Capitolo 15

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Capitolo 15

Di colpi grossi e sanguinarie conclusioni


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Thomas inforcò il binocolo e assottigliò gli occhi. Tornò a scrutare l'ingresso del locale situato dall'altro capo della strada di Regent Street, a Londra.

Tempo di valutare gli ultimi dettagli e lo riabbassò dopo aver scorto qualche interessante movimento che confermava le sue ipotesi.

"Vito Pocettino si reca in questo luogo ogni giorno alle 10:15 in punto, fa riservare l'intera sala unicamente per lui, consuma con tutti gli onori un caffè ristretto, una brioche e se ne va alle 10:30 spaccate" proferì lui, prima di rivolgere lo sguardo alla donna che occupava il sedile di fianco. Amanda era intenta ad appuntare in religioso silenzio quanto stava dicendo. "Dovremo agire in quella fascia d'orario e farlo fuori nel tempo record di 15 minuti. Non un secondo in più o avremo gli sbirri alle costole."

Erano appostati in macchina, vestiti con abiti dismessi e con grossi cappelli che camuffavano i loro tratti distintivi.

Oramai era da qualche settimana che pedinavano di nascosto Vito Pocettino. Thomas era giunto alla conclusione che il momento ideale in cui colpirlo fosse in tarda mattinata, quando il leader della gang italiana faceva colazione accompagnato da soli cinque scagnozzi, un numero esiguo rispetto alla quantità di sottoposti con cui di solito si spostava; sarebbe stato quasi una passeggiata sorprenderlo.

Amanda, riversa nel sedile in pelle, annuì impercettibilmente. Era imperscrutabile e non un velo di dubbio offuscava i suoi lineamenti marcati, fermi come se fossero scolpiti nella pietra.

"Quando lo eliminiamo?"

Thomas la fissò attraverso le iridi innaturalmente chiare per un lungo istante, senza sbattere le palpebre.

"Sei ancora sicura di volerlo fare? È pur sempre tuo padre e non si torna indietro una volta che gli puntiamo la pistola alla tempia."

"Non sono mai stata così sicura" gli rispose lei, il tono di voce risoluto mentre ricambiava senza turbamento alcuno lo sguardo del compagno.

E Thomas smise di porsi domande.

"Così sia. Domani è il giorno."


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Thomas Shelby entrò con indolenza all'Hotel Ritz e arrestò la sua avanzata a poca distanza dalla reception, le mani abbandonate dentro le tasche degli eleganti pantaloni scuri e un'espressione annoiata stampata in volto di chi vorrebbe essere da tutt'altra parte.

"Cerco Arthur Shelby. In che stanza posso trovarlo?"

L'uomo che stava dietro al bancone di lusso lo fissò a sua volta inespressivo.

"Mi duole recarvi dispiacere, ma non posso riferirvelo. Noi rispettiamo la privacy dei nostri clienti e non possiamo fornire certe delicate informazioni. Mi comprenderà, spero."

Thomas lo scrutò per un attimo con la stessa intensità che dedicherebbe se stesse guardando un cumulo di merda fumante, poi camminò fino ad appoggiarsi con i gomiti al tavolo.

Mosse l'indice e gli fece cenno di accostare il volto al suo.

"Stiamo parlando di mio fratello, quindi potete tranquillamente dirmi dove si trova la stanza" asserì lui, scandendo piano ogni sillaba, come se stesse parlando con un mentecatto di scarso comprendonio. "O se preferite, potete andare a fare un giro nella hall così io nel frattempo guardo personalmente nel vostro cazzo di elenco il numero della stanza. In qualsiasi modo la vogliate mettere, non me ne vado da questo hotel del cazzo finché non trovo la stanza" si interruppe e si accese con assoluta calma una sigaretta, sempre con eccessiva lentezza per gustarsi i brividi di paura che iniziavano a pervadere il receptionista ad ogni frase che fuoriusciva dalla sua bocca, in un crescendo di volute minacce. "Sono stato chiaro..." poi lanciò un'occhiata al nome che capeggiava sul cartellino. "Sono stato chiaro Franklin? È un bel nome, immagino sia stata tua madre a sceglierlo. Lasciami dire che sarebbe un terribile peccato se lei ti vedesse rincasare senza un braccio o un occhio in questi giorni" e detto ciò spostò con naturalezza la giacca a lato per lasciar intravedere l'impugnatura della pistola.

End Game || Thomas ShelbyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora