Quando Wesley si svegliò, il mattino seguente, gli sembrò che la banda del Quattro Luglio gli stesse suonando l'inno americano nel cervello.
"Cristo," gemette, tentando di alleviare le fitte lancinanti alla testa, massaggiandosi con movimenti circolari le tempie.
Provò ad aprire un occhio, ma se ne pentì amaramente perché la luce che proveniva dalla finestra gli ferì la retina. La sera precedente doveva essersi dimenticato di chiudere le tende.
Si passò la lingua sulle labbra e le sentì secche come il Sahara. Aveva l'interno della bocca devastato, gli parve di aver inghiottito della ghiaia o la lettiera di Emily, la sua gatta.
"Quanto hai bevuto, Wesley?" brontolò a sé stesso.
Poi, all'improvviso, un lampo bianco gli fendette la mente e qualche ricordo frammentario della serata precedente ritornò a galla nella sua testa confusa.
Simon, fu il suo primo pensiero. Simon che si spogliava sul palco del
Red Moon insieme ad altri ragazzi e lui che affogava l'eccitazione nell'alcol. Non ricordò altro e forse fu meglio così.Sgranò gli occhi di colpo, si mise con la schiena dritta e sentì le fitte nella sua testa aumentare esponenzialmente quando si accorse che il letto dove era steso non era il suo, che quella dove aveva passato la notte non era casa sua.
Alzò la trapunta nera che lo ricopriva e sospirò leggermente quando vide il suo corpo completamente vestito, ma non erano abiti suoi perché Wesley di certo non possedeva magliette scolorite dei Linkin Park ne pantaloni di tuta grigi, bucherellati su un ginocchio.
Cristo, cosa ho combinato?
Fece vagare lo sguardo per la camera. La prima cosa che notò furono i vestiti che aveva indossato la sera precedente: erano ti piegati sulla sedia della scrivania e le sue scarpe erano state sistemate ai piedi di essa. Sulla pila di abiti si trovavano tutti i suoi effetti personali: le chiavi dell'auto, il portafogli e il telefono.
Spostò l'attenzione sugli oggetti posizionati sulla scrivania. Un pc, un paio di bottigliette d'acqua mezze vuote, un plico di fogli e qualche matita poggiata alla rinfusa. Tutto sommato era ordinata e la camera odorava di buono.
Latte di cocco.
"Cazzo," imprecò. E lui imprecava solo quando c'era un certo ragazzino con gli occhi da gatto selvatico nei paraggi.
Guardò l'armadio di legno chiaro di fronte a lui e vide che ad una maniglia di esso era appesa con una stampella una giacca di pelle nera. Ad una parete, invece, era affisso un vinile di una qualche band di cui ignorava l'esistenza.
Questa è la camera di Simon, affermò mentalmente.
Ah, genio, ci sei arrivato finalmente, controbatté la sua fantastica coscienza.
Si passò entrambe le mani nei capelli e li sentì sparare da tutte le parti. Doveva alzarsi, comportarsi da persona matura qual era, e andare a parlare con il ragazzino; ma non ne aveva il coraggio perché aveva la sensazione che qualcosa fosse successo ieri sera.
Osservò il letto ad una piazza e mezza dove era steso e gli sembrò che ci avesse dormito solo lui. Lo sperò tantissimo.
Non fare il cagasotto e vai a parlare con Simon! Lo rimbeccò la voce della sua ragione.
"Io sono una persona matura e non sono un cagasotto. Sono un professore, per la miseria," bofonchiò a voce bassa. Stava letteralmente uscendo fuori di testa.
Si alzò lentamente, rabbrividendo quando i suoi piedi nudi toccarono il parquet freddo, e facendo attenzione a non perdere l'equilibrio perché i postumi della sbronza erano sempre tremendi.
![](https://img.wattpad.com/cover/264565394-288-k793615.jpg)
STAI LEGGENDO
Grazie per il cocktail (Red Moon Saga 1)
ChickLitTUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. Opera coperta da marcatura Patamu © Simon, dopo essere stato cacciato di casa a quindici anni dalla sua famiglia perché lo scoprirono a baciare un suo compagno di classe, ha vissuto per cinque anni con sua zia. A ve...