Capitolo 48

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Se dovessi spiegare a qualcuno che non sia me stesso ciò che ho provato questa sera alla cascata, riuscirei semplicemente a non dire nulla senza scomporre frasi e parole seguiti da balbuzia ripetuta ed imbarazzante. Lo sentivo o forse era una mia impressione, il mio cuore era in un forte stato emozionale che quasi credevo di averlo potuto perdere.

Mi ero sentito così molti anni prima e non per Tracy, probabilmente era questo che mi confondeva, ricordo che ero da poco diventato maggiorenne e mio padre mi comprò lo scooter che ruppi negli anni successivi. Non ho mai negato quanto da loro fossi stato viziato: ad ogni compleanno un regalo, così come ad ogni festa o promozione però il dopo diploma fu inaspettato.

Desideravo quel due ruote come si desiderava vivere e tra tutti i regali ricevuti, era quello che più mi aveva emozionato. Emozioni che oggi non trovavano spazio nella mia vita ma che forse ero io a non dargliene.

Rigido sul letto privo di sonno, il soffitto era la perfetta riproduzione di una scena vissuta che non mi dava pace. Le labbra di Emily non mi dispiacevano, piccole ma appena carnose, erano morbide e il suo alito sapeva di fresco. Scattai all'improvviso e mi misi a sedere toccandomi la guancia, per un breve istante ho come avuto la sensazione che qualcuno mi avesse accarezzato.

Mi guardai attorno, sospirai quando vidi la mia stanza vuota: devo essere impazzito sul serio.
L'orologio sul mio comodino annunciava già le ore trascorse a non dormire, non mi pesava la mancanza di sonno poiché era raro dormissi una notte intera e certamente due ore non mi sarebbero servite a molto. Lasciai il letto calpestando il pavimento gelido a piedi scalzi e quando fui in corridoio il mio viso si voltò verso quella porta che per tanti anni conteneva una stanza vuota ma che adesso era occupata da una persona che stava crepando la mia maschera, scendendo giù per le scale mi accorsi che la mia mente desiderava vederla ancora ma che ero inconsciamente riuscito a non cedere.

Mi fermai sull'ultimo gradino indeciso su cosa fare: in questi casi predilirei suonare per far tacere i pensieri, ma avrei svegliato Emily e non volevo che ciò accadesse per ciò mi accomodai sul divano in salotto e mi versai da bere.

Un bicchiere lo mandai giù ma il secondo mi venne interrotto da un rumore di passi, l'ansia che non avevo mai provato fino ad ora iniziò a pungermi sul braccio: ti prego non lei, non ora, non in questo stato.

Ringhiai verso me stesso perché avevo appena pregato per qualcosa di stupido, per qualcuno che neppure mi piaceva.

Poi quella voce mi rilassò:"Signor Russel, sono le 5:00 del mattino e lei già beve?" Era Patrick, non smetteva mai di preoccuparsi per me:"A quest'ora dovrebbe dormire".

"Esattamente come dovresti fare tu", gli feci notare ma con gentilezza.

"Era quel che stavo facendo fino a qualche secondo fa", rispose.

"E poi, cosa è successo?"

"L'essere umano ha le sue esigenze, sa?"

Che sciocco, a volte faccio domande non propriamente da me:"Non stare lì in piedi, siediti accanto a me", lo invitai a sedersi. Era ovvio che si prendesse del tempo, nonostante fosse come un secondo padre e parte di quella famiglia che mi era stata portata via, Patrick lavorava per me e si comportava da perfetto maggiordomo. Ma quando di poco volsi il capo per poterlo guardare con la coda dell'occhio, si convinse ad accettare il mio invito e ad accomodarsi al mio fianco:"Bevi con me?"

Indossava un pigiama sobrio di colore bianco sul sopra e bordeaux sul sotto, le pantofole chiuse davano un senso di morbido e comodo, aveva il volto rilassato e i pochi capelli un po' spettinati sul lato in cui probabilmente aveva dormito senza cambiare mai posizione.

"Per oggi no", rifiutò ma sapevo bene perché lo aveva fatto.

Ignorai la sua risposta e versai dell'amaro in un altro bicchiere, quando fu pieno lo poggiai davanti a lui:"Facciamo che per qualche minuto non vesti i panni del mio maggiordomo ma quelli di Patrick... semplicemente Patrick", gli accennai un sorriso senza accentuarlo troppo.

Patrick bevve un sorso:"Ottimo, di che amaro si tratta?" Domandò.

Guardai il bicchiere facendo danzare il contenuto:"Oramai non lo ricordo nemmeno più", ammisi.

Mandammo giù un altro bicchiere quando Patrick decise di posare il suo:"So che non dovrei chiedere, la sua vita privata non deve essere affar mio", iniziò e forse già immaginavo queste sue parole a che scopo le stava dicendo ma lo lasciai finire:"Ma lei ultimamente non è più lo stesso".

Sospirai:"Ah no? E come sono ora che prima non ero?" Gli domandai, avevo davvero necessità di sapere quanto cambiato fossi agli occhi di un uomo che mi conosceva da anni e che viveva sotto il mio tetto.

"Adesso mi sembra spesso sovrapensiero", confessò:"Potevo capire le corse ma il suo bere così frequente, non è da lei".

Feci un ghigno:"Questo lo chiami bere?"

"Lo chiami come vuole, riconosco quell'espressione", lo guardai:"Ha gli occhi di chi vorrebbe lasciarsi completamente andare ma che non lo fa".

Mandai giù il nodo in gola, non potevo nascondermi con lui:"Probabilmente hai ragione".

"Cosa la blocca?"

Lo guardai per poi distogliere lo sguardo rapidamente:"Il fatto che forse potrei fare l'ennesima cazzata".

Patrick poggiò una mano sulla mia spalla, quel gesto mi fece tornare alla mente quando lo faceva mio padre:"Ed è l'ennesima sera che le consiglio di provarci, fin quando rimane seduto su questa poltrona ad annegare i suoi dubbi non saprà mai che piega potrà prendere la sua vita".

"Ho come la sensazione di esserci già passato", confidai senza timore.

Patrick addolcì le labbra in un sorriso:"Mi dica la verità, parla della signorina vero?"

Lo guardai:"Proprio lei", ammisi:"Io non so cosa mi sta succedendo, eppure tu mi conosci vero? Lei non è nemmeno il mio tipo".

"Signor Russel, la vita a volte può sorprenderla", Patrick allargò il suo sorriso:"Ciò che non le piace oggi, lo farà in qualsiasi altro momento. E poi torno a ripeterle: la signorina Emily è molto graziosa, cerchi di vederla con gli occhi del suo cuore".

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora