Cap 8

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Iliakós si era cambiato per la cena. Aveva una divisa rossa, con una cinghia morbida, di oro brunito, che dalla vita saliva fino alla spalla destra, ridiscendeva sulla schiena e si arrotolava sinuosa sulla coscia. Era un effetto straordinario, che metteva in mostra tutta la tonicità del suo corpo.

Capii subito che avrei dovuto scegliere qualcosa di più elegante, invece del vestitino rosa confetto che indossavo, corto fino alle ginocchia.

Rimaneva lì, in silenzio, immobile nella sua posa militare. Lo vidi deglutire, ma non parlò.

"Buonasera..." disse Smir't, prendendoci in giro, per il nostro imbarazzo.

Scoppiammo a ridere all'unisono e l'incantesimo si spezzò.

"Ciao, vedo che il tuo bagno è stato rigenerante come il mio" ruppe finalmente il silenzio il Tenente.

"Indimenticabile! Anzi credo che domani lo porterò a casa con me!" Risposi allegra, ma un'ombra passò sui suoi occhi.

Percepii i peli del mio corpo rizzarsi in un colpo solo e mi vidi costretta ad aggiungere: "Sempre che io, domani, abbia il tuo permesso di ritornare al mio bilocale..."

Il suo naso si arricciò in una smorfia molto vicina al disgusto, ma, invece di rispondere, mi porse la mano: "Vieni, la cena è pronta."

"Ancora non è arrivato il momento delle spiegazioni?" Insistetti, mentre lasciavo cadere la mia mano nella sua. Avvolse le sue dita fresche intorno al mio palmo e tutte le mie paure esplosero in aria come un fuoco d'artificio e, con la stessa velocità, si spensero. Quando alzai lo sguardo verso di lui, trovai i suoi occhi fissi nei miei, con tanta malinconia dentro.

"E' molto più difficile di quello che credevo..." si disperò.

"Perché non cominci dall'inizio?" gli suggerii dolcemente.

"Promettimi che mi darai almeno il beneficio del dubbio, perché non credo che potrai credermi... non finché non troverò delle vere prove."

Quelle parole non promettevano niente di buono, ma notai che era più preoccupato dal pericolo che io non lo ascoltassi, che per la mia sicurezza. Voleva dire che a come proteggermi aveva già pensato lui?

Arrivammo nel salone e quando vidi la tavola colma di vassoi con carne, pesce, frutta e anche un bellissimo dolce, il mio stomaco si agitò rumorosamente.

"Vieni, accomodati. Parleremo mentre mangiamo"

La tradizione Ryut non prevedeva posate, in quanto i loro artigli potevano spezzare o ridurre a brandelli qualsiasi pietanza, perciò mi diressi verso il posto dove invece erano state aggiunti coltello e forchetta. Iliakós si sedette al capo opposto del tavolo, cercando di non mostrarmi la sua inquietudine.

Presi una porzione di carne di agnello, che, vista la rarità, non avevo più mangiato da quando vivevo sola. Poi un'altra di pesce, lasciando invece tutte verdure nei vassoi: a costo di sembrare per quella patetica contadina che in realtà ero, avrei approfittato di quelle leccornie senza pudore.

Versai il vino nel bicchiere, ma quando guardai il mio ospite, mi resi conto di una nota stonata: ero abituata a mangiare da sola, quindi non ero disposta a rinunciare alla sua compagnia, restandomene a due metri di distanza da lui.

Presi il mio piatto e il mio bicchiere, mi alzai e mi andai a sedere sul quel morbido tappeto vicino al divano, così come avevo desiderato dal principio. Il camino, così come avevo previto, era acceso. Poi lo invitai: "Mangi qui con me? Se devi darmi brutte notizie, voglio almeno il lusso di potermi sdragliare a piangere sul tuo tappeto!"

Improvvisamente il suo viso si rilassò, come se quella mia scelta fosse stata per lui un sollievo. Si alzò da tavola, prese il suo piatto e il suo bicchiere e li appoggiò di fronte a me. Poi toccò una fibbia sulla sua cintura e tutta la cinta intrecciata sul suo corpo cadde sul tappeto. Intrecciò le sue lunghe gambe e si posizionò vicino a me.

Come artigli sul vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora