Patrick ed io passammo l'ultima ora rimasta a parlare di cose che per troppo tempo avevo lasciato ammuffire nella mia anima fredda e priva di sentimento riscoprendo però, forse con mio stupore, che non ero poi così lontano dal poter risanare tutto.
Ciò che più mi stupiva era per chi stavo lasciandomi andare, una donna che non apprezzavo affatto esteticamente ma che riusciva in qualche modo a far riaffiorare tutto ciò che per anni non avevo mai liberato.
Emily, a modo suo e senza malizia, stava sempre di più entrando nella mia vita ed io stranamente non mi stavo opponendo. Sentivo che ciò che provavo era ben diverso dall'amore, lo conoscevo fin troppo bene per inciamparci, ma sicuramente era qualcosa di positivo.
Dopo l'ennesimo incoraggiamento da parte di Patrick a lasciarmi andare con la mia ospite, mi alzai dal divano lasciando che si occupasse lui dei bicchieri:"È fatta ora, credo che andrò a svegliare Emily".
Anche Patrick si alzò sospirando:"Ed io tornerò nelle vesti di maggiordomo", ma prima di congedarsi si fermò davanti a me:"Parlare con lei è sempre un piacere, mi fa sentire meno la mancanza di mia figlia", mi guardava con aria serena.
Gli poggiai una mano sulla spalla, non era da me avere contatti ma questa volta ne sentivo il bisogno:"Ti prometto che quanto prima avrai le ferie che meriti, così potrai riabbracciarla".
Patrick mi sorrise ringraziandomi ulteriormente per poi congedarsi definitivamente, la mia mente adesso si stava preparando a tornare l'uomo d'un pezzo per non far trasparire nulla ad Emily: l'ultima persona che avrebbe conosciuto i miei dubbi interiori, doveva essere sicuramente lei.
Già questa notte aveva fatto qualche capriccio sul risveglio, le piaceva dormire da quel poco che potevo intuire di lei e farmi obbedire su tutto non sarebbe stato molto facile. Prima di raggiungere la sua camera, raccolsi le chiavi della sua auto dallo svuotatasche e mi avvia a passi lenti e decisi al piano superiore. Quando però poggiai la mano sulla maniglia della porta tentennai e respirai lentamente, forse nella mia testa ero arrivato a contare fino a dieci prima di entrare con decisione e aprire le tende.
"Forza, svegliati". Dissi a gran voce.
Voltandomi la vidi contorcersi nel letto, aveva i capelli spettinati a coprirle parte del viso adesso illuminato dal sole e le coperte completamente a terra come fosse un giorno di metà estate. Stava faticando ad aprire gli occhi e aveva iniziato a sbuffare come immaginavo avrebbe fatto.
"Mi sembra di essere in una caserma", brontolò mettendosi lentamente a sedere.
La guardai e cercai di non ridere ancora dei suoi capelli scompigliati:"Fidati, la caserma è ben peggiore", come sempre non mi riusciva difficile essere un uomo impenetrabile:"Fra dieci minuti ti voglio in cucina, vedi di sbrigati". Feci per lasciare la stanza quando volsi lo sguardo sulla sedia della scrivania, c'era un vestito che non era stato messo lì né da me e né da Patrick. Era semplice, largo, adatto ad un'uscita di dovere come quella di questa mattina:"Ah e indossa questo", glielo lanciai senza neppure guardare se avevo centrato il letto oppure no.
Mi congedai recandomi in camera mia, mi chiusi a chiave e tirai fuori la valigetta da sotto il mio letto. Al suo interno, insieme alla pila di documenti che c'erano, avevo conservato anche un registratore che mi sarebbe potuto tornare utile. Mi recai in cucina e mi misi sulla sedia, cominciai a contare a mente i dieci minuti a partire da quando avevo lasciato la camera di Emily.
Pretendevo la puntualità anche semplicemente in casa mia e mi piaceva quando venivano rispettati i miei orari.
Infatti, dopo pochi minuti, Emily mi si presentò in cucina. La guardai dall'alto verso il basso e fermandomi alle sue scarpe feci una smorfia di disapprovazione."Che cosa c'è?" Chiese Emily.
"Non vorrai uscire con queste scarpe, immagino", le domandai.
Lei si guardò i piedi:"Sono delle semplici converse, nulla di così sbagliato", borbottò.
Guardai l'orologio da polso, poi lei:"Hai cinque minuti per salire in camera e mettere le scarpe più belle che hai dopodiché, faresti meglio a correre perché ti lascerò a piedi ad un singolo secondo di ritardo".
Spalancò la bocca:"A piedi?"
"Quattro minuti e quaranta secondi", la avvisai.
Emily si accomodò alla sedia di fronte a me:"Non importa, ho la mia macchina", sbruffò.
"Ne sei sicura?" Aspettavo questo momento, tirai fuori dalla tasca le sue chiavi dell'auto e le feci oscillare davanti a lei.
"Questo non puoi farlo, sono le mie chiavi".
Brontolò, sembrava un gattino indifeso.
"Sapevo per certo che avresti fatto i capricci", feci un mezzo sorriso.
Emily si alzò di tutta fretta dalla sedia per recarsi di corsa nella sua camera, sentii la porta sbattere al piano di sopra ma non ci feci troppo caso perché allo stesso momento ricevetti una mail.
Quando la aprii fui annoiato nel leggere il mittente, desideravo ardentemente che non ci fosse più nulla a che fare con quella donna e invece ogni volta tornava a ricordarmi di essere sempre presente.
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Da: Eva Malbow
A: Russel McRoverguy
Data: 23 Gennaio 2016, ore 12:30
Oggetto: VuotoGradirei discutere di alcune faccende a te conosciute.
Ne prendo l'occasione per approfittarne e parlarne di persona.Eva.
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Ignorai la mail, non avevo nessuna intenzione di risponderle. Mi dava noia il dover rendere conto ad una donna come lei, non lo feci quando me la portavo a letto e sicuramente non avrei cominciato adesso.
Spazientito dai cinque minuti passati da pochi secondi, mi alzai di scatto dalla sedia e raggiunsi la camera degli ospiti, Emily era davanti al suo portatile presa da una strana fretta di chiudere la sua posta elettronica. Si accorse della mia presenza e con la stessa fretta abbassò lo schermo, sembrava nascondere un qualcosa che ora non avevo tempo per indagare.
"Cosa stai facendo?" Le domandai molto semplicemente.
"Niente", disse con voce tremolante mal nascosta dietro l'accenno di un nervoso sorriso:"Stavo controllando che il mio portatile fosse apposto, l'ho accidentalmente dimenticato acceso tutto questa notte e ho voluto vedere se non si fosse bloccato o surriscaldato", mi si avvicinò precedendomi di un mezzo passo:"Andiamo? Lo so che mi hai dato solo cinque minuti per cambiare le scarpe ma giuro che la prossima volta mi farò Perdonare. Adesso è tardi per farmela pagare, che dici?"
Mi voltai e la guardai:"È tardi", pronunciai.
Emily mi interruppe lasciando a passi svelti la stanza:"E tu odi fare tardi, lo so".
Ora forse capivo perché mi faceva uno strano effetto.
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Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy
ChickLitEnigmatico, misterioso, manipolatore, ricco e giovane uomo il cui fascino lo rende ancor più ambito e desiderato oltre che richiesto per la sua professionalità. Russel McRoverguy non è solo il direttore della casa editrice più conosciuta al mondo ma...