Fuori (Pt. 1)

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Sono già le sei e mezza. Mamma e papà hanno da fare a lavoro, Sal in ufficio con lui. Filippo sta facendo un suono con la bocca, mentre fissa il suo cellulare. Dario, d'altro canto, sta giochicchiando coi suoi capelli, stranamente zitto. Poi ci sono io, che guardo il soffitto di camera mia, cullato da questo silenzio che è tutto una tranquillità. E penso, penso che forse, ci sia da fare un passo avanti, di stravolgere tutta la mia vita, con due semplici parole. Penso che da una parte mi sento pronto, che sono in grado di rigirare la mia vita come un calzino e di cambiarla totalmente, mentre dall'altra, vorrei rimanere nella mia comfort zone, in cui tutto è statico e abbastanza positivo, in cui siamo tutti relativamente al sicuro in questa mia vita mite. Volgo un breve sguardo a Da, che ha avuto le palle grandi come due cocomeri, che si è sempre assunto le responsabilità del suo essere, della sua sessualità, rendendola parte integrante di sé. "Ciao, mi chiamo Dario, ho diciotto anni, voglio fare l'architetto e sono bisessuale".

«Stasera parlo coi miei, di Daniele» mormoro, decidendo di rompere questa quiete. "Ciao, sono Adam, ho diciotto anni, voglio disegnare per tutta la vita e sono gay".

Filo alza lo sguardo verso di me e Da mi squadra, come se avessi detto che vengo da Marte. «Dado, oh Dado...» inizia, drammatico, con una mano sul petto. «Perché mi fai stare in pena? Ma ne sei sicuro? Non ti devi sentire obbligato, eh! Nessuno ti corre dietro! Gesù, mi farai venire un colpo! Un infarto, un ictus!»

«Da, non fare la mamma preoccupata con me» gli rispondo. «Mi sono rotto di mentire tutto il tempo. Io sono pronto e loro... se non lo sono, fatti loro»

«Non è questo l'atteggiamento giusto! Per niente! Dio, Dado, ma mi vuoi morto?» continua Da, con una mano sugli occhi.

«Dai, Da, è una scelta sua, se pensa che questo sia il momento giusto, lo sarà» controbatte Filo.

«Grazie» gli dico, apprezzando sinceramente lo sforzo per tenere Da al guinzaglio, ma, ignorando totalmente tutti quanti, inizia lo stesso a farmi uno sproloquio di consigli: non mostrarti spaventato, si spaventano anche loro; prima parla con tua madre, che mi sembra l'unica con un po' di sale in zucca in questa casa; non essere troppo sul piede di guerra; sii orgoglioso, ma il giusto; evita accuratamente ogni allusione sessuale; se le cose si mettono troppo male, ovvero se uno dei tuoi prende un coltello, fa' finta sia uno scherzo, buttala sul ridere. E la parvenza di calma che c'era dentro di me, mi abbandona totalmente, dando il via a uno stato di agitazione e ansia.

«Ma cazzo, Da, lo spaventi così! Tanto che altro può fare?» lo blocca Filippo, mettendogli una mano sulla spalla.

«Non posso aspettare di andare a vivere con lui, per dire loro sta cosa. Prima o poi, lo scoprirebbero da soli e sarebbe peggio» mugugno, più per convincere me stesso che lui. Da si alza e mi viene vicino.

«Chiamami. Qualsiasi cosa, chiamami, Dado, perché ti giuro che sfondo sta porta se succede qualcosa. Mamma mia, che ansia, ho più ansia per te che per me. Cavoli...». Sospiro.

«Ma che dovrebbe succedere, scusa?» chiedo.

«Ma che ne so! Che cerchino di ucciderti, magari!»

«Non dire cazzate, dai!» sbotto. I miei non lo farebbero mai. Papà da questo punto di vista è un po' indietro di vedute, ma di sicuro non mi ammazzerebbe mai. Insomma, non è mica un assassino, su. Ok, diamoci una calmata. Non posso ascoltare tutto quello che mi dice come se fossero cose serie. Un minimo di razionalità, per favore. Da sbuffa e si porta una mano nei capelli.

«Però fammi sapere come va, ok? Se hai bisogno di qualsiasi cosa, ci sono» continua. Filo sospira, scuotendo la testa e io annuisco, con sconforto.

La serratura scatta e Dario sobbalza, scatta in piedi e afferra Filo per un polso, tirandolo su. Andiamo tutti e tre all'ingresso, dove mamma si sta togliendo le scarpe. Ci saluta gioviale, poi va in cucina tranquilla.

Corda del SolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora