Cravatta blu e muschio bianco

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«Raga, forse potrei vomitare» sbiascica Da, con gli occhi chiusi, collassato sul divano.

«Provaci e ti sbatto fuori di casa» borbotto, mentre cerco di fermare Dani dal gridare a tutto volume Chandelier di Sia. E di appendersi al lampadario del salotto. Ok, quando ho detto a Da "vieni a dormire a casa nostra", non ho pensato alle due borse di alcolici vari che avrebbe portato. Errore imperdonabile.

«I'm gonna swing from the chandelier, from the chandelier

I'm gonna live like tomorrow doesn't exist» canta Dani, a un volume quasi accettabile. Sale in piedi sulla sedia e inizia a ondeggiare le braccia in aria. È buffo e carino, ma le sue capacità di stare in piedi sono state definitivamente compromesse almeno quattro bicchieri di Amaro San Simone fa.

«Dani, per favore, la signora Pina ci lancia le bombe in casa se continui a gridare così» guaisco. «Dai, vieni qui» gli dico, aprendo le braccia. Lui si accuccia e mi si lascia cadere in braccio. Riesco a metterlo a terra, nonostante pesi quanto un vitello. E molto ciccione. Però almeno se cade non si prenderà una commozione cerebrale, ma gli verrà solo un bernoccolo.

«Invitiamo la signora Pina! Fa i biscotti quelli buoni!» esclama lui, sentendo nominare la nostra dirimpettaia.

«La signora Pina è sexy?» ammicca Da, con un mezzo sorrisetto. Sbuffo una risata. Come fa una settantacinquenne a essere sexy? Impossibile.

«Ha settantacinque anni, Da» mormoro.

«Dado, io non capisco. Hai bevuto anche tu, perché sei ancora sobrio?» domanda, portandosi un braccio sugli occhi.

«Perché non ho bevuto tanto come voi» gli rispondo. Ok, sì, posso ammettere che il Disaronno era buonino. Non buono, buonino. Anche il San Simone non era male. La sambuca non l'ho neanche avvicinata, il limoncello non mi ha fatto impazzire. Anche se è la cosa meno alcolica che il tavolo ha visto stasera. Mamma mia, che disastro. La testa è abbastanza leggera e mi sto divertendo, anche se il mio ruolo da babysitter non è ancora tramontato. Forse non tramonterà mai.

«Da, fammi posto sul divano...» canticchia random Dani, lasciandosi cadere sul sofà. Da si rannicchia un po' da un lato, mentre Dani mi guarda con gli occhi leggermente velati da una patina alcolica. «Dam, ma perché noi due non ci sposiamo?» mi chiede, prendendo, poi, la bottiglia di limoncello e attaccandocisi come fosse un biberon. Sobbalzo per l'assurdità della richiesta.

«Dani, ma quanto hai bevuto, cazzo? Siete finocchi, mica potete sposarvi» brontola Da.

«Anche tu sei finocchio»

«Infatti mi vedi sposato?» ribatte, rubandogli la bottiglia dalle mani. Vado in cucina a guardare se c'è almeno un bicchiere pulito, perché ho un improvviso bisogno di un goccio di mirto. Ok, niente bicchieri puliti. Apro l'antina e la cosa più simile a un bicchiere che mi salta all'occhio è la tazza di plastica piena di piccoli dinosauri stilizzati di Dani. Ma perché vivo con un bambino di cinque anni?

La prendo, sconsolato e torno in sala, sedendomi sulla mia sedia e versandomi un po' di liquore.

«Hey! È la mia tazza, quella!» esclama Dani. Grugnisco, sorseggiando la bevanda. D'accordo, anche questo è buono, ignorando la gradazione alcolica. Domani mi sveglierò con un mal di testa allucinante. Che pessima idea.

«Dani, non gli hai nemmeno fatto una proposta decente, povero Dado!»

«Uh! L'anello! L'ho dimenticato!» mugola Dani in risposta, poi si alza e barcolla fino davanti a me. «Dam.» inizia, prendendomi la mano. Oh, no.

«Per favore!» sbotto, sperando che la mia espressione lo dissuada dal fare questa super imbarazzante proposta di matrimonio. Non ci tengo, grazie.

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