q u i n d i c i

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«Taehyung! È ora di andare».

Il piccolo corvino, tutto sorridente, scende al piano di sotto e guarda suo padre che si infila il lungo cappotto nero: ha un'espressione triste e gli occhi lucidi; gli sorride flebile mentre prende il suo giubbottino e glielo infila con estrema delicatezza.

«Dove andiamo papà?»  gli chiede con la vocina curiosa, e l'uomo sospira cupo «Andiamo a casa della nonna, Tae».
Gli occhi del piccolo si allargano e sorride entusiasta mostrando i denti, sebbene gliene mancasse uno davanti, caduto la scorsa notte. La fatina dei denti gli aveva portato pochi spiccioli e dei nuovi pennelli già usati, ma che per Taehyung valevano come oro.

«Che bello! È da tanto che non la vedo» esclama abbottonandosi il giubbotto.
Prima di andare via, nota che suo padre prende una valigia e aggrotta la fronte perplesso.
«Di chi è quella?» chiede indicandola, e suo padre si morde le guance non riuscendo a rispondere subito.
«È tua, Tae. Starai dalla nonna per un paio di giorni» risponde atono non guardando suo figlio negli occhi, troppo colpevole di star dicendo una bugia ad un bambino innocente.

Taehyung però, tra confusione e felicità, fa spallucce, infondo a lui piaceva stare con sua nonna in campagna; adorava stare in mezzo al verde, alla natura, accudire le galline e raccogliere la verdura dall'orto. Quando gli chiedevano cosa volesse fare da grande, Taehyung rispondeva senza esitazione "il contadino".
Aveva le idee chiare per essere un bambino di nove anni.

Suo padre lo prese per mano, e nell'altra strinse il manico della valigia, ed entrambi salirono in macchina. Il viaggio fu silenzioso, spezzato solo dal rumore del motore; la macchina era molto vecchia, e ogni tanto si ingolfava non mettendosi in moto, Taehyung sentiva spesso suo padre lamentarsi di quel catorcio, ma rimaneva in silenzio perché a lui piaceva quell'auto. Odorava di lavanda.

Durante il tragitto, Taehyung si accorse che suo padre stava percorrendo una strada diversa dal solito, non era quella faceva per andare a casa di sua nonna, perché per arrivare in campagna, dovevano attraversare un piccolo ponte che si affacciava su un lago, e che a lui piaceva tanto.

Dopo una manciata di minuti, la macchina si fermò e Taehyung vide da fuori il finestrino un enorme edificio in pietra, e la curiosità del piccolo crebbe. Non si sarebbe mai immaginato cosa stava per succedere.

«Siamo arrivati, Tae. Scendi». Il papà scese per primo dalla macchina, prendendo la valigia; Taehyung invece, rimase in macchina non ascoltando suo padre. Non gli piaceva quel posto, gli incuteva terrore: era enorme, circondato da lunghe inferriate nere e degli alberi spogli si affacciavano sul parcheggio rendendo il tutto troppo tetro.
«Taehyung, ti ho detto di scendere!» lo sgridò suo padre alzando il tono di voce e aprendo la portiera in cui era seduto il bambino intimorito.

Mukoyōshi // K. TaehyungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora