Capitolo 28

59.7K 2.2K 136
                                        

-Come era a Los Angeles?- chiese la mia amica fin troppo entusiasta del mio ritorno. La mattina presto si era presentata a casa mia dopo essere stata avvertita da mia madre del mio rientro ed all'istante in cui mi aveva vista, non aveva smesso di fare di fare domande.
-Diverso- risposi continuando ad arricciare leggermente i capelli con la piastra.
-Tu non immagini quante volte io ti abbia chiamata- sospirò sedendosi sul letto ormai pronta per il matrimonio.
-Avevo perso il telefono quando siamo andati in capeggio con mio padre, e da allora ho cambiato numero ovviamente perdendo tutti gli altri- mi difesi con la peggior scusa la mondo, quale persona sana di mente direbbe una certa cazzata, in campeggio a Los Angeles con il proprio padre che vedeva si o no solo la sera? Solo io potevo.
-Si ma...- Sara la interruppe irrompendo in camera mia come un uragano con un'espressione preoccupata.
-Ragazze siete pronte o no? Tua madre è in piena crisi isterica o nevrotica, non so quale sia tra le due ma è in crisi e prima raggiungiamo la villa e prima tutta questa tensione finirà quindi sbrigatevi che dobbiamo andare- disse agitata, era stata accanto a mia madre durante tutti i preparativi e la ammiravo per il suo coraggio, io avrei già tentato il suicidio.
-Siamo pronte arriviamo- risposi guardandomi un ultima volta specchio.
-I ragazzi vi stanno aspettano sotto- concluse per poi uscire fin troppo velocemente dalla mia camera da letto.
A quanto pare mia madre aveva deciso che le damigelle saremmo state io, Sara e Jessica accompagnate da Alex e
Taylor insieme a due piccole bimbe che da quanto avevo capito fossero le cugine di quest'ultimo che avrebbero cosparso il terreno di fiori.
Indossavamo tutte un vestito color pesca senza spalline, lungo fino ai piedi non lasciando intravedere i tacchi e facilitando quindi una caduta che temevo di avere.
-Andiamo?- domandai a Jessica che mi stava guardando come se fossi un'estranea, come biasimarla, non avevamo parlato da più di due mesi e i miei cambiamenti mi avevano reso tale.
-Si certo- rispose seguendomi fino all'ingresso della casa dove i ragazzi, come detto prima dalla madre del mio migliore amico, ci aspettavamo.
Il silenzio era davvero imbarazzante o più che altro fastidioso oppure c'era troppa tensione, qualunque persona lo avrebbe notato. Io ed Alex non ci eravamo più rivolti parola dalla notte scorsa dopo avere avuto quella discussione interrotta da Taylor il quale si limitava a fissarmi insistentemente senza lasciar traspirare nessuna emozione dal suo sguardo, tutto questo sotto lo sguardo interrogatorio di Jessica, che dopo vari tentativi di aprire qualche argomento che avesse rotto quella tensione, non andati a buon fine, aveva continuato ad alternare la sua attenzione da noi al finestrino della macchina trovando particolarmente interessante il paesaggio.

***

-Si lo voglio- mia madre disse sull'orlo del pianto mentre Jhon si precipitò a baciarla. Durante la cerimonia tenuta all'aperto sul retro della villa avevo rischiato di addormentarmi a causa della noiosità di quel matrimonio che mi aveva tanto scombussolata. Non avevo chiuso occhio tutta la notte, ma a quanto pare non ero stata l'unica dato che Alex e Taylor sembravano ridotti peggio di me.
Jessica era rimasta accanto a me continuando a commentare qualsiasi vestito di ogni invitato che Dio solo sapeva da dove provenissero, e chi fossero, alleviando così un po' la noiosità della cerimonia, non che lo fosse così tanto, avevo assistito ad altre molo ma molto più noiose ma quella non era la giornata giusta per affrontare un matrimonio, o meglio il matrimonio di tua madre con il padre del ragazzo di cui sei perdutamente innamorata.
-Tesoro non ti ricordi di lui?- continuava a chiedermi mia madre mentre facevamo il giro per salutare gli invitati, inutile dire che non ne riconoscevo nessuno e mi limitavo a sorridere cordialmente ad ognuno di loro cercando di non pensare allo sguardo penetrante di Taylor sul mio corpo.
-Mamma ma Harry e Nash non sono venuti?- domandai non intercettandogli per tutto il salone.
-Si gli ho visti poco fa, valli a cercare- disse allontanandosi da me e dirigendosi da quello che poche ore prima era diventato suo marito.
Era tutto così rumoroso e fastidioso, tutti parlavano o meglio discutevano a voce fin troppo alta causando un brusio insopportabile che contribuiva ad alimentare il mio stress e il mal di testa. Avrei solo voluto essere a casa, oppure a Los Angeles, o forse sarei dovuta restare accanto a mia madre e non scappare in quel modo per poi tornare risultando un'estranea a tutti, ma infondo ero sempre io, la stessa ragazza che pensava di essere diventata più forte, pensava che quei muri che si era creata erano abbastanza forti da non essere buttati giù da stupide parole che sostenevo non fossero tanto importanti, ma che a quanto pare risultavano essere più taglienti di una lama.
Eppure dovevo in qualsiasi modo far si che non cedessi più così facilmente, che quelle barriere mi proteggessero o meglio che mi avrebbero impedito di essere trascinata ancora più a fondo.
Sentì la porta dietro di me chiudersi segno che qualcuno fosse uscito.
Senza far caso alla mia presenza si appoggiò al pilastro che contribuiva a sostenere una piccola tettoia sotto la quale mi ero riparata sedendomi sulle scale e non curandomi di sporcare il vestito.
Il ragazzo estrasse dalla tasca l'accendino e una sigaretta portando quest'ultima sulle labbra, tutto questo sotto il mio sguardo attento mentre ricordavo la notte in cui tutti i miei sentimenti vennero allo scoperto sconvolgendo quello che eravamo.
Cos'eravamo? Anzi no, la domanda era se mai eravamo stati qualcosa.
-Perdonami, perdonami di amarti e di avertelo lasciato capire.- sussurrai flebilmente sicura che lui non mi avesse sentito mentre il mio sguardo si era posato sui miei tacchi.

Just BrothersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora