d o d i c i

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Il sole filtra tiepido attraverso le tende bianche della mia camera; in lontananza si possono udire i rumori della vita frenetica di Seoul, che vanno in netto contrasto con il cinguettio calmo degli uccellini.

È pomeriggio inoltrato, ma con l'arrivo della primavera, il sole fa fatica ad andare via, e io aspetto il bellissimo tramonto mentre mi rigiro tra le mani la vecchia macchina fotografica di Taehyung.
Non sono sicura di voler vedere cosa ci sia qui dentro; entrare così di prepotenza nel suo passato, alle sue spalle, mi fa sentire terribilmente in colpa, bloccandomi in un turbine di domande.
Di "se" e di "ma".

Faccio un profondo sospiro, sedendomi sul letto. Ho fatto sviluppare un po' di foto che ho riposto con cura nel mio comodino; le prendo con estrema lentezza, facendo avanzare i sensi di colpa che iniziano a divorarmi il cervello. Ho una brutta sensazione e so che me ne pentirò quanto prima, ma non posso più aspettare.

Estraggo dalla busta bianca le foto, e la prima che mi balza agli occhi, è una foto un po' sbiadita e di bassa qualità, di un piccolo Taehyung. Sorrido amaramente alla vista di quel bambino dagli occhi tristi e spenti. Avrà avuto più o meno 10 anni in questa foto, ma il suo viso è rimasto sempre uguale: accigliato, malinconico e tremendamente dolce.

Quel suo viso, mi ricorda tanto il mio quando ero piccola, così arrabbiata con mio padre, priva delle sue attenzioni, da non sorridere nemmeno in una foto. Forse io e te non siamo poi così differenti, Taehyung.

Mi faccio coraggio e porto avanti un'altra foto dal mazzo, trovando un'altra immagine di lui che dipinge su una tela, delle linee confuse e colorate, ma che sicuramente per lui, avranno avuto senso; forse aveva solo sfogato la sua fantasia.
Sorrido ancora, avrei tanto voluto vedere un suo quadro.

Continuo a sfogliare e ritrovo anche un piccolo Jimin sorridente e paffuto, con i capelli neri e folti, che adesso ha tinto di biondo. Sta meglio adesso, gli danno più luce.
Vado avanti, ma non c'è niente che possa condurmi effettivamente al suo passato, se non immagini confuse di un orfanotrofio e di piccoli frammenti di vita fino ai suoi diciotto anni.

Arrivo all'ultima foto e assottiglio gli occhi per vederla meglio; è ritratto un ragazzo che non compare quasi mai nelle immagini che ho visto fino ad ora.
Il misterioso ragazzo è raffigurato mentre è seduto sotto un albero a leggere: il suo viso non mi dice niente, sembra solo uno dei tanti ragazzi dell'orfanotrofio con i soliti capelli neri, occhi da cerbiatto e uno sguardo apparentemente calmo, assorto nei suoi pensieri.
Le sue labbra sottili sono schiuse mentre legge il libro "Il Piccolo Principe".

È strano, però, perché c'è una singola foto di questo ragazzo?

Continuo ad aguzzare la vista sull'immagine, cercando di carpirne il significato, ma all'improvviso sento bussare alla porta.

«Hana! Ti disturbo?».

Taehyung entra in camera mia senza tante cerimonie e io, presa dallo spavento, scaravento alla rinfusa tutte le foto nel cassetto del comodino. A quel mio gesto, ovviamente anomalo, il corvino aggrotta la fronte e mi guarda perplesso.

Mukoyōshi // K. TaehyungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora