Delusione

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Un sole pallido era tornato a splendere sul Titanic, mentre io ero intenta a vincere un'accesa discussione con Leonard Clearson e suo fratello Alex. Per quanto pensavo fossero diversi, la testardaggine era un difetto comune. Stavamo giocando a Poker ed ero riuscita a scorgere Leonard barare, in seguito a questo non ero riuscita a chiudere un occhio, perciò lo avevo annunciato ad alta voce. Alex, che credevo fosse mio alleato e che stesse dalla mia parte, prese le difese di suo fratello, dicendo che avevo visto male e che probabilmente il sole caldo mi aveva fatto effetto, cosa non vera naturalmente.
"Ma smettila! È evidente, non capisco!" protestai.
"Mary, rilassati tesoro. Non hai nemmeno le prove. Mi dispiace, almeno ci hai provato..."
"Leo! Hai una carta in più!"
"Non so di cosa parli, io ne conto cinque, tu Alex?" si difese per l'ennesima volta, chiedendo inoltre l'approvazione del ragazzo al suo fianco, mostrandogli le carte.
"Hai perfettamente ragione." rispose Alex, sostenendo Leonard.
"Penso che Mary abbia evidenti difficoltà in matematica, ma non ti preoccupare."
Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, non aveva senso continuare a discutere con loro due. Lui comunque aveva barato.
"Sai che vedo Alex sbirciare dal tuo mazzo, vero?" dissi rivolgendomi a Leonard, mentre osservavo le mie carte.
"Mary, stai bene oggi?"
I due iniziarono a ridere e io poggiai le carte, segno che mi ero stufata di continuare a giocare.
"Questa non ci voleva proprio!" esclamò Leonard riferendosi al mio gesto, in modo ironico.
"Non vi sopporto più!"

Alex aveva acceso una sigaretta e per sbaglio un foglio che si trovava lì accanto aveva preso fuoco, le persone normali avrebbero cercato di spegnerlo, ma questo non era il caso di Leonard Clearson. Lui tirò fuori la sua sigaretta, la portò alle labbra e si avvicinò al fuoco, facendola così accendere.
Lo guardai spalancando gli occhi e lui mi fece l'occhiolino. Ma con chi ero capitata?
"Buon Dio! Si è fatto tardi..." esclamò Alex allarmato.
"Si può sapere dove sparisci per ore ogni santa volta?" chiese suo fratello, inspirando il fumo della sigaretta.
"Questi non sono affari tuoi, Leo. Vi saluto ragazzi, ci vediamo a cena."
Lo salutammo e al tavolo rimasi sola con Leonard.
"Penso che dovremmo parlare..." disse mentre mi guardava negli occhi, assumendo un'espressione abbastanza seria.
"Lo penso anch'io."
Avevo un po' d'ansia, ma mi ero già rassegnata. Con Leonard non potevo aspettarmi nulla di romantico, infatti ero pronta a sentir uscire dalle sue labbra delle parole che mi avrebbero in parte ferita.
"Ciò che è successo ieri è stato un errore." Infatti.
"Lo so, io sono fidanzata e tra noi non c'è nulla."
Lui annuì e bevve un po' d'acqua. Dai suoi movimenti potevo quasi dire che fosse nervoso.
"Già." rispose poi.
Non riuscivo più a guardarlo negli occhi, provavo solamente tanto imbarazzo e tanta vergogna.
"Perché non mi guardi?"
"So che sei abituato ad avere continuamente sguardi addosso, però non tutti guardano solo te."
"Hai mai pensato a quanto sia evidente il fatto che, per la maggior parte delle volte, le tue parole tradiscano i tuoi sentimenti?" mi disse, "Se non provassi niente per me, al momento non staresti cercando di evitare il mio sguardo in ogni modo."
Ecco che tornava ad essere presuntuoso e fastidioso. Abbassò lo sguardo verso il suo bicchiere, poi bevve un altro sorso.
"Mi sembra di vedere che anche tu stia evitando il mio sguardo, o sbaglio? Eppure, mi hai sempre detto di non provare nulla per me."
Non ero mai stata così diretta e schietta, ma questa volta se lo meritava.
Esitò prima di rispondere, ma ciò accese la speranza.
Era così strano il fatto che volessi continuamente ricevere attenzioni da lui, non mi sarei mai aspettata di arrivare ad essere amica di un ragazzo del genere.
"Non so di cosa tu stia parlando, e comunque ora dovrei andare." disse alzandosi.
"Non dovevamo parlare?" chiesi, più che altro per disturbarlo.
"Ci vediamo Mary." tagliò corto e se ne andò, faceva così spesso: scappava dai problemi.

Il tempo trascorse piuttosto lento, ero delusa dal comportamento di Leonard, avevo iniziato a pensare che fosse lui la persona le quali parole tradivano i sentimenti. Era una situazione inspiegabilmente confusa: una sera mi baciava e la mattina dopo diceva di non provare nulla per me.
Su questa nave avevo commesso ormai troppi errori, continuavo a dimenticarmi del fatto che avessi un fidanzato che a casa mi aspettava, mentre io mi trovavo su una nave a baciare uno sconosciuto prepotente. Sinceramente, se il carattere di Leonard fosse stato diverso, sarebbe stata una persona con la quale avrei considerato di condividere il resto della mia vita, ma lui restava così com'era. Solamente una donna paziente sarebbe riuscita a conviverci. Mi domandavo se io venivo considerata solo un passatempo, se per lui non ero altro che una seconda scelta; chissà se quando non era con me si trovava fra le braccia di un'altra. Il solo pensiero mi ferì.

RMS Titanic - un viaggio da non dimenticareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora