Nascondino

400 40 9
                                    

Non sono gay e Daniele non mi piace, mi ripeto mentalmente per la trecentesima volta, oggi, mentre pedalo verso Valle San Bartolomeo.

Salem si sistema meglio sul portapacchi dietro di me. In casa mia non c'è nessuno oggi pomeriggio e di certo un ragazzino di nemmeno undici anni non se ne può restare da solo in mezzo a fornelli, prese elettriche, coltelli, frullatori e forni. Sicuramente sarebbe finito a giocare tutto il pomeriggio con il Nintendo, ma il mio spirito da mamma chioccia preoccupata per il suo pulcino mi ha convinto ad accollarmelo per passare il pomeriggio da Dani.

In realtà, sono pure contento, sarà lui a distrarmi dal pensare continuamente a cose poco opportune, visto che in questi giorni non ho fatto altro. Dario ci ha dato buca e, quando domani mattina si siederà di fianco a me, lo ammazzerò. Non mi crea disagio o imbarazzo stare solo con Dani, visto che mi stressa sempre su facebook, mandandomi canzoni, arrangiamenti, tablature e mille altre cose, o chiacchierando di cose stupide, ma, da quando questo alone erotico e sentimentale si è creato nei miei pensieri, ogni qual volta siamo soli, la mia mente non fa altro che spedirmi in qualche mondo rosa e arcobaleno, in cui ArciGay ha conquistato il pianeta ed essere etero è considerato alla stregua di un omicidio. In più, Da e Filo riescono benissimo nel lasciarci sempre da soli e Dani, giustamente, cerca sempre di evitare di fare il candelabro, accollandosi a me, che ogni volta impazzisco, tra fantasie, toccatine, battute e strane allusioni. Non ce la posso fare. Decisamente no.

Non sono gay e Daniele non mi piace, penso quando ci apre la porta della sua villetta e ci fa entrare con un sorriso. Salem è al limite della sua iperattività quando andiamo in giardino, visto che inizia a correre da tutte le parti, calciando un pallone mezzo sgonfio trovato sulla terrazzina.

Seguo Dani con lo sguardo quando anche lui si mette a rincorrere la palla, cercando di rubarla dai piedi di mio fratello, per scartarlo. Io me ne sto qui, seduto sui gradini che portano al giardino, benché sia circondato da sedie, a fissare le sue gambe, mentre scattano per intercettare la palla, i suoi muscoli dei polpacci che guizzano sotto la pelle, la sua schiena coperta dalla maglietta rossa che ha addosso, e la sua testa di capelli castani scompigliati. Si volta e riesco a scorgerne il profilo, la risata che gli illumina il viso gli riduce gli occhi a una fessura azzurra e gli crea delle fossette adorabili ai lati della bocca.

Provo a risvegliarmi da questo torpore che mi ha preso, ma proprio non riesco a staccargli gli occhi di dosso, a seguire i movimenti del suo corpo, fluidi, con i quali scarta Salem e porta il pallone più lontano. Poi si volta verso di me e mi sorride, correndo nella mia direzione. Io gli sorrido di rimando e in dieci secondi si butta esattamente di fianco a me, sullo stesso scalino.

«Tuo fratello è un cazzo di tornado» sospira, con un po' di fiatone. Ridacchio.

«E tu non ce l'hai appresso tutti i giorni» gli dico, ancora con il sorriso. Tira fuori dalla tasca il solito tabacco e si gira la sua solita sigaretta, mettendosela in bocca. La fisso intensamente, forse invidiandola per avere la possibilità di stare stretta tra quelle labbra. Volgo lo sguardo verso Sal, che ci corre incontro e si mette due scalini più in basso.

«Adam, non giochi con noi?» mi chiede lui, battendomi una mano sul ginocchio.

«No, non mi va» borbotto brevemente. Dani mi tira una mezza gomitata nel fianco e io mi ritraggo il più possibile da quel contatto, forse arrossendo. Dopo la mia performance olimpionica nel "segarsi pensando a Dani", direi che devo stargli il più lontano possibile, prima di fare un'enorme figura di merda, facendomi venire un'erezione proprio mentre sono con lui. Insomma, ha la sua fiamma, ci starà perdendo del tempo su, non posso mica arrivare io e dirgli "hey Dani, saltuariamente mi piace masturbarmi pensando di fare sesso con te, che ne pensi?". A parte che non sarei in grado in alcun tipo di modo di dichiarare la mia attrazione nei suoi confronti, poi, insomma, sarà solo una roba passeggera, qualcosa che mi dimenticherò in fretta, no?

«Dai, che palle, giochiamo insieme» mi dice Dani. Sbuffo, infastidito. Non voglio fare niente, perché questa morsa che mi costringe lo stomaco da quando si è seduto di fianco a me, mi fa passare la voglia di fare qualsiasi cosa. «Giochiamo a nascondino!» propone, poi.

«Sì, sì, a nascondino!» gli dà man forte Sal, sorridendomi speranzoso. Sospiro, pensando che non daranno tregua finché non accetterò di fare uno di questi stupidi giochi.

«Dai, va bene, vada per nascondino» mormoro. Non ne ho proprio voglia, ma prima iniziamo, prima finiamo.

«Ottimo! Cerco io, voi due nascondetevi!» esclama Dani con tono perentorio. Annuiamo entrambi, Salem felice come una Pasqua, io un po' meno. Lui inizia a contare contro la parete di casa sua e mio fratello, in un millisecondo, si volatilizza. Io mi nascondo dietro a un cespuglio, non molto motivato a vincere questa sfida. Sento un "pronti o no, vengo a cercarvi" gridato da Dani e mi acquatto ancora di più tra le foglioline verdi di questa pianta. Sarà dalla quinta elementare che non gioco a nascondino e, onestamente, questo gioco ridicolo non mi mancava affatto. Non so che cosa ci trovassi di divertente ai tempi.

Passa un po' di tempo prima che il cercatore mi passi davanti, ma non mi nota, quindi, appena mi supera, scatto in avanti, mettendomi a correre per liberarmi. Si mette a correre pure lui, standomi alle calcagna e sono quasi arrivato alla meta, che lui inciampa e mi frana addosso, facendoci cadere entrambi, uno sopra l'altro, e scoppiando a ridere.

Sono il più succhiacazzi dei gay e Daniele mi piace da impazzire, non riesco a fare a meno di pensare, con il suo peso sul corpo, il suo calore sulla schiena e la sua risata a riempirmi le orecchie. Quando smette di ridere, restiamo un paio di secondi a fissarci negli occhi, in silenzio, tra i ciuffi d'erba del suo giardino.

«Mi hai preso» gli sussurro, a due centimetri dal viso. Lui mi sorride e annuisce.

«Ti ho preso» bisbiglia lui, appoggiandomi una mano sulla nuca e carezzandone i capelli, piano e leggero. Chiude gli occhi e, prima che me ne possa accorgere, si sporge verso di me. Sento tutta l'angoscia, l'ansia, le preoccupazioni, il senso di inadeguatezza e di impotenza abbandonare il mio corpo, quando mi bacia. Mi dimentico di essere musulmano, che questo è haram, mi dimentico di tutto, persino di Dio e l'unico mio pensiero rimane Daniele.

Non è un bacio da film, non è altro che un semplice bacio a stampo, un appoggiarsi di labbra, ma mi sento bene, libero e felice. Mi sento completo, come se le nostre labbra fossero due pezzi di un puzzle, complementari, che si incastrano perfettamente. Questo bacio dura cinque secondi, prima che lui si stacchi e mi guardi con quell'azzurro più intenso che mai, allora non riesco proprio a fermare me stesso nel baciarlo, di nuovo. Stavolta si fa più audace, prendendo il mio labbro inferiore tra i denti, succhiandolo leggermente, per poi passarci la lingua sopra e io schiudo la bocca, per accoglierlo. Subito la sua lingua lambisce la mia e le sue dita si spostano sulla mia guancia, il pollice ad accarezzarmi lo zigomo. Mi beo di questo tocco, di questo bacio e di tutto quello che sta succedendo, senza pensare a nulla, con la mente sgombra. Incredibile, non avrei mai pensato di aver bisogno di un bacio, di un contatto umano così intimo per bloccare per un momento tutti i flussi di coscienza che mi frullano continuamente in testa. Per quanto da fuori possa sembrare distaccato e intangibile, penso a ogni singola cosa che mi accade intorno, probabilmente ingigantendone la portata. Eppure, ora che la situazione è di dimensioni bibliche, non ci penso. Non sto pensando a qualsiasi cosa potrebbe accadere dopo questo bacio, sebbene dovrei rifletterci attentamente, ma Daniele è qui, sopra di me, su un prato leggermente umido, a letteralmente limonarmi e non mi passa nemmeno per un secondo per la mente l'idea che, da un momento all'altro, mio fratello, o sua madre, potrebbero sgamarci in pieno, beccandoci con le dita nella marmellata.

Le sue labbra sono sottili, lisce, morbide, umide, calde e gentili, i pochi baffi che ha mi pungono leggermente il prolabio, sento sulla guancia il suo respiro, lento e caldo, la sua lingua continua a intervallarsi tra lo scandagliarmi tutta la bocca e l'unirsi alla mia, strusciandocisi sopra, prima lentamente, poi con un ritmo più sostenuto. Dani sa di... tante cose: sa di tabacco, ma anche di dolce, con una punta di salato, sul fondo; sa di Dani e non gli cambierei sapore per niente al mondo.

Non so con precisione quanto tempo passiamo, avviluppati così, uno sopra l'altro, in questa danza di labbra, ma a una certa si stacca e mi sorride per l'ennesima volta. Provo a fare lo stesso, con decisamente poca forza mentale per coordinare perfettamente la muscolatura, mentre lui mi dà un'ultima carezza sulla guancia.

«Vado a cercare tuo fratello» mi sussurra, prima di alzarsi e scappare via. Io abbandono la testa sul prato, chiudendo gli occhi, mentre un vagone di realizzazione mi prende in pieno come un pugno in faccia.

Corda del SolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora