Cap 16

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Fu un sonno tranquillo e ristoratore, ma il risveglio spazzò via in pochi secondi tutta la pace che mi aveva avvolto, lì nel mio nascondiglio tra le rocce.

"Jewel? Svegliati! Abbiamo visite" mi sentii chiamare da T21, il tono decisamente più allarmato di quello suadente che usava di solito. Aprii gli occhi di scatto e la crudele realtà della mia situazione mi spezzò il fiato. Dalla tana in cui mi ero nascosta, dietro quello strano velo protettivo creato dal computer, vidi delle persone aggirarsi proprio nei pressi del mucchio di rocce in cui ero seppellita. Erano umani, tutti in qualche modo vestiti con tute militari, anche se di colori e fattezze diverse. Fu proprio quel particolare a farmi capire che erano senza dubbio dei Segnalati.

Il mio respiro si fermò, nella speranza di mantenermi il più silenziosa possibile e non attirare la loro attenzione verso il mio nascondiglio. Il velo protettivo mi celava ai loro occhi, ma non ero sicura che potesse nascondermi anche alle loro orecchie.

Mentre rimanevo immobile e speravo con tutta me stessa che passassero oltre, il mio cuore si fermò: a pochi passi da me apparve Damian, sudato e visibilmente stanco. Liticava con un uomo al suo fianco, mentre seguiva un immaginario sentiero tra gli alberi.

"Non può aver fatto tutta questa strada: è a piedi, da sola, senza orientamento. Dobbiamo tornare indietro e battere meglio la foresta fino a qui, sicuramente avrà girato in tondo e si sarà persa!" supplicava quello che supposi essere il capo della spedizione, che camminava accigliato e decisamente contrariato dalla presenza del ragazzo.

"Ti ho già spiegato che le tracce erano chiare, dobbiamo proseguire! Deve avere una meta e quindi un punto di riferimento che non conosciamo. Fottuta bambina!"

Vidi il volto di Damian stranirsi di fronte a quell'insulto.

"Non è una bambina! E... di sicuro non è mai stata fottuta da nessuno! Quindi non parlare così di lei" si aggrappò arrabbiato ai bicipiti enormi dell'uomo "Mi sono spiegato?" Lo fissò negli occhi dall'alto della sua statura e ritrovai in lui il volto del comandante che avevo visto nello scantinato.

L'uomo indietreggiò sorpreso: "Era solo un modo di dire..." Poi lo superò a testa bassa.

Solo che il ragazzo non era ancora pronto a lasciarlo andare: "Ti ho già spiegato perché dobbiamo tornare indietro!" stavolta non lo stava più supplicando, ma tutta la sua postura e il tono della sua voce fecero capire all'uomo che non avrebbe accettato un altro no.

Si avvicinò un altro "soldato" e riferì qualcosa all'orecchio di Damian, che annuì.

"Hanno trovato una traccia" riferì e si incamminarono verso il punto in cui ero caduta a terra. Non riuscivo più a sentire le loro voci, ma iniziarono a guardarsi freneticamente attorno, molto probabilmente alla ricerca di impronte.

"T? Mi troveranno?" chiesi sottovoce.

"Sul dietro del giubbotto c'è una pistola, prendila!" fu la risposta laconica del computer. Sentii un brivido profondo scuotermi le ossa: ero davvero pronta a sparare a quegli uomini? Erano miei simili, eppure in quel momento mi sentivo minacciata da loro. Sarebbe stato solo per proteggere la mia vita...

Quel pensiero mi destabilizzò nel profondo e capii che non avrei mai potuto togliere la vita a qualcuno, solo per salvare la mia. Non me lo sarei mai perdonato. In fondo, nonostante tutte le raccomandazioni di Iliakòs, io mi consideravo ancora una ragazzina senza importanza.

Mi giunsero le voci concitate degli uomini e gli ordini che Damian stava loro impartendo.

"Trovatela! Le impronte sono recenti. Deve essere nelle vicinanze. Quei coglioni dei SdR potrebbero averci seguito e non possiamo lasciarla nelle loro mani!"

Come artigli sul vetroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora