La sorte

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Un corridoio immenso dai colori opachi si aprì davanti a me, vagare per una zona a me molto poco conosciuta era d'ostacolo. Erano trascorsi minuti ormai dal mio arrivo e tutto ciò in cui mi ero imbattuta non era stato altro che un corridoio dopo l'altro. Di Leonard nessuna traccia.

La terza classe si stava lentamente svuotando, e l'acqua ora aveva iniziato ad aumentare ancor di più di livello, tant'è che risultava difficile spostarsi rapidamente. Gli abiti, naturalmente, non erano d'aiuto. Mi tolsi le scarpe dai piedi, credendo che così avrei facilitato la mia ricerca, poi le ressi con due dita. "Leonard!" urlai, sperando con tutta me stessa che si trovasse vicino. Nessuna risposta giunse. "Leonard!" ritentai. L'acqua fredda mi stava toccando la pelle, e questo fu un ostacolo in più. Era davvero fredda.

Cominciai lentamente a perdere la pazienza, l'ambiente circostante mi incuteva timore e tutto ciò a cui potevo pensare era ciò che sarebbe avvenuto dopo. Avrei potuto tranquillamente mettermi al sicuro, salire al piano di sopra e cercare una scialuppa di salvataggio libera, ma quello che avevo iniziato a provare per Leonard mi trattenne lì, nell'ultimo piano di una nave che affondando. A questo punto non sapevo nemmeno se sarei riuscita ad uscirne viva da questa nave, o se semplicemente sarei finita negli abissi dell'oceano.
"Leonard!" lo richiamai una terza volta, cercando di muovermi il più velocemente possibile verso il corridoio che si trovava alla mia sinistra. Ma dove diamine sei? mi domandai.

La corrente saltò ancora una volta, lasciandomi completamente al buio per qualche secondo. Mi portai una mano sulla fronte e chiusi gli occhi, cercando di ricompormi. Ma l'ansia e le brutte sensazioni continuavano a tormentarmi. Feci un respiro profondo e appena furono tornate le luci continuai la mia ispezione. Qualche attimo più tardi riuscii a percepire le voci di due uomini provenire da una stanza, dalla parte opposta di dove io mi trovavo, perciò decisi di fare un tentativo. Il mio desiderio di rivedere al più presto Leonard si faceva sempre più intenso. Ora più che mai avevo bisogno della sua presenza accanto alla mia: non potevo capacitarmi di pensare al peggio, non ora. Non dovevo farmi prendere dal panico o altrimenti non avrei mai ritrovato Leonard, ed ero certa che, anche se avessi perso la vita laggiù perchè Leonard si era messo in salvo in un qualsiasi modo senza avvisarmi, sarei morta felice, lieta del fatto che lo sapevo vivo e più al sicuro di me. Ma, mantenendo una mentalità positiva, tutto ciò che volevo fare era prenderlo con me e salire su una scialuppa il prima possibile. Le voci si fecero sempre più vicine, finchè non raggiunsi una stanza chiusa. La aprii violentemente a causa della forte corrente dell'acqua, ma dentro non ci trovai nessuno. "Diamine!" mormorai.

Le lacrime e l'impazienza stavano per impossessarsi di me, ma cercai per l'ennesima volta di mantenere il controllo. In parte fu inutile, in quanto le lacrime calarono lentamente sul mio viso. Per quanto positiva cercassi di rimanere, la mente ora mi vagava verso l'idea di aver perso Leonard, anche se solo di vista. Ma la situazione era molto più complicata di quanto credessi. Per quanto lo volessi al salvo, il fatto che fosse senza di me e io non avessi notizie sue impediva una futura communicazione fra noi, che non sarebbe avvenuta perchè nè io nè lui sapevamo dove l'altro avrebbe sostato in America. Decisi di camminare ancora un po', finchè finalmente le voci si fecero chiare e io riconobbi quella di Leonard. Le mie lacrime duplicarono, ma questa volta erano dovute al sollievo. Spalancai la porta e il suo viso si rivolse verso il mio. Entrambi ci fiondammo fra le braccia dell'altro, e questo fu l'abbraccio più caloroso e impaziente che qualcuno mi avesse mai donato. Leonard sospirò e mi baciò il capo, stringendomi ancora più forte. "Sei venuta a cercarmi." disse guardandomi negli occhi. Io annuii piangendo.
"Perchè sei tornata da me e non ti sei messa in salvo?" domandò, quasi rimproverandomi.
"Per il semplice motivo che preferirei vivere i miei ultimi istanti di vita con te, sapendo che sto vivendo, piuttosto che morire con la consapevolezza di non aver vissuto nel modo in cui volevo. Non potevo lasciarti, Leonard, non potevo."
Il mio capo si fiondò sul suo petto, e lui cinse le sue braccia attorno alla mia vita.
Tirò un altro sospiro, mi guardò un'altra volta e poi mi baciò. Fu un bacio così straziante che il mio cuore si ruppe: tutto ciò che volevo, ancor una volta, era stare con lui, fino a quando il destino non si sarebbe presentato.
"Ci metteremo in salvo, te lo prometto. C'è solo una questione che mi ha tenuto occupato finora, ma ti posso assicurare che tu da questa nave ne uscirai viva."
"Ma cosa succede?" chiesi asciugandomi le lacrime. Lui mi accarezzò il viso.
"Quest'uomo non mi fa lasciare la stanza, dice di essere il proprietario del ristorante di terza classe e mi sta incolpando di avergli rubato i piatti ed il cibo, quando io ho pagato per questa cena." Il suo tono si fece più duro.
Dietro di Leonard vidi un uomo basso, sulla mezz'età, che aveva una mano poggiata alla scrivania della stanza, e l'altro braccio ripiegato sulla vita, con un viso infastidito ed impaziente. "Ho atteso che vi scambiaste le vostre ultime parole, ma il furto è un reato, e da tale dev'essere trattato." disse assumendo un'espressione cocciuta.
"Ascolti signore, qualunque sia il vostro problema, qualsiasi in questo momento è più importante. Non vede che l'acqua che raggiunge quasi il petto? Non vede che stiamo vivendo un'emergenza? La prego," lo pregai, "si metta in salvo e mi faccia il favore di lasciarci andare."
Leonard mi strinse la mano. L'uomo si guardò attorno e la sua espressione si addolcì, dopodiché si smosse dalla posizione che aveva assunto e si girò verso la parete opposta, voltandoci le spalle, così io e Leonard riuscimmo a lasciare finalmente quella dannata stanza, e metterci a cercare una via d'uscita, sempre che ce ne fosse una.
Nessuno parlò molto, vagammo per interminabili minuti, poi trovammo le scale che portavano al piano di sopra. "Veloce." disse Leonard, prendendomi per mano e trascinandomi su.
Arrivammo al piano di sopra, salimmo altre scale, fino a raggiungere il ponte A.
La nave aveva iniziato a lanciare segnali di pericolo in aria, con la speranza che qualche nave nelle vicinanze avrebbe avvertito l'emergenza. Avanzammo verso il centro, da dove vedemmo diverse scialuppe sparse in acqua. Alcune persone armate di coltellino stavano cercando di liberare le altre in modo che venissero calate il prima possibile.
Leonard si chinò per un momento, raccogliendo da terra un salvagente per porgermelo. Io lo rifiutai fermamente, volendo che fosse lui a metterselo.
"Mary, per l'amor del cielo, mettitelo. In caso non dovessimo farcela, almeno so che così ho provato a salvarti, o non me lo perdonerei mai." Dal suo sguardo traspariva una tale serietà...
Mi poggiò la mano sul viso, accarezzandolo. Infine feci come voleva, poi lo baciai così intensamente da non volermi più staccare.

RMS Titanic - un viaggio da non dimenticareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora