Tentato chiarimento

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Mi precipitai frettolosamente alla porta, ma nessuna lettera era giunta. Sentivo solamente i miei genitori conversare in salotto. Diedi uno sguardo alle mie spalle, li vidi seduti uno accanto all'altro. La mente mi vagò subito al loro fidanzamento, combinato e frettoloso, eppure nessuno dei due sembrava mai rimpiagere le scelte passate. Ma com'era mai possibile? Avevo provato innumerevoli volte a mettermi nei loro panni, ma mai ci ero riuscita. Come gli era passato per la testa di accettare come proprio compagno di viva un totale sconosciuto! Io, dal tronde, è vero, avevo quasi agito nello stesso modo, quasi. Mi restava ancora un po' di speranza, probabilmente mi era possibile cambiare il corso degli eventi, mi serviva solamente molta pazienza e la loro comprensione. Ma, avrei mai potuto lasciarmi alle spalle quello che era successo? Sarei mai riuscita ad infilarmi nel letto senza pensare a tutte le emozioni provate? Sarei mai riuscita a voltarmi verso l'uomo che avevo accanto e accettare che fosse qualcuno di diverso da lui? Purtroppo, la riposta sembrava chiara. Mi accorsi di aver ancora la porta aperta quando mia madre mi gridò di chiuderla, perciò mi spostai subito e mi recai da loro, non avendo nulla di divertente da fare, o qualcosa di romantico da leggere.
"Gioco di società?" domandai, vedendo le carte sparse sul tavolino.
Mia madre annuì con l'espressione seria, mentre mio padre non mi degnò nemmeno di uno sguardo. Mia zia arrossì e finse di contare le carte. Insospettita dal loro comportamento mi sedetti lì anch'io. "Qualcosa non va?" domandai.
Entrambi i miei genitori scossero la testa, mentre mia zia li guardò confusi. Quest'atmosfera agganciata mi infastidiva particolarmente, dunque non mi unii nemmeno per il gioco. Corsi in cucina per riempirmi un bicchiere d'acqua, lo bevvi tutto d'un sorso.
No... ho bisogno di vino. Mi dissi.
Tirai fuori un calice di vetro e ci versai all'interno dell'abbondante vino rosso. Sospirai e bevvi tutto d'un sorso anche quello.
"Ma che diavolo combini?!" esclamò mia zia Emily, vedendomi con la bottiglia di vino in una mano e il calice nell'altra. Scossi la testa e la rassicurai che non stessi facendo nulla, sebbene l'alcol aveva cominciato a fare il suo effetto. Ero praticamente a stomaco vuoto.
Mio padre preoccupato corse in cucina per vedere che cosa fosse successo. Mi maledii mentalmente per non aver atteso che la casa fosse vuota, ma ormai ciò che era stato fatto era stato fatto.
"Avevo bisogno di una bella rinfrescata." dissi impulsivamente. Mi pentii anche di quello, ovviamente.
Mia madre si portò la mano alla fronte per l'ennesima volta in quelle settimane, dopodichè si ritirò in salotto con gli altri componenti della famiglia.
Bene, direi che posso finirmela in santa pace ora. Pensai guardando la bottiglia. Appena stavo per versare il liquido nel bicchiere, però, udii il motore di una macchina fermarsi davanti all'abitazione. Mi affacciai alla finestra per controllare, ma non fui in grado di riconoscerla. Pensai che fossero amici dei miei zii, o qualcosa del genere. Ma mi insospettii non appena vidi tutti precipitarsi alla porta. Attesi, prima di giungere a conclusioni.
Vidi mio padre fiondarsi fuori dalla porta, per poi essere seguito da mia madre.
"Andatevene! SUBITO!" urlò.
Senza farmi sentire, mi avvicinai alla scena. Il mio cuore cessò di battere, la mente mi si offuscò e quasi non persi l'equilibrio. Non poteva essere vero, non doveva essere vero. Gli occhi mi si inumidirono, come se non fossi più io a controllarli, poi, incontrarono i suoi. Lo vidi corrermi incontro, superare mia zia e poi fiondarsi su di me. Mi circondò la vita con le braccia, poi mi accarezzò i capelli sciolti. Lo guardai senza staccarmi un secondo, gli accarezzai il viso per assicurarmi che fosse reale. Lui fece lo stesso. Poi, quando le sue labbra calde si poggiarono sulle mie, e nel mio stomaco riafforarono le farfalle, non ebbi più incertezze. Gli circondai il collo con le braccia e lo strinsi forte a me, finchè mio padre furibondo non ci separò. Non ebbimo nemmeno il tempo di scambiarci due parole.
"Ma che diavolo di teatro è mai questo!" Era davvero arrabbiato. La vena sul collo quasi non gli esplose, in più era diventato tutto rosso.
"Patrick, la prego, parliamone." tentò di tranquillizzarlo Charles, il padre di Leonard, seguito da sua moglie Kate.
"Non me voglio sapere nulla." disse mio padre, fermamente. Nessuno sarebbe stato in grado di fargli cambiare idea. Leonard si avvicinò a me e mi accarezzò la schiena.
"Per favore." disse molto lentamente. "Leonard, allontanati da mia figlia, e tu, Mary, vai subito a sistemarti." Parlò con gli occhi chiusi e i denti stretti, tentando in ogni maniera di non reagire eccessivamente.
Leonard mi guardò, poi si allontanò, consapevole che peggiorare la situazione non sarebbe stata una mossa saggia. Mentre mi dirigevo nella mia stanza, passandogli davanti, gli tesi il braccio e gli feci un mezzo sorriso. Lui mi accarezzò la mano, ricambiando. Anche Charles e Kate mi sorrisero, salutandomi.
Giunsi nella mia stanza, dove raccolsi i capelli il più velocemente possibile, per di seguito darmi un'occhiata allo specchio. Non avevo dormito molto la sera precedente, e vedere Leonard così inaspettatamente era stato un colpo duro.
Tornai subito in sala, dove venni accolta da urla 'soffocate' e visi preoccupati.
"Papà?" richiamai mio padre, quasi a bassa voce. Tutti quanti si girarono verso di me, poi tentai di prenderlo in disparte per parlargli.
"Ti ho vista." disse semplicemente, non spostandosi. "Vi ho visti." aggiunse. Guardai Leonard.
"Si sono baciati?!" esclamò mia madre, quasi furibonda anche lei. Io sospirai, pronta a ricevere le più amare parole.
"Portami un po' d'acqua, Emily, per favore."
Mia zia corse da mio padre, il quale si sedette sulla poltrona, cercando di calmarsi.
Leonard, che teneva ancora il suo cappello in mano, si avvicinò di nuovo a me.
"Mary..." disse, sorridendomi. Feci lo stesso. Il desiderio di abbracciarlo o di baciarlo era così intenso che sarei stata capace di farlo anche in quel preciso momento, ma sembrava essere andato tutto così storto.
"Che ne dite di riunirci tutti quanti in salotto e tentare di parlare civilmente?" propose Kate, la madre di Leonard.
Io annuii, facendoli accomodare nei grandi divani.
"Gradite qualcosa?" domandai, "Immagino sia stato un lungo viaggio."
"Un bicchiere d'acqua, tesoro, se non ti dispiace." disse Charles, portandosi il cappello alle ginocchia e sospirando. La situazione sembrava essersi quasi ristabilita.
Gli portai il bicchier d'acqua, poi mi sistemai di fianco al divano in cui erano seduti, proprio vicino a Leonard.
"Mi sembra assurdo tutto questo." parlò mia madre, portandosi le mani alle tempie. "Mi sembra incivile buttarvi fuori di casa, ma se ci spiegaste gentilmente il perché vi trovate qui, ci fareste un favore."
Kate e Charles si donarono un'occhiata, dopodiché a parlare fu Kate. Il marito le prese la mano.
"Ci dispiace davvero molto d'esserci presentati così, improvvisamente, ma ci siamo meravigliati del fatto che Leonard non avesse ricevuto risposta da vostra figlia." fece per continuare, ma venne interrotta da mio padre: "Sì, non ha risposto perché la lettera l'abbiamo presa noi."
Kate fece trasparire dell'indignazione e della meraviglia dalla sua espressione, poi continuò il suo discorso: "Prima di tutto vi rivolgiamo le nostre più sincere condoglianze per la perdita di vostra figlia minore, non immagino il dolore che avete provato. Ma, focalizzandoci sui protagonisti, e motivo per il quale ci troviamo qui, partirei col premettere che non sappiamo bene di che cosa siate a conoscenza fra tutto quello che è successo sul Titanic, ma i nostri figli maggiori sembrano aver stretto un'amicizia molto sincera. La quale, però, da quel che ci è stato riferito, non sembrate accettare."
I miei genitori si guardarono con un'espressione seria, mentre gli occhi di Leonard erano sempre puntati sui miei.
"Voi la definite amicizia?" domandò mio padre, serio.
"Non volevamo giungere a conclusioni affrettate, ma se è ciò che volete: avete ragione. Non può essere definita amicizia, sappiamo bene entrambi, mi auguro, di quali siano i sentimenti dell'amore, e mi sembra evidente che questi due ragazzi li stiano provando in questo momento." Io arrossii e distolsi lo sguardo. "Non ci capacitiamo del vostro disinteresse nei confronti di questo rapporto. Io e Charles non ci vediamo nulla di male, o di scandaloso, bensì ci sembra una cosa bellissima vedere due giovani così presi l'uno dall'altra."
Mia madre cominciò a respirare pesantemente. "Non so che visione abbiate del mondo, signora, ma si dà il caso che Mary sia fidanzata, con un uomo meraviglioso che la attende a Londra. Credo basti. Inoltre, non riteniamo vostro figlio degno di sposare nostra figlia. Ci perdoni, ma è davvero maleducato, come lo siete voi in questo momento. Abbiamo tutte le ragioni del mondo per non accettare questa unione."
Kate sospirò, poi accarezzò la mano del figlio.
"Sappiamo bene che Leonard non è l'uomo perfetto, ma ha davvero un cuore d'oro, e vi possiamo assicurare che i suoi sentimenti nei confronti di vostra figlia sono più che sinceri. Vi preghiamo di rivalutare bene la questione, e di pensare a lungo alla felicità di vostra figlia. Mi permetto di domandare una cosa: avete mai visto Mary dare un bacio così appassionato al vostro William? O di aspettarlo a braccia aperte e con gli occhi lucidi?"
"Queste sono sciocchezze!" alzò la voce mio padre, scuotendo la testa. "Non intendo sostenere una conversazione così stupida. Mary non ha il permesso di frequentare vostro figlio, e la decisione è stata presa, ed è IRREMOVIBILE. Buona giornata." Si alzò e uscì di casa, dove andò non lo sapevo. Mia madre, dopo avermi rivolto un'occhiata in grado di sotterrarmi, lo seguì, e lo stesso fecero Kate e Charles, lasciando così me e Leonard soli.
Mi buttai sul divano affianco a lui in preda alla disperazione. Ma nulla di tutto questo importava, mi importava solo di restare a guardarlo per un tempo infinito.
"Non hai idea di quanto mi sei mancato." gli dissi. Mi strinse fra le sue braccia, proprio quelle che mi ero sempre immaginata di star accarezzando quando ero sola. Restammo così per un tempo indeterminato, nessuno dei due aveva nulla da dire, eravamo sconvolti dalla situazione. Ma ci bastava la vicinanza. Nessuno dei due volle intervenire in quell'assurda situazione, tutto ciò che volevamo fare era restare così: uno accanto all'altra.
Le mani di Leonard erano come una nuvola, vagavano leggere sulla mia pelle, provocandomi piccoli brividi ovunque. Mi accarezzò il collo, poi mi guardò. "Mi hai ucciso con l'attesa." mi disse.
Sorrisi leggermente e lui fece lo stesso.
"Sei venuto a prendermi, alla fine, come avevi promesso." Mi sollevai, per poterlo guardare meglio.
Mi accarezzò il viso e annuì. I miei occhi si poggiavano costantemente sulle sue morbide labbra, che a quanto pare non avevo sfiorato abbastanza. I suoi occhi erano neri, così profondi da non riuscire più a liberarsene. Erano in grado di metterti al corrente che ogni singola particella del tuo corpo era viva, e che probabilmente era stato lui stesso a farle risvegliare. Ogni volta che lo guardavo mi sembrava di perdermi in un oceano di ricordi, di emozioni e di sensazioni tutte quante da scoprire, e che erano in grado di lacerarti il cuore fino a farlo sanguinare, anche se a farlo sanguinare era stato sapere che non potevamo stare insieme. L'idea di non poterlo più toccare si fece più lucida nella mia mente, e lo stomaco si racchiuse in sè, come se si stesse rifiutando di accettare come stavano le cose. Eppure, quelle mani che ora si stavano intrecciando alle mie, sembravano sempre richiamarmi, mi dicevano sempre che erano state fatte per me, e che solo il loro tocco sarebbe stato in grado di darmi del sollievo. Il suo viso si avvicinò al mio, le nostre labbra si unirono lentamente in alcuni piccoli baci, seguiti dall'accrescere di desiderio di volerne sempre di più, fino ad arrivare ad unire le proprie identità, facendone delle proprie menti una sola. Premette le sue labbra sulle mie e mi strinse forte a sè, non volendo in alcun modo separarsi da me. Ma a questo, chiaramente, ci pensarono i miei genitori, che rientrarono ancor più arrabbiati di prima.

RMS Titanic - un viaggio da non dimenticareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora