Capitolo 20

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Emily sembrava dormire a sonno pieno, così tanto che era riuscita a suo modo a far salire perfino a me la voglia di sdraiarmi a letto e riposare.
In punta di piedi lasciai il bagno, socchiusi la porta e me ne andai dritto nella mia camera da letto; sospirai mentre, come di routine prima di coricarmi, feci il giro degli scatti che avevo incorniciato sul davanzale sopra la mia scrivania.

Ancora lei, sempre lei, davanti ai miei occhi, fra le mie mani, nella mia mente.

Rabbioso dentro mi sentivo quando pensavo e sapevo di averla ancora nel cuore, l'unico posto dove desideravo perderla per sempre.
Così bella e sorridente, con i suoi capelli rossi e giusto qualche lentiggine sul naso: Tracy.

"Come hai potuto farmi questo?" sussurrai a me stesso con voce soffocata dalla rabbia e dal dolore:"Come hai potuto rendermi l'uomo spregevole che sono oggi?"

Strinsi le mie dita attorno la cornice fino a quasi frantumarne il vetro, mi rilassai quando dalla mia camera avvisai un rumore di passi giungere verso il corridoio. Mi avvicinai alla porta ed accusai un rumore, mi affacciai di nascosto per notare che la luce nella camera degli ospiti era accesa per poi spegnersi subito dopo: Emily aveva lasciato il bagno.

"Qualcosa non va, Signor Russel?"

D'improvviso Patrick si palesò al mio cospetto, mi irrigidii:"No. Adesso vai, vai!" esclamai con voce strozzata per non farmi sentire.

Rientrai nella mia stanza chiudendola a chiave, posai la foto al suo posto e mi stesi sul letto per lasciarmi accogliere da un meritato sonno.

Otto del mattino, sia io che Patrick eravamo già in piedi pronti per una nuova giornata.

"Buongiorno, Signor Russel", salutò Patrick in corridoio:"Cosa gradisce per colazione?"

Lo guardai ancora assonnato:"Un caffè, per favore".
Patrick chinò il capo mentre io mi avviai verso il bagno.

Lavai il mio viso dal sonno e, per un non so quale strano motivo, una volta lasciato il bagno i miei piedi cominciarono a muoversi dritti verso la stanza degli ospiti. La porta era chiusa, ero in titubanza con la mano poggiata sulla maniglia, cosa avevo intenzione di fare non mi era ancora chiaro ma quando mi decisi ad entrare, notai il corpo steso di Emily coperto da una semplicissima camicia da notte lunga appena sotto le cosce.

In stanza l'aria era abbastanza fresca nonostante la porta finestra fosse chiusa, così pensai che coprirla con il lenzuolo raccolto ai suoi piedi sarebbe stato un buon modo per riscaldarla. Rimasi qualche secondo ad osservarla, era così rilassata; mi sarebbe piaciuto tuffarmi in uno dei suoi sogni e capire cosa la rendesse così tranquilla.

Lasciai la stanza socchiudendo la porta e mi diressi alla cucina dove l'odore di caffè riempì il perimetro compreso il salone, Patrick stava ripulendo la macchinetta e nel frattempo aveva apparecchiato un solo posto per me.

Mi accomodai, lui si girò:"La signorina dorme ancora?"

Bevvi un sorso poi lo guardai, come faceva a sapere i miei movimenti seppur non mi vedesse era ancora un totale mistero per me.

"Sì, dorme ancora", risposi senza nascondere il fatto che se mi sentivo sicuro di ciò che dicevo, era perché ero andato a controllare personalmente.

"Come vuole che mi muova, questa mattina?"

"In che senso?" corrugai la fronte.

"Beh, la signorina non deve ancora sapere che sono al suo servizio", mi fece notare.

Sospirai:"Sei libero di comportarti come più ti aggrada".

Dopo poco, notai che sul mio telefono vi era un messaggio non letto.
Quando sbloccai lo schermo, la casella di posta elettronica si aprì ed una mail mi fece vibrare lo stomaco: Eva Malbow.
Era un semplice invito a cena, questa sera, i cui invitati erano altri editori il cui scopo sarebbe stato solamente quello di trovare accordi fra le varie case editrici e darsi una tregua.

A me, invece, questo invito puzzava specialmente nella parte finale in cui raccomandava la presenza di Emily.

Perché Eva continua ostinatamente a voler prendere ciò che non è suo per competenza lavorativa? Perché cercare in tutti i modi di ostacolarmi e mettermi i bastoni fra le ruote?

Bevvi l'ultimo sorso di caffè per poi alzarmi dalla sedia e prendere un pezzo di carta ed una penna. Iniziai a scrivere un appunto per Emily: quando si sarebbe svegliata ed avrebbe letto questo messaggio mi sarei voluto assicurare che, tornato dal lavoro, lei avrebbe indossato uno dei migliori abiti che conservavo nell'armadio a muro accanto la porta d'ingresso.

"Patrick".

"Sì?"

"Ho cambiato idea", lo informai.

"Riguardo cosa?"

"Per oggi prenditi una giornata di riposo", comunicai:"Torna a casa, rilassati, goditi il tuo tempo lontano dagli impegni lavorativi".

"Ma la mia casa è anche questa, Signore".

Sorrisi:"Anche, non del tutto", gli voltai le spalle:"Tuo figlio sarà contento di vederti", mi congedai.

Quando raggiunsi la porta della mia camera, ignorai con tutta la mia volontà di rientrare nella stanza degli ospiti e vedere se Emily stesse riposando con il lenzuolo addosso come l'avevo lasciata poco prima. Dovevo andare a lavoro per informarmi di alcune cose che riguardavano quella ragazza ed il suo lavoro.

Quando raggiunsi il mio ufficio, ordinai che Sophie mi facesse avere la trilogia della donna che ospitavo in casa mia. Erano tutti e tre adagiati sulla mia scrivania, non mi restava che visionarli e leggerli.

Stampati in copertina rigida, non vi era nessuna immagine in particolare se non questo titolo in fucsia con un font abbastanza giovanile e tanti cuori colorati sul fondo e sul retro. A primo impatto, non mi veniva da dire fosse un libro da cui rimanere attirato, ma a giudicare dalle copie vendute si direbbe che le giovani lettrici amano questa tipologia di romanzi dalla copertina quasi vuota.

La prima cosa che mi venne in mente, fu sfogliare sulla prima pagina.

In esso vi era una dedica che recitava: "A mio padre e mia madre che, seppur lontani dalla terra, mi siete vicini con il cuore e con l'anima".

Rimasi a fissare quella dedica in silenzio, dentro una scossa provocò in me un brivido indescrivibile che mi spinse a deglutire faticosamente quel nodo che avevo in gola.

Anche lei, come me, non aveva più i suoi genitori.
E fu improvvisa la voglia di saperne di più ma il blocco dal chiedere.

"Basta, devo smetterla", ringhiai a me stesso.

Chiusi il libro e disposi gli altri due uno di fianco all'altro, feci una foto e lo allegai alla mia mail; erano le dieci passate ormai ed Emily sicuramente era sveglia. Le scrissi una mail mostrandole i suoi romanzi, poi le dissi che -come da me promesso- li avrei letti tutti e tre.

Quaranta minuti più tardi arrivò la sua risposta ricca di entusiasmo ove riferiva la sua contentezza nella mia promessa mantenuta, non risposi ed iniziai a leggere i primi cinque capitoli della sua trilogia.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora