Harry ha un incubo ricorrente.
E l'ha tormentato così tanto, nella sua vita, da aver convinto la madre, a un certo punto, a comprargli un libro sottile sulla spiegazione dei sogni. Era un'opera sommaria e fumosa, più intuitiva che scientifica, con le testimonianze di pochi individui, probabilmente inventati.
Su quel libro che Harry aveva consumato più volte c'era scritto che gli incubi ricorrenti, che durano anche anni, se decidono di attecchire in maniera così aggressiva alla tua mente, derivano da un determinato evento o trauma. Nuovo cambiamento, nuovo sogno. E la scomparsa del primo significa il superamento di quella determinata inquietudine.
Harry, a infestare determinate notti, ha sempre avuto un solo scenario. Questo significa, per associazione, che nella sua vita esiste un solo, grande disagio. E sa benissimo qual è.
Viene a fargli visita in quelle notti che annegano in giorni pesanti, giorni in cui non vuole nemmeno ricordare da quanto vive nella torre, giorni che preferirebbe non esistessero. Sarebbe così facile, far sparire tutto, in quei momenti, quando si siede sulla sedia e guarda la parete da lontano, gli occhi lucidi e il fiato intrecciato in gola.
Quella notte lo sogna.
E' nella torre, come sempre, e solo essere lì gli fa capire che è tornato a fargli visita. Se non stesse dormendo -sa sempre che è un sogno, ma non lo rende meno doloroso- tremerebbe. Senza che lo voglia davvero, per un comando che non è il suo, si avvicina alla specchiera e ci poggia le mani. Il suo riflesso, chinato contro di lui, lo fissa di rimando, gli occhi verdi gelidi, la linea sottile delle labbra piene pressate tra loro, le sopracciglia aggrottate.
''Quello'' mormora il riflesso, ma Harry non sta parlando. ''E' stato patetico. Sei sempre stato patetico.''
''Non iniziare-'' prova a dire, ma il suo riflesso lo deride.
''Cosa vorresti fare? Zittirmi? Credi di poterlo fare? Sono te, idiota.'' sibila con cattiveria, gli occhi carichi di odio. ''Sei stato un debole, debole esserino fragile. Avrei capito avere quello sfogo con Liam, ma con... Quello? Ti prego, Harry. Rivuole solo quello che è suo, e farebbe qualsiasi cosa per ottenerlo, persino consolare un codardo come te. Che razza di discorso era? Come osi definirmi la tua cella?''
''I-Io non l'ho fatto... Lui non vuole solo quella corona, l'ha rubata-''
''E tu l'hai nascosta, capirai. Dio, sei andato a confessare i tuoi segreti più reconditi, come un perfetto imbecille, a un criminale. Un criminale, Harry, che non esiterà a usare quelle informazioni contro di te per riavere quello che ti sei preso. Egoista del cazzo.''
''Non sono un egoista.'' mormora. Odia piangere davanti a lui, gli fa paura, ma finisce sempre così. ''Louis ha detto che non sono-''
''Louis, Louis, Louis- La vuoi smettere? Ti sta usando. E se anche non lo stesse facendo, di sicuro dopo ieri ti vede per quello che sei: debole e patetico. Esattamente come ti vede tua madre.'' il suo riflesso sembra dolce e comprensivo mentre si poggia una mano al petto ampio ''Piccolo, piccolo Harry. Credevi che lui fosse diverso? Tesoro, è come tutti gli altri. Ti vede esattamente per la debole e indifesa creaturina che sei. Dovessi setacciare il mondo, tutti -tutti, Harry- tenderanno sempre a rinchiuderti in una torre. Perché ne hai bisogno per sopravvivere.''
Harry si fa indietro e sbatte contro qualcuno, sobbalzando. L'altro, alle sue spalle, gli sorride dolcemente. E' tutta la vita che prova a tenerlo oltre lo specchio, ma alla fine riesce sempre a scappare. Sempre.
''E' inutile che piangi, o scappi, o ti nascondi, Harry.'' il riflesso arriccia le labbra a sorridergli ''Ci siamo solo io e te, qui.''
***
STAI LEGGENDO
Tangled ||L.S.||
Fiksi PenggemarSono vent'anni che Harry vive nella sua torre, con l'unica compagnia di Liam e di sua madre Gothel, che lo ama tanto, a volte troppo. Ma cosa succederebbe se, per il suo compleanno, Harry chiedesse di andare a vedere da vicino le ''luci'' che sembra...