlo" disse cercando di nascondere il più possibile il suo stupore.
"m-m-i dispiace scusami, mi hai spaventato Jotaro" disse mettendosi una mano sul cuore.
"e per cosa? Oramai quel pianoforte è inutilizzato anzi mi sono stupito che funzionasse ancora" il moro vide i resti per terra.
"deve averti chiamato satana per averti fatto ridurre in mille pezzi  quel telefono"
"più o meno"
"per fortuna ti avevo detto di non rendere una merda sta casa"
"scusa"
"chi era?"
"mio padre"
Non gli ci volle molto a capire che il ragazzo non andasse molto d'accordo col padre, e Jotaro da una certa parte, dal profondo lo capiva, anche per lui i rapporti con la figura paterna gli furono difficili. Così cercó di alleggerigli la situazione.
"hai fame?"
"ovvio"
Kakyoin ne fu grato.

Un appartamento per due (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora