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Orami Los Angeles l'avevo salutata da qualche ora, non posso negare che ogni due secondi continuavo a guardare il telefono sperando in una chiamata o anche solo un piccolo messaggio di Dylan, ma ovviamente erano solo false speranze.

Sentì finalmente l'altoparlante avvisare dell'arrivo in italia, finalmente sarei tornata, ero sempre più vicina da lui, da Vince.

Scesi dall'aereo e corsi subito verso l'uscita, non credevo potesse succedere di nuovo, non credevo di poter tornare davvero in italia, presi il telefono e chiamai la madre di Vince che ovviamente rispose subito, era una donna gentilissima e ci conoscevamo da una vita.
Dopo le informazioni che volevo mi diressi subito a destinazione, non me ne fregava niente di rivedere casa, volevo solo entrare in quel fottutissimo ospedale.

***
Dopo una buona oretta di autobus, taxi e spaccarmi le gambe, finalmente mi ritrovai qui davanti, non potevo davvero crederci, entrai immediatamente e la prima cosa che vidi è la madre che mi corse addosso aggracciamdomi <Oh mio Dio non sai quanto ne sono grata, hai fatto tutto questo per lui, ti devo molto> Disse quasi in lacrime <Non lo abbandonerò mai, questa è una promessa> Dissi io convinta, di seguito mi disse la stanza e io corsi subito nella direzione.

Avevo la porta davanti a me, lui sarebbe stato dietro, ero agitata, non ero pronta psicologicamente, feci un grosso respiro ed entrai, quel che videro i miei occhi erano solo una persona distrutta dalla vita, senza più capelli e, anche lui, all'orlo del pianto <V-Vince> Riuscì a dire, dopo tanto tempo la cosa peggiore é vederlo in quello stato, le corsi addosso e, cercando di contenermi, lo abbracciai meno pesantemente possibile, in quel momento le lacrime non riuscirono più a contenersi  <Tu-sei-pazza> Disse anche lui ormai in lacrime <L'hai fatto davvero?>

<Secondo te ti prendevo per il culo!> Quasi Urlai io con la gioia di averlo potuto rivedere, ma dopo poco il ricordo di cosa gli stava succedendo mi ritornò in testa <Allora... come stai?> Chiesi guardandolo <Ludo... sto morendo> Disse sospirando, rimasi un attimo bloccata cercando di non fare uscire le altre lacrime restanti <No, non ne vero, non ne vero> Dissi cercando di convincere più me stessa che lui <Ludo ascoltami, lo sento, i medici dicono a tutti che andrà bene anche se non ne sono sicuri, ma lo sento, sto lottando con le mie forze rimanenti, ma tra poco mi mangerà vivo e quando succederà sarà perché non avrò più forze per lottare> Disse <Hai paura?> Chiesi <Si. Io... io non volevo morire... non volevo> Disse facendo ricominciare a piangere entrambi, lo riabbracciai sentendo la mia maglietta diventare man mano sempre più bagnata, ma non me ne fregava niente <ti voglio bene, un mondo di bene, devi saperlo> Dissi io <Te l'ho sempre voluto, sei come un fratello>

<Fidati. Anche io. Ti amo tanto. Ti amo come più di qualsiasi cosa al mondo> Disse lui stringendomi ancora di più <però ammetto che sto nuovo stile non ne male, Marco ne andrebbe di matto secondo me e pure in ospedale finirebbe male> Dissi passando una mano sulla sua testa ormai senza capelli, lo feci ridere, cosa che mi scaldò il cuore, rimasi lì per qualche ora a ridere e scherzare fino a che non mi cacciarono fuori <Hey, io resto qui, qualsiasi cosa chiama> Dissi prima di uscire, non volevo andare a casa, dovevo andare da Marco, il suo "ex", lo vedevo che aveva bisogno di non salutarlo così, un ultimo bacio, un ultimo tocco, sapevo che ne aveva il bisogno.

Sapevo benissimo dove viveva per tutte le volte che c'eravamo andati io e Vince per stolkerarlo e suonai subito il campanello, dopo vari minuti aprì un ragazzo, alto, capelli neri, occhi azzurri, si, era proprio lui, mi guardò e spalancò gli occhi <Tu> Disse <Si io> Dissi <Sono tornata per Vince... Marco devi sapere una cosa importante> Dissi <No basta, quel bastardo mi ha lasciato, è uno stronzo di merda> Dopo queste parole la rabbia mi salì al cervello e nessuno poteva più fermarla <SEI TU STUPIDO DA NON CAPIRE UN CAZZO! NON TI SEI MAI CHIESTO IL MOTIVO DELLA ROTTURA? SEI COSI SCEMO? È IN OSPEDALE CHE STA MORENDO!> Urlai io a più non posso, rimase zitto, a guardare il vuoto <C-cosa?!> Cercò di dire lui e io annuì, avevo paura che potesse avere la mia stessa reazione, forse ero andata troppo diretta <Posso vederlo?...> Chiese, lo presi per mano e senza farmelo ripete lo trascinai all'inizio dell'ospedale, proprio all'entrata <Sei sicuro cosi in fretta?> Chiesi e lui annuì, lo portai fino alle porta e le lasciai via libera.

Passo un po, forse quasi un'ora ma appena uscì aveva gli occhi rossi, troppo rossi, se l'avesse visto uno sconosciuto avrebbe pensato che si era appena drogato <Allora?> Mi alzai <Lo amo... e lui... lui mi ama...> Disse sforzando un sorriso, mi venne incontro e mi abbracciò <Forse non te ne rendi conto, ma sei il suo Angelo, nessuno avrebbe mai fatto così tanto per lui, nessuno. È fortunato ad averti> Disse stringendomi forte, appena si staccò mi sorrise <Grazie. Davvero. Grazie> disse e io sorrisi a mia volta, forse non me stavo accorgendo perché avrei fatto di tutto per lui, ma rendere le persone così felici fa stare bene, sopratutto se amiamo quelle persone.
Avevo intenzione di andare a casa ma il problema è che non avevo una casa... quella da cui siamo andati via era praticamente vuota ormai, sentì una mano dietro di me e mi girai <Tesono... vai a casa nostra> Disse la madre capendo il mio intento <Ale... davvero?> Chiesi <È il minimo> Rispose dandomi le chiavi, mi diressi finalmente verso una casa dopo un giorno di cammino e agitazione, entrai e la prima cosa che feci è buttarmi nel suo letto, quello di Vince, era comodo come sempre e questo gesto mi sbloccò dei ricordi, io e lui, avremo avuto quattro anni, che giravamo in questa casa rincorrendoci come fratello e sorella e nel mentre i nostri genitori che ci urlavano di tutto per aver spaccato mezza casa, facevamo un sacco di danni insieme e io amavo ogni cosa di lui, una volta, a dodici anni mi ero accorta di avere una cotta per lui, ma chi non sapeva che era Gay, l'ho sempre saputo e lui sapeva che io lo sapevo, era come se riuscivamo a leggerci nella mente di entrambi.
Ora abbiamo diciannove anni... e siamo arrivati fino a qui, credevo di poter crescere ancora con lui, poter diventare zia e lui a sua volta, poter ancora sorridere, ma forse la vita mi è contro... forse mi vogliono togliere la mia unica forma di sorriso in tutti questi anni, la cosa che mi ha salvata, avevamo il mondo contro, eravamo degli sfigati, ma questo a me poco importava, io avevo lui e non mi sono mai lamentata, mai ho voluto di più, lui era già quello che volevo.

Dopo tutti questi ricordi che mi passarono per la testa presi il telefono speranzosa di una messaggio da parte di Dylan, ma niente, solo i miei genitori che mi chiedevano come andava, presi la chatt di Dylan e scrissi un messaggio:
Sono arrivata.

Ma anche dopo ore e ore che aspettavo nessuna sua risposta, non capivo il suo comportamento, stavo già distrutta di mio e si aggiungeva pure lui, per fortuna mi arrivò una chiamata da Charlie e ringraziai il cielo, risposi subito e le parlai di tutto, di Vince, della sua famiglia che mi ha ospitata (anche se questa è come una seconda cosa per me) e anche di Dylan, mi ha sostenuto come sempre e abbiamo parlato fino a tardi, è riuscita a farmi pensare ad altro ma ovviamente anche la chiamata doveva finire, tutto ha una fine in questo mondo, le persone, le cose, tutto, come una vita inizia, una vita finisce, come una relazione inzia, una finisce e come un'amicizia inzia, quella no, quella non finisce...

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you are everything I wanted || Dylan Obrien ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora