Cap 9

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Mi mise seduta sul letto e si allontanò un poco. Sembrava indeciso, così aspettai che si schiarisse le idee. Infatti, vidi la sua decisione farsi strada nel suo sguardo, un attimo prima di dirmi: "Credo che sia più conveniente che io aspetti di là, intanto che ti metti a letto. In questo, i nostri popoli si assomigliano."

Annuii e lo lasciai solo, mentre io mi diressi nella stanza armadio alla ricerca di un pigiama. Mi sentivo stranamente leggera, come se le mie preoccupazioni fossero rimaste fuori della porta della camera. Il mio riflesso allo specchio mi restituì l'immagine di una ragazzina con lo sguardo vivace, il sorriso appena accennato sulle labbra e un sorprendente colore rosato sulle guance. Sicuramente, era colpa dell'aria troppo fredda presa di fuori. Oppure del tremendo caldo che c'era nella stanza, cosa a cui io non ero abituata, visto che a casa non tenevo i riscaldamenti accesi durante la notte. Mi infilai un pigiama estivo, con i pantaloncini corti ed entrai in bagno.

Quando finalmente mi infilai nel lettone, lo chiamai: "La mia purezza è al sicuro, puoi venire!"

Entrò in camera con lo sguardo di una pantera a caccia, ma era evidentemente divertito dalla mia battuta. Si mise steso accanto a me, sopra le coperte, prono, poggiandosi sui gomiti per guardarmi in volto e io capii che non era sua intenzione né spogliarsi, né entrare sotto le coperte.

Così mi sentii ancora più tranquilla e mi voltai su un fianco, verso di lui. I suoi occhi avevano stranamente le pupille verticali, pur non essendo affatto arrabbiato.

"Posso farti una domanda personale?" buttai là con semplicità, anche se in realtà era già da un po' che la curiosità mi tormentava in proposito.

"Certo! Dopotutto, io ho scandagliato i tuoi fondali senza neanche chiederti il permesso..." acconsentì sorridendomi.

C'era qualcosa che non andava, che lo teneva sulle spine, anche se stava facendo di tutto per apparire rilassato.

"Quanti anni hai?" chiesi titubante.

Le sue pupille per un secondo si aprirono a cerchio e il suo sguardo si illuminò. Era lusingato, che io mi interessassi alla sua persona.

"Dunque... considerando che, da quando siamo sulla Terra, la nostra aspettativa di vita si è modificata e che la media Ryut si è alzata a centocinquanta anni, direi che potrei considerarmi un ragazzino; ma se vogliamo far riferimento all'età come la valutate voi, con la media che si abbassa a ottant'anni, potrei già essere un adulto."

"Mi stai confondendo..." lo presi in giro, ridendo.

"Ho ventisei anni" dichiarò infine.

"E per un Ryut questo vuol dire che...?" cercai di approfondire.

"Che sono quasi vicino a diventare maturo" e le sue iridi divennero di un colore così caldo, che mi ricordarono l'oro illuminato dal sole.

"E che cosa ti manca perché tu possa essere considerato un adulto?" chiesi in un sussurro.

Mi fissò così intensamente che ebbi l'impressione che la mia pelle andasse a fuoco:

"Un Ryut smette di essere un adolescente solo quando accetta la responsabilità della sicurezza e della felicità di una compagna" rispose con solennità.

Un brivido caldo mi trapassò il petto, ma non ne capii il motivo o per lo meno, non volli approfondirne il senso. Fui inoltre distratta da un particolare. Iliakòs si era steso anche lui su un fianco, le braccia intrecciate sul costato, le caviglie accavallate. Mi ricordava tanto me, la mattina presto d'inverno, quando entravo dentro la navetta per andare a lavoro, così capii facilmente. Io stavo andando a fuoco sotto le coperte, ma per un Ryut forse, a quell'ora della notte, non erano sufficienti i quindici gradi presenti nella camera.

Come artigli sul vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora