13. mi dispiace

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sabato 24 ottobre

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– 2:37 –

ho provato a pensare a quello
che mi hai detto oggi (ormai ieri)
pomeriggio, ma evidentemente
non ha funzionato.

o almeno, ciononostante sono
stato male. ho preso la pasticca
per gli attacchi di panico senza
svegliare nessuno e ne sono
felice.

tuttavia, mi odio lo stesso. ho pianto
per mezz'ora, immobile sul letto,
con le pareti che sembravano
volermi cadere addosso da un
momento all'altro. mi sono
sentito soffocare, come se i miei
polmoni non riuscissero a funzionare
bene. i battiti del mio cuore erano
troppo veloci. pensavo di morire
da un momento all'altro.

avrei voluto avere delle ali per
volare via dalla mia stanza, dentro
la quale sembrava impossibile
respirare.

i pensieri nella mia testa cozzavano
fra di loro, erano troppi per una
sola persona, erano troppi per me.
mi sono sentito un fallimento, lo
ero. "sei un fallimento; sei patetico;
non meriti niente di ciò che hai"
erano le parole che ronzavano
nella mia mente.

non merito niente, dico davvero.
sono debole, la rovina delle
persone che mi stanno accanto.
continuo a farle preoccupare
perché non riesco a far finta che
vada tutto bene, non riesco a fingere
un sorriso e l'unico che riesco a fare
poi viene cancellato da una
piccolezza. basta una parola detta
nel modo sbagliato e io crollo a pezzi.

e tutto questo per cosa? per colpa
di un coglione che se n'è andato di
casa quando avevo undici anni,
che mi ha sbattuto la porta in faccia
dicendomi che non servivo a niente,
che non mi voleva bene, che non
sarebbe rimasto un giorno in più
al mio fianco.

quelle parole sono ancora impresse
nella mia mente. il suo sguardo,
carico d'odio mentre abbandonava
me e mia madre, non vuole lasciarmi
in pace. vorrei capire cosa ho fatto di
male per farlo andare via così. non
posso fare a meno di colpevolizzarmi,
anche se ero un ragazzo di undici
anni che aveva in testa solo la musica,
nient'altro.

è da quel momento che la mia vita
è stata un camminare nel buio più
totale, che solamente la musica
riusciva ad illuminare. peccato che
gli attacchi di panico non me li ha
portati via nessuno. sono sempre qui,
pronti ad acchiapparmi in qualsiasi
momento.

e mi sento tremendamente in colpa
perché felix, dopo due sole settimane
che ci siamo conosciuti, si è ritrovato
con un me distrutto tra le braccia. non
sapeva cosa fare, aveva paura perché
sembrava che non respirassi. ed era
davvero così. mi sentivo sopraffatto
dal mondo solamente per una parola
che alla fine non significava niente.

mi dispiace da morire di aver
rovinato la vita a felix, che sembra
preoccuparsi in qualsiasi momento
per me. non voglio essere un peso,
non per colui che alla fine conosco da
poco più di tre mesi, ma che è già
così tanto importante. solamente
perché non riesco a non lasciarmi
sopraffare dalle mie emozioni, non
mi lasciano scampo.

e mi dispiace per changbin più di
tutti. siamo cresciuti insieme, mi ha
visto spezzarmi a causa di mio padre
e mi è stato accanto... ho rovinato
anche lui, ne sono sicuro. mi odio,
non puoi capire quanto. vorrei che
non mi avesse mai incontrato, ma
io non avrei saputo come fare se lui
non ci fosse stato.

e poi ci sei tu. tu che sei arrivato
all'improvviso nella mia vita e l'hai
stravolta. sei fantastico, lee know, dico
davvero. vorrei che tu mi abbracciassi
e mi dicessi che andrà tutto bene, sono
curioso di sapere qual è il tuo profumo.
i tuoi occhi di che colore sono? talmente
scuri da sembrare neri, oppure di un
castano gentile? che forma hanno? per
quanto ti piacciono i gatti, azzarderei
dire che i tuoi occhi assomigliano ai loro.
e poi mi piacerebbe sapere se hai le mani
più grandi delle mie, se i tuoi capelli sono
morbidi e se la tua voce è bella come la
immagino.

IKIGAI, minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora