22 capitolo

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Luke's pov.

Stavo scendendo le scale per andare nella discoteca dell'hotel, che non mi sembrava un gran che, la vidi seduta nella all a parlare con una ragazza,non so ma questa cosa mi fece sorridere. Avrei volua vederla felice veramente felice, e io volevo fare parte della sua felicità.
S: amico che fai? Non vieni?
Disse Sean dandomi una pacca sulla spalla.

L: cosa?
Lui sbuffò poi si sporse per vedere il motivo della mia distrazione.
S: sta parlando? Con una ragazza? O solo con qualcuno?
Sta ragazza è strana. Dai andiamo...
L: si OK...
Dopo di ché andammo nella sala dove c'era musica e bibite con qualche spuntino, che poi sarebbe la discoteca.

S: hey siete arrivati finalmente! qui è una noia mortale...

C: non c'è nenche un goccio d'alcol, solo bibite gasate e in più c'è la prof che ci controlla.

S: cosa vi aspettavate?

C: almeno che non ci fosse la prof.

To non stavo ascoltando molto, ma per quel che ho sentito un po di ragione c'è l'hanno, penso a lei, al nostro bacio e al fatto che non faccio altro che pensare a lei. Mi faccio pena anche da solo.

C: tu che ne pensi Luke? dovremmo?

L: cosa?

C: farlo?

L: fare cosa?

C: uscire di qui tesoro, andiamo fuori da sto hotel, no!

L: non lo so, potrmmo stare qui tanto, Cat, 1 settimana senza alcol c'è la farai a stare, non si muore.

Tutti mi guardarono sconvolti, tranne Sam che mi gardava malissimo, mi avrebbe ucciso se avrebbe potuto.
S: lasciatelo stare oggi è nervosetto il ragazzo.
L: Sam non rompere.
S: smettetela di litigare, siamo qui per divertirci.
C: dai andiamo.
Alla fine andammo al bar e prendemmo 4 coche e focacce, poi andammo a ballare e ci divertimmo abbastanza e quando la prof si mise a ballare in modo strano si creò un cerchio tutto in torno a lei che rideva o faceva video.
E a dir la verità lei è stata la cosa più divertente, di tutta la serata.

Juliette's pov.

La settimana era passata velocemente, purtroppo, e adesso ci trovavamo all'aeroporto per aspettare che ci chiamassero.
Nel frattempo non successe niente d'interessante, me ne stetti seduta sulla panchina fredda, con la valigia tra le gambe, le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso nel vuoto.
Pensando a quando sarei tornata a casa anche se prima dovevamo passare a scuola per firmare un foglio che attestava che eravamo vivi, una cosa del genere.

Silimmo sull'aereo, guardai il biglietto poi il numero, il biglietto poi il numero per cercare il mio posto. Trovato mi seddetti vicino al finestrino e chiusi gli occhi sospirando.

Poi dopo un po' quando senti qualcuno sedersi aprì un occhio per vedere.
J: mi stai prendendo in giro?
L: comunque sei stata brava a evitarmi per una settimana.
Ti sei fatta un'amica...
J: ma anche no.
L: sei tornata dura come prima.
J: no è diverso, sono tornata in me stessa.
L: ma la te stessa falsa.
J: non rompere.
Mi rimisi la cuffie e presi il telefono tanto per distrarmi.

- ti aspetto a casa mi manchi ragazzina-
Rimasi con gli occhi spalancati, aperti al massimo ancora un pelino in più e uscivano.
L'incubo stava per ricominciare. Non risposi, non guardai più il telefono, lo misi nello zaino e non ci pensai più o almeno tentai di non pensarci.

L: hey cos'hai? Non puoi trattare così male un cellulare senza un motivo.
Ma scusa io cerco di dimenticare e tu me lo ricordi. Ma lui non ne può niente non lo sa neanche non me la devo prendere.

J: l'ultima volta mi hai messo di più nei casini.
L: cosa?... Ah! Il messaggio.
Di nuovo.
Vuoi venire da me?
J: stai scherzando? Me la caverò mica morirò.
Almeno spero. E poi non mi sembra il caso.
L: cosa?
J: parlare, lasciamo stare adesso mi giro dall'altra parte dimentichiamo tutto.
L: come se fosse facile.

Mi girai e chiusi gli occhi. Mi faceva male evitarlo, ma lo facevo per lui e questo in qualche modo.
Dormì praticamente per tutto il viaggio sapendo che stanotte non avrei dormito.

Fuori dall'aeroporto c'era un pullman che ci aspettava Per portarci a scuola.

Tutti a scuola ci aspettavamo manco fossimo tornati in patria dalla seconda guerra mondiale, come eroi.
Mi feci largo tra la massa FI ragazzi per andare al mio armadietto e firmare la testimonianza della mia sopravvivenza, anche se avrei preferito morire.

Arrivata all'armadietto posai alcune cose che no mi servivano.
Z: hey! Come va.
Mi girai per vedere se stessero parlando con me.
J: hey!
Piano piano si avvicinò gli armadietti, appoggiandocisi sopra, chiusi il mio.
L: in questi giorni mi sei mancata.

Lo guardavo come se stesse dicendo che ha visto un panda rosa con i brillantini, che parlava.
L: davvero tanto sai. E mi sono accorto che sei importante per me.
Fu tutto così veloce, non mi resi conto. Mi baciò e io rimasi immobile a guardarlo con gli occhi aperti che quasi uscivano fuori.

Tutti si erano fermati a guardare, tutti tutti pure lui, quanto mi dispiace, lo guardai andarsene in un aula. Mentre Zac continuava a ternerme stretta a lui, forse troppo.
Quando mi lasciò andai velocemente a firmare e mi avviai con la pioggia verso casa.

Aprì la porta cigolante ed entrai silenziosamente. Alzai la valigia per far meno rummore possibile, ma dopo qualche passp mia "madre" sbucò dalla cucina, mi guardò per qualche secondo, era ridotta male, e mi fece segno di salire veloce. Misi la valigia sotto il letto, secondo me non sapevano neanche che fossi partita con la scuola.

Ma appena tirai su la testa lo vidi sulla porta con un ghigno spaventoso.

PA: sei tornata principessa!

continuai a guardare in basso, vedevo solo i suoi piedi che si avvicinavano sempre di più, poi la sua mano si appoggiò sul mio viso all'altezza del mento e mr lo tirò su, ma continuavo a guardare per terra anche se sembrava un impresa impossibile.

PA: guardami! non devi avere paura... GUARDAMII!!!

Urlò più forte e sussultai.

PA: mi sei mancata in questi giorni, tua madre non mi soddisfa, e si è rotta pure un braccio andando a sbattere sul letto, quella donna e impossibile, quindi dovrai aiutarmi tu sai sono molto triste, toccherà a te cosolarmi.

Mi diede un bacio orribile pieno di saliva sul collo e poi un altro e un altro ancora. Mi sentivo come se avessi fatto il pranzo e la cena di natale insieme, per poi sentire voglia di vomitare, voler vomitare per quanto si è pieni, e non riuscire e quello diventa il tuo desiderio per sentirti meglio. E io in quel momento avrei voluto tanto vomitare ma perchè lui mi faceva ribrezzo.

Poi arrivarono le botte, il primo schiaffo, il primo di una serie di calci e di pugni. Mentre cercvo di scappare dalle sue sporche mani, mi arrivò il pugno più forte e il sangue iniziò a uscirmi dal naso. corsi verso le scale, ma lui mi raggiunse, mi afferrò per un braccio e mi sbattè contro il muro, il forte tonfo risuonò in tutta la casa e le tempie mi pulsavano. Cercai di rialzarmi ma urlòm qualcosa di incomprensibile, ma con forza mi rispinse per terra e l'ultima cosa che sentì furono le scale che sbattevano su di me man mano che rotolavo giù.

Hard loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora