La verità vien sempre a galla

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"Mi dica, Mary, come si è sentita in seguito all'assalto che ha subito in terza classe?" chiese improvvisamente Charles, "Immagino sia stato difficile da superare..."
Io impallidì rapidamente, sembrava che un fantasma mi fosse apparso davanti agli occhi, proprio ciò che speravo non venisse nominato quella sera, fu nominato. I miei genitori, come ribadito, non sapevano assolutamente nulla al riguardo dell'accaduto, e tutte le cose brutte che avevano detto riferendosi all'assalto mi fecero venir voglia di scomparire. In casi come questi avrei preferito essere buttata giù dalla nave piuttosto che confrontarmi con loro. Di certo la colpa non era di Charles, era stato gentile nel preoccuparsi, ma aveva fatto in modo che questa volta venissi ripudiata sul serio. Mia madre aveva un'espressione facciale da far venire i brividi, per non parlare di mio padre...
Non riuscii a pronunciar parola, iniziai solamente a sperare che tutto quanto me lo fossi appena immaginato, e invece mi trovavo proprio faccia a faccia con loro, in attesa di una spiegazione.
"Mary Hellen Livingston!" alzò la voce mia madre, "Dimmi che il signor Charles si è sbagliato, dimmelo!"
Si alzò in piedi con azioni scattanti, pronta per venirmi incontro, ma mio padre la prese per il braccio, invitandola a risedersi.
"Parla!" urlò poi.
"Io..." non riuscivo nemmeno a strutturare una frase, ero così impaurita che mentirgli di nuovo era un'opzione per me.
Mio padre mi guardava impazientemente, tutto rosso in viso.
D'istinto mi girai verso Leonard, come se fosse un punto di conforto o riferimento, ma lui era impassibile.
Affranta e senza alcun via di scampo, riguardai negli occhi i miei genitori.
"No, madre. Il signor Clearson non si è sbagliato."
La mia voce era tremante, avevo davvero paura della loro reazione.
Mia madre questa volta non venne fermata, si alzò di nuovo e tirandomi violentemente il braccio mi costrinse ad alzarmi a mia volta. Charles e sua moglie Kate si avvicinarono, allontanando mia madre da me, la quale sembrava paonazza a causa di ciò che aveva sentito. Kate era al suo fianco, le porse un bicchier d'acqua e si accomodò nella sedia accanto. Charles, invece, mi accarezzò la spalla e tentò di tranquillizzarmi, invano. A causa della vergogna e a causa della situazione mi buttai sulla sedia, portando le mani sulla fronte sudata, cercando di calmarmi. A raggiungermi fu anche Leonard, che abbracciai con tutto il cuore. Lui inizialmente non si mosse, ma poi portò la sua mano destra sui miei capelli, per accarezzarli.
"Stai tranquilla, tutto si sistemerà."
"No, Leonard, tu non hai capito." dissi con le lacrime agli occhi. "Diranno a William che l'ho tradito, mi definiranno e considereranno una poco di buono per aver baciato due totali sconosciuti e per essermi presentata con una scollatura piuttosto ampia!"
"No, Mary. Non succederà nulla di simile, te lo posso assicurare." L'ultima frase fu pronunciata con tale fermezza da farmi sperare in qualcosa che non sarebbe mai accaduto.
"Io non ci posso credere!" sentii mia madre.
"Non l'ha solamente tradito con due uomini, ma ora con TRE!" riprese fiato e continuò: "Ma che razza di figlia abbiamo cresciuto, Patrick, eh?!"
Il fatto che mio padre non proferì parola aumentò notevolmente la mia preoccupazione, faceva così quando doveva autocontrollarsi, per non esagerare.
"Hellen, possiamo sederci e discuterne tutti assieme, il pensiero di due genitori in più potrebbe aiutarvi, non è così caro?" disse Kate rivolgendosi prima a mia madre e poi a suo marito.
"Certamente." rispose Charles "Per favore signor Livingston, si accomodi."
Fece per richiamare anche suo figlio, ma vedendolo seduto accanto a me si tirò indietro, gli porse un semplice sorriso.
"Signori, volevo scusarmi per lo scalpore che ho causato, non era mia intenzione. Comunque non voglio dilungarmi perchè credo sia più opportuno lasciar parlare Mary. Mi dispiace."
Presi coraggio ed iniziai il mio racconto, in tutto ciò mia sorella Anne aveva continuato a cenare, come se nulla fosse successo.
"La ringrazio infinitamente signor Charles, per aver insistito nel darmi una possibilità, e ritengo che lei non debba affatto scusarsi." iniziai. Le mie mani erano intrecciate tra di loro, sudate a causa dell'ansia. "Quella che dovrebbe scusarsi probabilmente sono io, per aver disubbidito ai miei genitori e per non aver detto la verità. L'ho fatto perchè avevo paura di una vostra possibile reazione negativa, come appunto è successo."
"Scusate ma per me sono tutte sciocchezze." intervenne Leonard, alzandosi e poggiando le mani sul tavolo. Mi diede un'occhiata e continuò: "Mary è stata assalita ed importunata, mi sembra una cosa da folli chiederle di scusarsi, ma soprattutto reagire in questo modo!"
Vedendo che nessuno proferì parola, si sentì libero di procedere. "La ragazza in questione non ha sbagliato, si è difesa. Lei non era consenziente nel farsi baciare o palpare!"
"Leonard, non preoccuparti, non serve." lo fermai. Lui si risedette. "Madre, padre, so che mi avete ribadito un sacco di volte che non dovrei allontanarmi senza la compagnia di un uomo fidato, ma stavo solamente facendo una passeggiata in terza classe, che è un posto in cui soggiornano persone esattamente come noi."
"Infatti è per questo che è successo tutto quanto, no?" chiese mio padre.
Sbuffai, ormai affranta e quasi in resa. Era chiaro che non avessero intenzione di capirmi.
"Patrick, mi permetta di intervenire e dirle che secondo me, lei assieme a sua moglie, dovrebbe riflettere su ciò che Mary sta dicendo. L'assalto sessuale è definito tale poichè non desiderato. In questo caso vostra figlia ha sbagliato solamente sull'avervi mentito." il padre di Leonard mostrò ancora una volta il suo supporto nei miei confronti. Gli sorrisi dolcemente, nonostante i miei occhi fossero lucidi.
"Signor Clearson, la nostra famiglia porta un cognome importante, fra i più conosciuti di Londra, e non posso permettere che venga infangato dalle azioni di una ragazzina sbadata e a quanto pare immatura per la sua età! Per non aggiungere irrispettosa nei confronti dell'uomo che la aspetta a casa e con il quale avrebbe dovuto avere un futuro." Mio padre sembrava esausto, mi guardava con occhi spenti e scuri dalla rabbia. Non avrei resistito ancora per molto.
"Ritengo che i signori Livingston abbiano bisogno di fare chiarezza e di tranquillizzarsi. Mi auguro possiate chiarire con vostra figlia Mary." Charles capì lui stesso che i miei genitori su questioni del genere erano irremovibili, perciò si ritirò.
"Mary," mi richiamò mio padre "io e tua madre abbiamo preso una decisione: questa sera non vogliamo vederti, trova un posto dove alloggiare. Buona serata signori." Salutò i presenti e fece strada a mia madre poggiandole una mano sulla schiena. Non potevo dire di non essermi aspettata una reazione del genere, però faceva comunque male sapere che i miei genitori erano rimasti così delusi da non volermi più vedere. Oramai era evidente.
Non risposi nemmeno, cercai solamente di trattenere le lacrime che volevano fuoriuscire ad ogni costo e li guardai allontanarsi assieme ad Anne, la quale mi si rivolse con occhi confusi. Io le sorrisi e poi afferrai la mia borsa, pronta per andare a cercare un posto in cui trascorrere la notte.
"Potresti alloggiare da me." mi disse Leonard. Lo guardai speranzosa, essere al fianco di un uomo di cui relativamente mi fidavo era per me di gran conforto. "Sei davvero molto gentile, Leonard. Non vorrei recare disturbo..."
"Non preoccuparti, finché le acque non si calmeranno, sei la benvenuta."
In questi giorni era così gentile, un lato che gli donava particolarmente, ma che mi faceva domandare quanto sarebbe durato. Probabilmente gli facevo solamente pena, e come biasimarlo.
Assieme ci avviammo verso la sua cabina, la B58.
Prima che Leonard potesse aprirla, Alex si avvicinò a noi: "Mary, so che non è il momento, ma volevo dirti di stare tranquilla e non preoccuparti, tutto si sistemerà."
Apprezzai davvero tanto questo suo gesto, lo abbracciai e ringraziai di cuore. Dopo qualche attimo lui si allontanò, sistemandosi nella sua cabina.
Io e Leonard riuscimmo finalmente ad addentrarci all'interno e rimasi abbastanza colpita dall'arredo. Era davvero bella e spaziosa, sui toni del verde. Era arredata con due letti singoli, un divano con l'apposito tavolino, e una specie di scrivania sulla quale erano appoggiati diversi oggetti di uso quotidiano.
"Che letto preferisci?" chiese Leonard, "Io solitamente dormo su quello lì, vicino alla porta d'ingresso, però se preferisci posso lasciarlo a te."
"Non preoccuparti, va bene l'altro per me. Grazie di nuovo."
Nella mia voce trasparivano poche emozioni positive, ero molto preoccupata. Appoggiai la mia borsa sul letto e mi ci sedetti sopra, guardando verso il basso. Leonard si tolse la giacca nera e la ripose sull'attaccapanni, per poi raggiungermi. Inizialmente non disse molto. Io appoggiai la mia testa sulla sua spalla e rimanemmo in silenzio per qualche istante.
Fortunatamente l'argomento non venne toccato così di frequente, e lui cercò di farmi distrarre con alcune battute orribili e alcuni aneddoti divertenti; ci riuscì, in parte.
"Si è fatto tardi, hai bisogno di riposare." mi disse Leonard, guardando l'orologio. Era quasi mezzanotte. Non avevo voglia di dormire, non che ci sarei riuscita comunque.
"Non hai sonno." intuì.
"Già..." risposi ridacchiando.
"Vieni qui..." disse aprendo le braccia. Mi ci fiondai, e le lacrime iniziarono a rigarmi il volto. Avevo tanto bisogno di un suo abbraccio, tanto.
"Non devi piangere per queste stronzate."
"Non le definirei tali, i miei genitori non vorranno più vedermi dopo questo. Potrebbero rovinare tutto quello che avevo creato assieme a William, non riesco nemmeno ad immaginarmi la sua reazione alla notizia!"
"I tuoi genitori hanno sbagliato Mary, e spero che se ne accorgeranno." disse in tono serio.
"Ho sbagliato io, non avrei dovuto andare là da sola e farmi toccare o baciare."
"Non dire così..."
"Sì, è così. Riconosco i miei errori."
Lui stava perdendo la pazienza, si percepiva dall'espressione che gli delimitava il viso.
"Non è colpa tua cazzo!" alzò la voce, "Lo vuoi capire?"
Feci per rispondere ma m'interruppe e prese il mio viso fra le mani, ancora bagnato dal pianto. "Non devi incolpare te stessa per le azioni di due aggressori! Non è così che funziona. È la cosa peggiore che tu possa fare!"
Non avevo più nulla da dire, riconoscevo il fatto che i due uomini fossero i colpevoli, ma non potevo che incolpare anche me stessa. Ci doveva pur essere un motivo per il quale i miei genitori erano tanto arrabbiati.
Nella stanza calò di nuovo il silenzio, ma gli occhi di Leonard non si staccarono nemmeno per un secondo dai miei.
Sentivo di aver bisogno di più di un abbraccio da parte sua, eppure non riuscivo a comprendere che cosa. La sua presenza accanto alla mia non sembrava bastarmi. Tutte le parole che aveva detto, il tono che aveva utilizzato per parlarmi, provocarono in me un'esplosione di emozioni, una più forte dell'altra; ma ero intimorita, sapevo che lui non provava le stesse cose quando si trovava vicino a me. Dovetti, però, ricredermi, in quanto pochi secondi dopo aver fatto questo pensiero sentii le sue labbra fiondarsi sulle mie, facendo aumentare notevolmente la temperatura del mio corpo, ma anche il suo linguaggio. D'istinto gli circondai il collo con le braccia e premetti le mie labbra sulle sue, dando vita così ad un bacio ardente, niente di dolce o delicato, qualcosa di voluto, ma rimandato per troppo tempo.
Quando il bacio venne sciolto, lui mi invitò a sdraiarmi sul letto, spingendo la mia testa verso il cuscino tramite il suo mento. Mi lasciai andare, presa dal momento. Il bacio che seguì fu più lungo e più sentimentale, meno passionale. Si mostrò essere delicato, dolce. Successivamente le sue labbra iniziarono a scendere verso il collo scoperto, inumidendolo e ricoprendolo di piccoli brividi. Nonostante il cuore gridasse di non fermarlo, la mente gli disubbidì. Non mi sembrava il caso di esagerare, era stata una giornata piena di avvenimenti e noi ci conoscevamo solamente da qualche giorno. Leonard inizialmente protestò, ma ero sicura che pensasse lo stesso, nonostante conoscessi il suo carattere. Prima di dirigersi verso il suo letto mi schioccò un altro bacio veloce, per poi spegnere la luce e scomparire in mezzo al buio.
Se prima pensavo mi sarebbe risultato difficile addormentarmi, ora lo era diventato impossibile. La mia mente era stata ufficialmente affittata da un ragazzo di nome Leonard Clearson, ed il suo sapore mi era rimasto impresso anche nell'anima.

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