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Mi risveglio con il suo odore nelle narici. Le braccia avvolgono la carne, sfiorandole la pelle diafana. Fuori è mattina, ma lei è ancora addormentata contro il mio petto. Ci siamo spostati in camera da letto ad un certo punto, dopo aver consumato il tappeto del soggiorno. Jules si è mossa convulsamente sotto di me, liberandomi in fretta dei vestiti come se non vedesse l'ora di riavermi di nuovo dentro di lei.

L'ho accontentata, e l'ho fatta arrivare al culmine dell'amplesso saziata e estenuata. La bacio sulla spalla nuda, liberandomi delle lenzuola. Mi rivesto, vedendola contorcersi. "Che ore sono?" mi domanda, mettendosi a sedere. "Le sei e mezza". Scosta le coperte, muovendosi a destra e sinistra. "Dobbiamo essere da Williams tra mezzora".

"Lo so. C'è tempo" dico, tranquillizzandola. "No, non c'è tempo". Si chiude in bagno, lasciandomi a bocca aperta. Non so se andarmene o aspettarla. Nel frattempo raggiungo il bar all'angolo per poter prendere due caffè d'asporto. Non so nemmeno come lo prende. Nero, macchiato, poco zuccherato. Non ne ho idea.

Torno da lei, ritrovandola con un asciugamano avvolto intorno al suo bellissimo corpo e i capelli bagnati. Le porgo il caffè. "Grazie. Credevo te ne fossi andato". "Ho aspettato". Ci guardiamo negli occhi, imbarazzati e incapaci di dire qualcosa. Lei parla per prima. "Senti, per quanto riguarda stanotte...". "E la scorsa notte". Jules annuisce. "Già. Per quanto riguarda entrambe le volte in cui noi, beh... quello che sto cercando di dirti è...". La blocco, terminando la frase per lei.

"Non preoccuparti. È stato l'impeto del momento. Williams non lo saprà". Accetta di mantenere questo segreto con me. "Allora ci vediamo in ufficio tra dieci minuti. Torno in hotel a cambiarmi". Raggiungo la porta, voltandomi verso di lei per poterla ammirare per l'ultima volta. Ascolto il mio cuore che mi sta dicendo di prenderla tra le mie braccia e darle un intenso e vorace bacio d'addio. Jules ricambia, attirandomi a sé. 

"A dopo" termino di dire, facendole un occhiolino

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"A dopo" termino di dire, facendole un occhiolino. Appena sono in auto, sento lo stomaco contorcersi e brontolare. Questo sta succedendo per la fame, dato che non abbiamo cenato e nemmeno fatto colazione. Ma c'è un'altra sensazione fastidiosa che sovrasta la fame, ed è una sensazione che devo imparare a controllare. Da oggi cambia tutto.

Quando sono a casa, mi infilo il dolcevita – incapace di nascondere i succhiotti in altri modi – mi sciacquo la faccia e mi dirigo al complesso. L'auto di Bridget è già qui. Scopro di essere in ritardo. Vaults mi osserva, critico. "Mi dispiace. L'auto ha avuto dei problemi a partire". Mi scambio uno sguardo fugace con Jules, che in risposta raddrizza la schiena. "Non ti fa caldo con quel maglioncino?". Scuoto la testa, affermando che ho mal di gola. Vaults ci invita a sederci in cerchio. Bene, sta per dirlo. Spero non faccia il mio nome.

"Allora, ho un annuncio da farvi prima di tornare a Washington. Ne ho parlato con Seth soltanto ieri, e si è dimostrato a favore". Mi porto una mano sulla bocca, le gambe accavallate. Guardo di nuovo Jules. Mi sembra a disagio. Non sarà facile far finta di niente. "Ho chiesto un prepensionamento e me lo hanno accettato, perciò dovrò abbandonare il mio ruolo come maggiore della mia squadra di mercenari. La CIA per cui lavoriamo vuole che lavorino al vostro fianco d'ora in avanti". Fred e Robert sgranano gli occhi, scettici. Jules si porta una mano sul viso.

"E ce lo dice così? Non ha pensato di informare i suoi agenti prima?" domanda Fred, adirandosi. "Lavoriamo per lei da cinque anni". "Lo so, ragazzi. Mi dispiace. Ho cinquanta anni. Ho bisogno di staccare la spina". Non rispondiamo. Intanto Williams chiede alle sue ragazze cosa ne pensano.

"Continuerò ad affermare che noi tre lavoriamo meglio da sole..." replica Amber, mettendosi a braccia conserte "...ma a Bagdad ho potuto apprendere che Vaults ha lavorato con degli ottimi soldati. Perciò sì, sono fiera di poter collaborare con loro". Lei si scambia uno sguardo con Fred. Mi domando se c'è stato qualcosa. "Penso la stessa cosa" dichiara Bridget, ammiccando. "Più siamo, meglio è. Riusciremo a fare fuori più gente se siamo un bel gruppo di mercenari". Jules è l'unica a non aver detto la sua. Posso vedere gli ingranaggi nel suo cervello muoversi. Sta pensando a quello che è successo tra noi. Qualcosa che non potrà ripetersi.

Williams le chiede un parere. Lei alza il mento, cambiando espressione. "Si goda il prepensionamento, colonnello. Ci prenderemo noi cura dei suoi uomini" risponde, voltandosi verso di noi. Ci guarda, ma alla fine esita con lo sguardo nei miei occhi. La vedo deglutire, come se fosse dispiaciuta. Anche io ho studiato la psicologia del corpo, quindi riesco a rilevare il suo dissenso. Il senso di colpa per essere venuta a letto con me – due volte – e per aver provato piacere. Non sopporta quello che è successo perché ha violato una regola, ma perché ha provato qualcosa che non avrebbe dovuto provare. Comprendo questa sensazione, perché è la stessa che sto percependo anche io.

[...]

Vaults riparte nel pomeriggio, lasciandoci al nostro destino nelle mani di un maggiore dell'esercito. Ci richiama nel suo ufficio, chiedendo all'ultimo di chiudere la porta. "Bene, ora che la mia squadra si è allargata, dobbiamo parlare di quello che realmente facciamo in questa unità".

"Lo sappiamo..." risponde Robert "...quello che abbiamo sempre fatto per la CIA". Williams scuote la testa. "Noi agiamo diversamente. Siamo un'associazione segreta che non lavora per il governo, perciò possiamo dire che siamo liberi di fare come vogliamo. Sul campo e fuori".

"Avete giurisdizione ovunque?" gli domando. "Sì e no. Ci commissionano dei lavori, e in base al compenso decidiamo se accettare o meno. Noi siamo questo, e le mie ragazze hanno sempre svolto un lavoro perfetto. Spero voi possiate fare altrettanto".

"E dove andremo adesso?". Ci chiede di seguirlo nella stanza con i computer. "Un aereo diretto a Tokyo è precipitato su un'isola nell'oceano indiano. Trasportava qualcosa che mi serve, e voi dovrete recuperare il cargo. Avete cinque giorni". Ci congeda così, senza aggiungere altro. "Non ci da altri dettagli?" gli domando, scettico.

"James, so che sei il preferito di Vaults perciò ti tratterrò come un gioiello. Non devi fare domande. Devi semplicemente agire e accettare gli ordini ricevuti". Annuisco, seguendo gli altri ai camerini. Ci confrontiamo, parlando dell'atteggiamento di Williams.

"Vi abituerete" commenta Bridget, sfilandosi la t-shirt. Si spogliano davanti a noi, girandosi di schiena. Io mi soffermo sui capelli rossi di Jules che le sfiorano le spalle, mentre Fred osserva la chioma scura di Amber. Gli do un buffetto sul braccio, facendolo tornare con i piedi per terra.

"Non si possono avere dei camerini separati?" sbotta Robert, a disagio. "Siamo sempre state solo noi donne, quindi non abbiamo un posto per voi. Dovrete accontentarvi" dichiara Amber, ammiccando. "Per me è perfetto" replica Fred, facendola ridere. "Lo immaginavo". Apro il mio armadietto, sfilando il dolcevita. Afferro una t-shirt nera, infilandomela da sopra la testa. "Ehi?" Fred mi richiama. "Hai dei graffi dietro la schiena". Guardo Jules che ricambia il mio sguardo atterrito. "Fatto baldoria ieri sera?".

"Ehm, no..." sudo freddo, rivestendomi "...il gatto della padrona dell'hotel". "E ti è saltato alle spalle come una tigre? Ma chi vuoi prendere in giro". Le altre vanno via intanto che Fred aspetta che mi allacci gli anfibi. "Dimmi un po', è assatanata?".  "Non rompere, Fred. Ti ho detto com'è andata".

"Già, ed io penso che ti sei fatto la rossa dalle curve mozzafiato. Ammettilo, resterà tra noi". Incapace di nascondere il sussulto al petto, faccio di sì con la testa. "Ah. Lo sapevo. Sei il mio eroe". Soffoco una risata, spingendolo verso la porta. Raggiungiamo l'hangar, preparandoci a prendere l'aereo diretto all'isola. Quando Fred si posiziona nella cabina di pilotaggio e Robert, Amber e Bridget raggiungono i sedili, resto due minuti da solo con Jules. Mi limito a guardarla con la coda dell'occhio.

"Grazie" sussurra all'improvviso, forzando un sorriso. "Per cosa?". "Per non aver accennato a me riguardo ai graffi". "Ah" sospiro, gesticolando. "Ti ho paragonata ad una gatta". "Già, lo sono stata".

"Saranno delle cicatrici con dei bei ricordi" spiego, pentendomene quasi subito. "James, non farlo. Non tornare a flirtare con me. Ormai siamo una squadra, non potremo più...". "Lo so. Non preoccuparti. L'ho già rimosso. È stato solo sesso, vero?". La vedo ingoiare la saliva, sorpresa dalla mia domanda. "Oh certo, solo sesso. Come sempre". La lascio salire sull'aereo per prima, ammirandola da dietro ancora per qualche minuto prima di tornare ad essere due vecchi compagni di camerata che non sopportano la vista l'uno dell'altra. 

𝐌𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐲 | 𝘚𝘦𝘣𝘢𝘴𝘵𝘪𝘢𝘯 𝘚𝘵𝘢𝘯Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora