Tempo di chiarezza

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Il giorno iniziò lentamente a calare, lasciando spazio al pomeriggio, piuttosto freddo quel giorno. Il 14 aprile non si mostrò essere il giorno più allegro per me, piuttosto il contrario. Dopo quanto accaduto il mio umore era sceso notevolmente, facendo addentrare nella mia testa tanti risentimenti e tante domande, forse troppe. Nonostante ciò, non volevo saperne di andare a parlare a Leonard, forse perché temevo l'ennesima delusione: riusciva sempre a rovinare tutto. Non mi piaceva la persona che stavo diventando, mi stavo trasformando in qualcuno troppo sensibile e un po' egoista.
La mia colpa stava nel lasciar prevalere il mio cuore sulla mia mente, e fu questo il motivo per il quale mi diressi verso la sua cabina. Era incoerente, sì, ma dovevo in qualche modo liberarmi da tutti i pensieri che alloggiavano in me.
Bussai alla porta, una parte di me si era già pentita e sperava che lui non ci fosse, mentre l'altra moriva comunque dalla voglia di vederlo.
Quando aprì la porta nella mia mente si liberò un buio pesto, e per poco non dimenticai ciò che avevo da dire. I suoi occhi scuri scrutarono attentamente il mio viso, in attesa che parlassi. Potevo dire che mi parse quasi lieto di vedermi, anche se prima lo avevo respinto.
Vedendo che non avevo intenzione di parlare, si spostò dall'entrata, in modo da farmi entrare all'interno. Una volta varcata la soglia, chiuse la porta a chiave e si diresse verso il letto, lo stesso in cui aveva dormito insieme a me. Per pochi secondi ripensai alla sera prima, rivissi quel miscuglio di emozioni così strano, ma che quando guardavo Leonard mi rintronava familiare. Avrei tanto voluto essere in grado di reprimere i miei sentimenti, ma mi sembrava scontato ora. Era incredibile come a distanza di soli quattro giorni dalla nostra conoscenza ero in grado di comprendere che ciò che provavo per lui sorpassava notevolmente la semplice curiosità, ed ero stata sciocca a non capirlo dall'inizio. Questo, però, non cambiava il fatto che, per quanto lo volessi, una possibile relazione non avrebbe mai funzionato, me lo aveva dimostrato poco prima. Ciononostante, il mio cuore non avrebbe cambiato rotta facilmente; ero solita portare a fine quello che iniziavo, e il nostro rapporto non sarebbe stata un'eccezione. Potevo anche essere impulsiva a volte, e per quanto potesse essere considerato un difetto, il mio corpo mi riferiva che con lui questo difetto era sempre stato apprezzato. Perciò, mi sorgeva un dubbio...
Fra noi due, chi era il più sciocco? Io, che quantunque mi ferisse e deludesse con le sue parole, tornavo sempre e comunque da lui; oppure lui, che quantunque continuasse a ferirmi e a deludermi con le parole che lui stesso pronunciava, tornava sempre e comunque da me?
La risposta non poteva che essere 'entrambi'. Entrambi perché tutti e due morivamo dalla voglia di sentire il tocco dell'altro, il respiro dell'altro, lo sguardo dell'altro, l'odore dell'altro, ma soprattutto le labbra dell'altro. Percepire la contiguità fra le nostre anime, le quali menti erano confuse, ma i sentimenti chiari, faceva accrescere la mia voglia di urlargli in viso quanto lui mi avesse ferita e quanto lui fosse importante per me. Ma nulla di questo accadde. Forse fu meglio così, in quanto pensai di essere stata ricompensata con qualcosa di ben più speciale, e che mai mi sarei immaginava sarebbe accaduto in tali circostanze. Le sue labbra sfiorarono le mie, per la seconda volta nell'arco di ventiquattr'ore, ma questa volta non si poggiarono. Mi tirai indietro, come se sentire il suo respiro unirsi al mio mi fosse risultato abbastanza. La realtà era che non potevo permettermi di ricadere di nuovo in un sogno così bello e così surreale. Non baciarlo mi costò molta fatica, ma fu la scelta giusta da fare.
"Sono qui per parlare." gli riferii nervosamente.
Lui, che prima si era alzato, si risedette e invitò anche me a sedermi sul suo letto.
"Dimmi."
"Non so bene come dirtelo, a dire il vero," iniziai ad agitarmi, fare questo genere di cose mi metteva ansia, "ma penso che il nostro rapporto debba giungere ad un limite."
"Un limite?" domandò "Che cosa intendi?"
"Credo, che come ogni volta, abbiamo esagerato e siamo andati troppo oltre." spiegai fermamente, non riuscivo a guardarlo negli occhi.
"Sono d'accordo." Mi aspettavo una risposta del genere, non era un ragazzo che voleva rapporti seri.
"Bene, perciò, che ne dici di intraprendere un'amicizia moderata?" suggerii con convinzione.
Leonard esitò un attimo, ma poi scoppiò a ridere. Non riuscivo a comprendere che cosa ci trovasse di così divertente in una situazione del genere.
Gli rivolsi un'espressione seria e lui si scusò. "Ma che diamine è un'amicizia 'moderata'?"
Non riuscì a trattenere nemmeno la prossima risata. "Scusa..." si scusò per la seconda volta.
"Mi sembra chiaro, da domani possiamo iniziare ad essere amici ma non esageratamente legati."
Poco dopo una potente risata travolse anche me, effettivamente non aveva molto senso. Non possiamo controllare l'affetto che proviamo per un'altra persona, eppure nella mia testa risuonava come una grandiosa idea.
"Da domani? Quindi oggi possiamo fare questo che vogliamo...?" chiese, anche se a me sembrò più un suggerimento.
Lo guardai presa dalla curiosità.
"Che cosa vorresti fare oggi, che non ti è permesso fare domani a causa della nostra amicizia moderata?" chiesi.
Lui si leccò le labbra, distolse lo sguardo e poi si sistemò i pantaloni con una mano. "No, nulla." rispose.
"Non fare il vago..." lo provocai, "Non eri un ragazzo che otteneva sempre ciò che desiderava?"
Si schiarì la gola e tentò esplicitamente di evitare la mia domanda.
"Bene, direi che abbiamo chiarito!" dissi contenta.
"Sì, certo."
Leonard si alzò in modo tale da far alzare anche me, e con una mano poggiata sulla mia schiena mi spinse verso la porta. "Spero che non ti dispiaccia, ma ho alcune questioni urgenti da sbrigare, in privato."
Detto ciò mi spinse fuori e chiuse la porta a chiave. "Cazzo..." lo udii dire.
Iniziai a ridere per la scena folle, che cosa doveva fare di così urgente e privato da buttarmi fuori dalla cabina?
"Sei ancora lì?" chiese dopo avermi sentita ridere.
"Mi sembra evidente."
"Un attimo solo!" esclamò correndo chissà dove.
"Non preoccuparti, avremo modo di vederci!"
Detto questo, mi allontanai, lasciandolo alle sue questioni evidentemente urgenti.

Il pomeriggio lo trascorsi con mia sorella, la quale stava giocando con le sue amiche. Io, come sempre, ero seduta e stavo leggendo il mio libro, finchè un ragazzo non occupò la sedia vuota che si trovava al tavolo in cui stavo soggiornando. "Ci conosciamo?" chiesi piuttosto confusa, mi pareva di non averlo mai visto.
"Salve," mi salutò imbarazzato, "spero di non disturbarla."
"No, non si preoccupi. Posso esserle d'aiuto?" chiesi chiudendo il mio libro e appoggiandolo sulla superficie del tavolino in legno che ci separava.
"Beh, in realtà no. Qualche giorno fa l'ho notata, e mi permetta di dirle che è una delle ragazze più belle che io abbia mai visto!"
Caspita! Mi aspettavo tutto fuorché questo. Arrossii violentemente e lo ringraziai di cuore.
"Non so se ha notato i miei capelli," disse "ma oggi sono andato dal barbiere appositamente per questa causa."
Ridacchiai, "E' andato a sistemarsi i capelli perchè voleva venire a farmi un complimento?"
"Sì..." rispose ingenuamente. Lo ringraziai una seconda volta e aggiunsi: "Le stanno piuttosto bene." Non volevo sembrare maleducata, quindi non potevo non dirgli nulla. Era oggettivamente un bel ragazzo, ma non mi attraeva particolarmente.
"A dire il vero non volevo solamente farle un complimento, ma anche una proposta."
"Una proposta?" domandai preoccupata, speravo non volesse arrivare a quel punto.
"Starei cercando moglie, avendo vent'anni. E su questa nave, lei è stata l'unica ad avermi attirato in modo spronato."
Arrivò proprio a quel punto.
"Non vorrei risultare scortese, ma oltre al fatto che non ci conosciamo, io sono fidanzata. Ho un uomo che mi attende a Londra."
"Se è solo questo a fermarla..." disse sorridendo. "Comunque sono Henry Lancaster, e, a meno che il suo fidanzato non le abbia fatto la proposta di matrimonio, questo accordo è ancora saldabile."
Mi lasciò quasi senza parole. "Lei è la signorina...?"
"Mary Livingston."
"Mary Lancaster non suonerebbe male, non trova?"
Iniziai a ridere, era un tipo piuttosto sfacciato.
"Mi sembra di capire che non vuole affrettare le cose, Mary, e lo rispetto. Però, mi farebbe l'onore di deliziarmi con la sua conoscenza? Potremmo cenare assieme una di queste sere, a me farebbe estremamente piacere."
"Dato che sembra insistere, non posso far altro che accettare signor Lancaster. Ma ci tengo che lei sappia che io sono innamorata del mio fidanzato, e che difficilmente sono amovibile."
"E sono proprio le donne come lei che mi piacciono, signorina Mary. E abbiamo una cosa in comune, oppure due: io sono irremovibile, proprio come lei, però mi permetta di dirle che sono anche innamorato di lei. Solamente uno sciocco riuscirebbe a resisterle."
"Per favore," lo implorai, "mi sta leggermente imbarazzando. La ringrazio per tutti i complimenti."
"Si figuri, se li merita tutti. Direi che abbiamo trovato un accordo." disse alzandosi. Mi tirai su a mia volta e gli porsi la mano, aspettandomi che la stringesse, ma il biondo la baciò. "Non vedo l'ora di rivederla, Mary, a presto."

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