La lettera

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La mattina seguente mi svegliai all'alba, la luce rosea che mi illuminava il viso sembrava prevedere la giornata, dicendomi che nulla sarebbe andato storto.
La mente mi vagava in diverse direzioni, come l'entusiasmo per una gita fuori porta o l'attesa impaziente di una lettera.
Qualche ora più tardi nessuna lettera arrivò, ma la macchina per partire sì, dunque ci mettemmo comodi con tutti i nostri bagagli. Avevamo portato con noi lo stretto indispensabile.

Giungemmo a Trenton verso l'ora di pranzo, dunque ci fermammo in un ristorante lussuoso per consumare il nostro pasto.  Era un luogo estremamente curato, le pareti erano adornate d'oro e i tavoli lavorati con legna pregiata. Le tovaglie ed i tovaglioli erano limpidi quanto la neve.
Le portate cominciarono con una deliziosa zuppa di cavolfiore, per poi essere seguita da un piatto di ostriche accompagnate da un'insalata verde e da una salsa di formaggi pregiati. Come dessert consumammo una torta di mandorle. I discorsi a tavola si spostarono dalle differenze fra Trenton e Filadelfia, al commentare della scelta degli abiti dei presenti nella sala. Mia zia, dopo di me, era la persona più contenta d'esser qui, mentre mio padre stava perdendo la pazienza a vederci così agitate.
"Dai Patrick! Sei il Livingston più noioso della famiglia."
"Concordo."
"Sono pensieroso. E voi donne dovreste imparare a contenere la vostra euforia in certi momenti. Soprattutto tu Mary, figlia mia, ho notato che sei particolarmente impulsiva negli ultimi tempi. Mi auguro sia solo una fase momentanea, della crescita."
Non volendo essere la causa dell'ennesima discussione, non dissi nulla al riguardo, bensì commentai il paesaggio che ci circondava. Era maestoso. Trenton era una cittadina davvero graziosa. Camminammo lungo i marciapiedi della città e ci fermammo davanti alla vetrina di un negozio: Davidson's. Questo negozio vendeva capi di abbigliamento maschili e femminili, dunque poteva soddisfare le esigenze di tutti. Il negozio non era grandissimo, i toni scuri ricoprivano l'interno e la sezione delle donne era divisa da quella degli uomini. Mio padre, guidato da una commessa si diresse verso i completi eleganti da uomo, mentre io, mia zia e mia madre ci fiondammo su un abito splendido. Chiaramente era lungo fino alle caviglie, era di un colore scuro, suddiviso dall'abito nero coperto di ricamature oro nel punto vita e nella scollatura, per poi essere circondato da un velo in tulle rosso. Era veramente stupendo, ma avrei dovuto attendere sei mesi prima di poterlo finalmente indossare, ma ne valeva la pena a mia opinione.
"Vorresti provarlo, Mary?" domandò mia madre vedendo che non riuscivo a staccare gli occhi dall'abito.
"Sì, posso?"
"Certo che puoi."
Una giovane commessa mi accompagno nei camerini, indossai l'abito e mi guardai allo specchio. Era splendido. Dopo tanto tempo ero riuscita a farmi piacere la mia figura almeno un po'. Lasciai cadere il braccio lunga la gonna, poi mi misi di spalle per poterlo osservare meglio: era bello in ogni sua angolazione.
"Allora, è di vostro gradimento signorina?"
"Sì, assolutamente. Lo compro." risposi alla giovane. Mi sorrise e portò l'abito in cassa. Io raggiunsi mia madre e mia zia, che stavano donando la loro opinione su un completo da uomo, che però non sembrava essere della taglia di mio padre.
"Tesoro, che ne dici di questo per William? Un regalo per quando torneremo a Londra."
Sbiadii, evidentemente ero l'unica ad essersi scordata di lui. Avevo ben altro che mi passava per la testa. Annuii docilmente.
"Non ti piace per caso?" domandò, "C'è anche quest'altro se lo preferisci."
"No, no. Va bene quello." finsi un sorriso.
Mio padre pagò il tutto e uscimmo. Ci sedemmo in una panchina in un parco lì vicino per conversare.
"Io e tuo padre siamo molto preoccupati, Mary. Che cosa ti prende? Da quando hai messo piede su quella nave sei cambiata. Non ci sembra possibile."
"È un periodo difficile. La perdita di Anne e ciò che è successo mi hanno scombussolata."
"Ti manca William? È normale, tesoro. Siete alla prima fase."
Roteai gli occhi al cielo, stanca di questa sciocca situazione. Non giungevano davvero a capirlo, vedevano solo ciò che volevano loro.
"A dire il vero no, non mi manca. Ho ben altro a cui pensare. Vedremo di risolvere tutto quando torneremo a Londra."
"Ma che cosa sta dicendo?" sussurrò indignata mia madre, a mio padre. Lui scosse la testa, per niente d'accordo col mio comportamento. "Comportati da donna." mi ripetevano sempre, ma era quello che a mio avviso stavo facendo.
Questa gita, comunque, si concluse piuttosto in fretta, infatti alle 21 arrivammo a New York. Essendo stata l'ultima ad entrare in casa, allo stipite della porta fui lieta di vedere che nessuno aveva raccolto la lettera, perciò me la infilai subito nell'abito ed entrai in camera. Attesi che tutti quanti si fossero ritirati nelle proprie stanze e accompagnata da una candela mi accomodai al tavolo in cucina. Estrassi la busta dal mio abito sperando con tutta me stessa che fosse da parte di Leonard. Presi il foglio e lo aprii:

Leonard Clearson
Gardens Street, Clearson mansion
Philadelphia, PHL. 191xx

24 Aprile 1912

Ms. Mary Livingston
Union Square, Thompson mansion
New York, NYC. 10003

Cara Mary Livingston,

ho ricevuto la tua lettera, quella che speravo ogni giorno di ricevere. Come hai detto tu, la notte del 14 aprile è stata veramente difficile, e seppur abbiamo trascorso del tempo assieme sulla Carpathia, non abbiamo avuto modo di salutarci come dovevamo, probabilmente. Sono davvero dispiaciuto al riguardo della tua perdita, e mi auguro che tu ora ti senta meglio. Non puoi immaginare quanto sia stato doloroso sapere che stavi male ed essere incapace di migliorare la situazione. Purtroppo sappiamo entrambi il punto di vista dei tuoi genitori, e del fatto che tu abbia un matrimonio assicurato a Londra. Ma, vorrei che tu mi permettessi di modificare la successione degli eventi: ho compreso sia ciò che vuole la tua mente e ciò che vuole il tuo cuore, e sono disposto a seguire quest'ultimo, in quanto il mio condivide il suo stesso pensiero. Mi auguro tu non abbia veramente creduto che mi sarei arreso, perchè tutto ciò che ho fatto è stato darti del tempo per riprenderti, sebbene sappiamo l'effetto che ho su di te, ma che anche tu hai su di me. Non mi curo di chi possa leggere questa lettera, anzi! Spero che tutta America venga a sapere di quanto teniamo l'uno all'altra, e non puoi capire l'importanza che hai per me. Non sono mai stato in grado di esprimere i miei sentimenti così liberamente, anche se sono un tipo molto spavaldo. Ci terrei a farti sapere che ho trascorso ogni minuto di questi miserabili giorni ad immaginarti accanto a me, a immaginare di accarezzare quei tuoi meravigliosi capelli, o poter odorare il tuo profumo. Perchè, sai, lo ricordo ancora. Sta' certa che questo non è un addio, non per me, perchè sai che sarei in grado di rifarmi l'intero oceano solo per raggiungerti. Aspettami, Mary, e ti assicuro che ti porterò lontano, dove potremo vivere insieme. Se solo sapessi quanto le tue labbra sono mancate a me, e quante notti ho trascorso a pensarti, dimenticandomi di dormire. Sarò da te prima che tu possa immaginartelo.

Tuo, Leonard.

Quanto finii di leggerla scoppiai in un pianto amaro. Leggere ciò che aveva scritto mi era sembrato come averlo qui di fianco a me. Gli credevo, credevo ad ogni singola parola che aveva scritto, e confidavo che sarebbe venuto veramente. Ma, avevo bisogno di una conferma in più.

Mary Livingston
Union Square, Thompson mansion
New York, NYC. 10003

25 Aprile 1912

Mr. Leonard Clearson
Gardens Street, Clearson mansion
Philadelphia, PHL. 191xx

Quindi mi vuoi ancora?

Una semplicissima domanda, lo so, ma che aveva un valore infinito. Il mio cuore si scaldava ogni qual volta la mente mi vagava a lui, e non sarei riuscita a pazientare molto prima di vederlo. Sarei andata io da lui, se necessario.

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