Capitolo 16 - Wesley

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Wesley era appena uscito dalla doccia quando sentì l'interfono collegato al gabbiotto del portiere del suo palazzo suonare.

Strano, pensò. Non aspettava nessuno.

Poi sgranò gli occhi di colpo. "No," sussurrò. "Non può averlo fatto sul serio."

Corse all'interfono, reggendosi l'asciugamano che aveva avvolto in vita per non farselo cascare, inciamparci nel mezzo e rompersi la testa.

"Sì, Archie?" rispose al portiere del suo palazzo.
"Signor, Brown, qui c'è un certo Simon che chiede di lei. Lo faccio salire?"

Wesley chiuse gli occhi e strinse forte la cornetta dell'interfono nella mano.
"Santa pazienza," mormorò.
"Non ho capito, Signor Brown. Cosa faccio?"
Wesley aprì gli occhi e irrigidì le mascelle. "Fallo salire, Archie. Grazie," disse al portiere, pentendosene subito dopo.

Chiuse la comunicazione con Archie e non ebbe nemmeno il tempo di andarsi ad infilare un paio di pantaloni che il campanello del suo appartamento iniziò a suonare insistentemente.
"Dannato ragazzino," borbottò tra i denti.
Ormai era diventato un mantra che si ripeteva costantemente.

Aprì la porta e si trovò Simon davanti in tutta la sua sconvolgente bellezza.
Sentì di nuovo quella fitta fastidiosa allo stomaco, come un intorpidimento improvviso.

Sono le farfalle! Esultò la sua vocina interiore.
Sciocchezze. Sarà l'avvisaglia di un virus intestinale. Le farfalle nello stomaco sono solo un'utopia.
Certo, convinto tu.

Stava impazzendo.

"Ma buon pomeriggio, Wes," affermò, ammiccante, mentre i suoi occhi grigi scandagliavano per bene il corpo di Wesley, che si sentì ancora più nudo di quanto già non fosse. "Vivi in un palazzo con il portiere in divisa. Pensavo esistessero solo a New York."

Wesley si trattene dall'alzare gli occhi al cielo. Lui non era consueto a roteare gli occhi, ma Simon, a quanto sembrava, lo costringeva ad abbattere tutte le sue abitudini.

"Non esagerare. Ti avevo detto che ero impegnato, Simon," disse, facendosi da parte per farlo entrare perché ormai era lì e se continuava a farlo rimanere sull'uscio rischiava che gli altri condomini li vedessero e Wesley non voleva perché erano degli impiccioni.

Soprattutto la signor Whitney del piano di sotto al suo: aveva sui sessant'anni e una passione eccessiva per i gossip e le riviste di notizie scandalistiche. In quel palazzo conosceva le corna di tutti. Comprese le sue.

Non sprecò nemmeno fiato a chiedergli come avesse fatto a scoprire il suo indirizzo perché oramai aveva capito che Sabrina era un'alleata di Simon e non di Wesley.

Il ragazzo si infilò in un attimo nel suo appartamento, poi si voltò e continuò a trapassarlo con lo sguardo.
"Lo sapevo che sotto quelle camice da professorino si nascondeva un corpo divino," affermò mordendosi il labbro inferiore. "Ho fatto anche una rima baciata, prof. Onoriamo il suo nome e scambiamoci un bel bacio con la lingua," gli propose, seducente, e facendogli un occhiolino.

"Oh, Santa pace!" Non devo ridere. Non devo ridere. Non... devo... ridere.

Si avviò a grandi falcate in camera sua con l'intenzione di infilarsi dei pantaloni e una maglietta, ma non ci riuscì perché sentì le mani di Simon arpionargli i fianchi, ruotarlo di trecentosessanta gradi e un secondo dopo si ritrovò steso sul letto con Simon addosso.

"Simon, ma sei impazzito?!"

Il ragazzo prese d'assalto il suo collo per tempestarlo di baci e morsetti.

Cavolo, che bella sensazione, pensò. E dovette pensare la stessa cosa il suo uccello perché si inturgidì sotto la spugna dell'asciugamano, dando il suo personale benvenuto a Simon.

Grazie per il cocktail  (Red Moon Saga 1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora