XI. Strange visits or bad day?

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- La signora Valentine vuole parlare un po' con te falle fare un giro nel giardino, non rovinare tutto se vuoi uscire con le tue amiche Aria. - mia madre mi attacca in faccia prima di ripetermi la stessa frase più di centottanta volte.

Scendo svogliata le scale ritrovandomi ai piedi delle scale un viso dolce portando avanti dall'età, una donna stringe tra le mani il manico della sua borsa.

- Buon pomeriggio...- esalta lei.

Mi saluta in un sorriso mentre incastra le sue iridi nelle mie.

- Ciao... - mormoro.

- Io sono Beth, molto piacere di conoscerti. -

Si presenta con una certa energia quando l'affianco ha una voce vellutata resa mite dagli anni, direi abbastanza strana.

- Tu invece come ti chiami? -

- Aria... - rispondo, cercando di contenere la frustrazione di questo momento.

Lei mi osserva incuriosita, non la sto nemmeno guardando poca e la voglia di parlare con lei. Invece di starmene in camera mia con il riscaldamento acceso mentre mi metto lo smalto alle unghie dei piedi, sono qui; Al freddo con una vecchia rompi palle, con in sottofondo la voce di irritante di Beth Valentine.

- È un nome davvero particolare. Non l'ho mai sentito prima, sai? -

- Immagino ... - sento l'irritazione rendere il mio sguardo affilato.

- Aria è la versione femminile del nome maschile italiano Ario, derivato dal greco 'areios', ovvero il dio della guerra Ares - dice lei studiando con cura ogni parete del giardino.

- Si esatto. - avrei aggiunto pure di farci una ricerca su Google con una tazza di te è dei biscotti.

So ben esatto che il nome "Aria" me l'ha dato mio padre. Di esso ricordo davvero poco.
E vagamente, come se lo sentissi attraverso una confusione insopportabile.

- È un nome davvero grazioso. Aria... - Mi guarda in viso e io mi sento infastidire. La mia pelle sembra scurirsi sotto i suoi occhi, come se potessi morire solo per uno sguardo non ricambiato.

Il tempo lo impieghiamo a passeggiare per la villa. Mi chiedo se sono qui da molto, e io le rispondo irritata che solo da una settimana
o due circa.

- Avete degli animali? - chiede lei.

- Uhm no, ma vorrei un gatto - puntualizzo pensierosa.

Mi irrito un po' incrociando il suo sguardo insistente, così non mi domanda oltre. Condividiamo invece un silenzio leggero, tra il cinguettio delle ghiandaie e il ronzio delle macchine.

Mentre rientriamo mi chiedo se ha intenzione di evaporare o meno. I suoi occhi incrociano nuovamente i miei in alternanza le mie iridi con una punta di quella che sembra quasi... Desiderio?

- Hai degli occhi davvero molto belli, Aria.
Lo sai? - mi confessa dopo un momento, senza preavviso. - Immagino che te lo dicano in tanti. -

Mi incita discreta, ma la verità e che no, nessuno al Istituto o in questa casa mi ha mai detto qualcosa del genere. Nel instituto i bambini più piccoli ingenuamente mi chiedevano se vedessi tutto verde perché sono di un verde sorprendentemente chiaro, screziato, fuori dal comune. So che in tanti li trovano strani, ma mai nessuno mi ha confessato di trovarli belli.

- Grazie tante - farfuglio, facendola sorridere.

- C'è qualcun'altro in questa casa? - chiede d'un tratto Beth.

Che razza di domande sono?

Però poi c'è il momento in cui la sento anche io. Tra le pareti bianche di marmo, risuonano le vibrazioni di un suono acuto ma bello. Facendomi sentire i nervi arricciarsi nella carne.

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