Venerdì 06 novembre 2020
Non uscivo da tanto, troppo tempo: gli stage di qualche settimana prima non mi avevano permesso di vivere tranquillamente. Oltre questo dovevo preoccuparmi delle varie restrizioni, del colore della zona in cui vivevo.
La pandemia arrivata mesi prima non sembrava finire, i vaccini erano un punto certo ma molto lontano e la libertà sembrava qualcosa di estremamente lontano anche se in fondo tutti lo sappiamo che siamo sempre stati liberi. Certo, vivere una pandemia chiuso in casa con la possibilità di vedere le persone a cui vuoi bene solo attraverso lo schermo di un telefono e di un computer non è proprio fantastico, come non è fantastico vedere ogni sera nei telegiornali numeri di morti aumentare, affacciarsi alla finestra e vedere le strade vuote, osservare la gente perdere le speranze dietro una mascherina ma ognuno di noi è sempre stato libero di poter pensare che andrà tutto bene. Il dolore più grande è vedere le persone che non sanno come andare avanti, il turismo fermo, la musica in silenzio, miliardi di ragazzi bloccati dietro ad un display immaginando di vivere tutte quelle cose rubate alla loro età e che il tempo non darà più loro indietro. Non ci darà più indietro! Forse è in questo periodo che abbiamo capito l'importanza del tempo, lo abbiamo capito non vivendolo. Eppure, anche se il tempo non sembrava scorrere da un pezzo ormai, la vita continuava ad andare avanti.
L'incontro con lui quella sera fu inaspettato anche se in realtà sapevo di doverlo incontrare, fu inaspettato quello che provai: in un solo istante la sua presenza mi tolse le parole di bocca, l'aria non sembrava sufficiente per entrambi e il tempo ricominciò a scorrere in modo molto più veloce. Sembrava tutto profondamente strano. Per tutto il tempo non lo guardai e so che potrebbe sembrare una cosa stupida ma avevo paura, paura di cosa ? Beh, paura per la prima volta di far crollare quei muri costruiti negli anni senza neanche saperlo, paura di guardarlo e innamoramene e quella sicuramente sarebbe stata la mia fine: essere consapevole di poter provare qualcosa per qualcuno, qualcosa di esageratamente grande da poter spiegare e non riesco nemmeno a capire perché io stia cercando di farlo invano. Era la prima volta che mi sentivo così tanto instabile accanto a qualcuno, la prima volta che riuscivo a vedere i miei muri che gli altri mi facevano presente ma che io non vedevo mai e la prima volta in cui non riuscivo ad essere sicura di quello che pensavo e persino di dove fossi. In quel momento avevo bisogno di qualcuno accanto che parlasse e non smettesse più, che mi distraesse da tutto quello che stava avvenendo nella mia testa e quasi sicuramente anche nel mio cuore. Quel cuore che pensavo non potesse più provare niente dopo l'ultima volta che si era frantumato, quel cuore che aveva amato tanto ma in cambio aveva ricevuto coltellate, aveva perso troppo sangue per ritornare a battere e a vivere per qualcuno. In realtà credevo di non avercelo più un cuore ed essere vivi non significa per forza averlo. Lui si avvicinava ed io continuavo ad arretrare ma sapevo che tenerlo lontano fisicamente non significava niente se poi nei pensieri ce lo avevo a un millimetro dal mio volto, perché funziona così: puoi far finta che non sia reale, fingere di spegnere quello che hai dentro e finire per crederci davvero ma non potrai reprimere tutto a lungo, non dare ascolto a quello che provi. Quella sera prima che se ne andasse via si avvicinò e mi porse la mano. La guardai prima di guardare i suoi occhi, prima di fare qualsiasi cosa. Dentro di me c'era una parte che non voleva avere un contatto con lui, qualsiasi forma di contatto con lui e così lo respinsi, lo respinsi molte volte. Chi ci circondava non riusciva a capire quello che io stessi facendo e in realtà non conoscevo nemmeno io i miei demoni interiori a fondo e come avrebbero potuto comprenderli loro ? Era una voce quella che sentivo nella mia testa, era probabilmente la ragione che combatteva con qualcos'altro. Lui si inginocchiò dinanzi a me come se fosse uno spettacolo quello che stavo facendo, come se io mi stessi facendo desiderare quando in realtà quello era solo l'inizio di una lotta contro me stessa per lui. Se ci ripenso mi ha ferita quel gesto, un primo gesto di incomprensione ma è anche il ricordo del fatto che quella volta però alla fine di tutto ho vinto contro quella voce e la sua mano l'ho stretta nella mia. So che potrebbe essere banale e forse un pò lo è ma quando cresci senza affetto fisico, quando passi del tempo da sola, molto tempo da sola lontano da tutti, quando le persone che credevi ti amassero ti respingono finisci per respingere tu solamente per non essere ferita da qualcun'altro che non possa essere te stessa. Chiamatelo egoismo o come volete ma io lo chiamerò volersi bene e solamente in pochi potranno capire di cosa di tratta ma non temete perché anche io un tempo non lo capivo. Arriverà il momento nella vita di tutti in cui ognuno di noi sceglierà di mettere al primo posto se stessi prima di chiunque altro.