Capitolo 13

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Capitolo 13

Di cavalli scuri e romantiche evasioni


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Thomas cavalcò per le strade di Small Heath, in sella al suo nuovo andaluso nero.

Si godette al trotto l'aria marcia di Birmingham, osservando con placida calma i macchinisti che accorrevano con pale cariche di catrame da un lato all'altro del marciapiede, i fuochi delle fabbriche che schizzavano ovunque tozzi incandescenti e pulviscolo.

I passanti parevano stupiti di scorgerlo nuovamente in sella al suo destriero, abituati com'erano a vederlo sopraggiungere in città con la sua auto nuova di zecca, una Rolls Royce dai colori sgargianti che si era regalato qualche mese prima per levarsi lo sfizio.

Ma Thomas quel giorno era volutamente tornato alle origini, a dove tutto aveva avuto inizio, per avvertire con maggiore nitidezza la differenza tra il passato e il presente: tra un passato a cavallo e con pochi quattrini in tasca, a un presente condito da auto di lusso e bella vita.

E dire che Thomas non si sentiva ancora arrivato. Era convinto di essere solo all'inizio del suo impero che aveva progettato con meticolosa attenzione.

Con quella consapevolezza condusse il cavallo verso la zona industriale di Birmingham, diretto al centro addestramenti di Amanda.

Già, Amanda.

Una presenza che senza alcun dubbio aveva cambiato il corso degli eventi e accelerato le sue mire d'espansione, ma che al tempo stesso le aveva allontanate da Londra.

Che contraddizione.

Amanda Pocettino: la sua compagna, la sua amante, la sua socia d'affari. Era tante complicate sfumature la donna che lo scaldava nelle freddi notti invernali e Thomas era consapevole che ve ne fossero ancora innumerevoli da scoprire, pronte a venire pazientemente alla luce.

Arrestò il cavallo davanti all'ingresso del magazzino e si guardò attorno.

In prossimità dell'entrata vi era una spia che Amanda allenava personalmente, intenta a fumare senza fretta. Era seduta in modo scomposto sul ciglio della strada e pareva assorta.

Thomas aveva già notato quella ragazza, era una delle più abili nel lanciare i coltelli. Se la ricordava perché aveva ravvisato in lei un'assurda maestria per le armi da taglio, un'abilità innata difficile da riscontrare persino nei migliori uomini che avevano militato al fronte durante la guerra.

La giovane lo fissò senza paura negli occhi chiari. Non si scompose.

"Signor Shelby" lo salutò formale lei, priva di allegria.

"Potreste andare a chiamare Amanda? Dovrei parlarle."

La giovane aspirò con estrema indolenza e non si mosse dal posto.

"E' impegnata. E io non sono un fattorino, nel caso in cui non ve ne foste accorto."

Thomas iniziava a perdere il sangue freddo, ma si impose calma. Sotto di lui l'animale intuì la portata del suo umore e nitrì impercettibilmente, scalpitando con gli zoccoli.

"Trova sempre il tempo di disimpegnarsi quando ci sono io. E ora andate a chiamarla, per cortesia" riprese lui, con un tono che non ammetteva repliche. "Non amo ripetermi" aggiunse, freddo.

La giovane spense la sigaretta per terra e lo studio dal basso con malcelato disprezzo.

"Qui non potete dare ordini, Signor Shelby. Questa zona è sotto la giurisdizione di Amanda, non vostra" gli rammentò con voce ferrea. Poi schioccò la lingua e riprese a parlare. "Tuttavia sono fedele alla mia padrona e andrò a chiamarla. Ma è per lei che lo faccio e non per voi. Ci tengo a precisarlo."

End Game || Thomas ShelbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora