Qualcosa di stregato

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Stagione 1 - Episodio 18



Era diretta a Fitchberg, nel Wisconsin. In realtà avrebbe preferito di gran lunga continuare a seguire John, esattamente come aveva fatto nelle ultime settimane, più che altro per essere sicura che non fosse in pericolo. Ma era stato lo stesso signor Winchester a mandarle le coordinate per quella missione e forse lei aveva bisogno di un po' di azione dopo giorni e giorni in cui rimaneva ad osservarlo fare il suo lavoro da dietro le quinte. Chissà, forse l'uomo si era accorto della sua inseguitrice e aveva pensato bene di darle qualcosa su cui lavorare.

Non sapeva con esattezza cosa l'aspettava a Fitchberg, ma l'istinto le diceva che se John le aveva mandato le coordinate, voleva dire che era qualcosa che la riguardava da vicino. Con quel pensiero in testa diede gas ruotando la manopola destra del manubrio e sgommando sulla superstrada.

Arrivata alla cittadina, si diresse subito all'unico motel disponibile.

«Vorrei una camera per favore.» disse, poggiando la mano sul bancone.

«Per quanto tempo? – domandò una donna coi capelli scuri che, subito dopo si voltò indietro urlando – Michael ti ho detto di mettere in ordine!»

«Ma ha disordinato Asher!»

«Non m'importa chi l'ha fatto, sistemate! – gridò di nuovo – Mi perdoni, i miei figli sono due vere pesti.»

«Non si preoccupi. – rispose lei con un sorriso – Magari hanno solo bisogno di uscire.»

«Già, ma non mi fido a farli andare a fuori. – rispose la donna, porgendole le chiavi di una delle stanze – Sembra che giri una strana epidemia che colpisce solo i bambini.»

La sua mano si fermò di colpo, proprio nell'atto di prendere la chiave, mentre percepiva un brivido freddo percorrerle la schiena, come se qualcuno le avesse fatto scivolare un cubetto di ghiaccio sotto la maglietta.

«Signorina, si sente bene?» domandò la donna preoccupata, probabilmente era impallidita improvvisamente.

«Sì, scusi. Non so quanto mi tratterrò, verrò comunque a pagare ogni sera.» disse lei, sviando il discorso, dopodiché lasciò la reception e si diresse verso le scale.


Prima di uscire dalla stanza del motel si era fatta una doccia veloce e si era cambiata d'abito, odiava vestirsi in modo così elegante e decisamente poco comodo, ma come le era stato insegnato, una buona copertura inizia sempre dal giusto abbigliamento.

Aveva già una vaga idea di che cosa avesse colpito quella cittadina, ma aveva bisogno di conferme e soprattutto di indizi su come agire, per questo motivo si diresse verso l'ospedale.

Con aria disinvolta si avvicinò al banco informazioni dell'ospedale, mostrando un elegante ed educato sorriso.

«Buongiorno, sono la dottoressa Forst, avrei bisogno di parlare con qualcuno del reparto pediatria.» disse tirando fuori dalla borsa una tessera e mostrandola all'infermiera.

«Certo, in fondo al corridoio a sinistra, poi sù per le scale.» rispose cordialmente l'infermiera.

«Grazie.» rispose lei, allontanandosi.

Arrivata al reparto pediatria, chiese nuovamente informazioni e fu presentata al dottor Hydecker.

«Lei sarebbe?» domandò l'uomo.

«Sono la dottoressa Forst, vengo da Madison. Abbiamo avuto dei casi simili, perciò volevo un confronto.» rispose la ragazza, mentre seguiva il dottore fin dentro il reparto.

Lo sguardo le cadde sulla serie di bambini in terapia intensiva, sdraiati nei loro lettini, con i tubi dell'ossigeno e le flebo, pallidi e smagriti. Sentì di nuovo la sensazione del cubetto di ghiaccio lungo la schiena, aggiunto però a un peso sullo sterno e a un senso di nausea che le attanagliava la gola.

La cacciatrice d'ombreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora