epilogue

361 30 13
                                    

Two weeks later.
Venice.

La vista del Canal Grande era spettacolare, specialmente quando il sole nasceva all'orizzonte e proiettava i suoi colori ovunque. Non era la mia prima volta a Venezia, ma di certo era la prima volta che ci andavo senza dover eliminare nessuno. Mi appoggiai al davanzale della finestra, una tazza di caffè in mano e lo sguardo perso sulle poche gondole che scivolavano placide sull'acqua, lo sciabordare leggero che riempiva il silenzio dell'alba. Chiusi gli occhi, lasciando che una brezza calda soffiasse sul mio viso.

"Qualcuno dovrebbe rendere illegale avere un orologio biologico, specialmente durante il proprio viaggio di nozze." esordì alle mie spalle la voce di una certa persona.

Allontanandomi dalla finestra, poggiai la mia tazza semivuota su un tavolino e mi andai a sdraiare di fianco a Bucky. "Hai sempre qualcosa di cui lamentarti?" chiesi con tono scherzoso, puntellandomi con il gomito sul materasso extra-morbido e iniziando a giocherellare con la catenella delle sue dogtag.

"Non mi stavo lamentando, stavo esprimendo un parere." ribatté.

"Farò finta di crederci." replicai con un sospiro, per poi spostare il braccio di Vibranio di Bucky e appoggiare la testa sul suo petto.

"Sei comoda?" s'informò.

"Abbastanza." dissi, soddisfatta.

Rimanemmo così, in silenzio, per alcuni minuti. Ascoltai i battiti ritmici del suo cuore, il suo respiro silenzioso, i lievi sospiri. La sua mano meccanica mi accarezzava i capelli, districando i nodi quando ne incontrava uno con quanta delicatezza possibile. Inalai il profumo della sua colonia alla lavanda, ma sulla sua pelle potevo ancora riconoscere il sentore del mio profumo ai gelsomini.

Il paradiso? Me lo immaginavo esattamente così.

"Avevi programmi per oggi?" domandò Bucky dopo un po', continuando a passare la mano fra le mie ciocche di capelli.

Di tutta risposta, mugolai soltanto, stringendomi a lui più di quanto non gli fossi già appiccicata. E ringrazio l'aria condizionata per non averci fatto entrare in autocombustione sin dai primi secondi. "Sì: rimanere qui per tutta la giornata."

"E sprecare il tuo ultimo giorno in Italia così?" rispose la persona che ora potevo ufficialmente chiamare marito.

"Non lo sprecherei; lo passerei nel completo relax. Sai che significa dover tornare al Compund e ricominciare a sgobbare dal momento in cui varchi la soglia?"

"Eh, non hai tutti i torti."

"Lo so."

"La modestia proprio non fa parte della tua personalità?" scherzò Bucky.

"Temo di no." scherzai a mia volta.

Scese di nuovo il silenzio, e fu a quel punto che udii la suoneria - quell'infernale suoneria che non riuscivo a cambiare - del mio cellulare. Sospirai, chiudendo gli occhi e serrando le palpebre come se potesse servire a qualcosa, e feci di tutto per ignorarla.

"Rispondi?" mi chiese Bucky, smettendo di accarezzarmi la testa.

Alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi e sbuffai. "Giuro che avevo messo il silenzioso." misi le mani avanti.

𝒕𝒉𝒆 𝒆𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝒕𝒉𝒆 𝒍𝒊𝒏𝒆 [✓]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora